Emergenza COVID-19: dallo smart working al coworking e ai nuovi spazi del “fare”

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INAIL dedica al tema del lavoro agile e alle analogie e differenze con il telelavoro un interessante factsheet disponibile gratuitamente, che riporta anche alcune considerazioni sul modello “ibrido” di prestazione lavorativa sviluppato durante la pandemia da COVID-19.
Infatti, scrive l’Istituto, l’attuale scenario pandemico e le disposizioni legislative emanate per contrastarlo, hanno permesso a molte aziende pubbliche e private di utilizzare il lavoro agile come modalità ordinaria della prestazione lavorativa, permettendo ai dipendenti di svolgere l’attività dalla propria abitazione, ma si è determinata al contempo una modalità di lavoro a distanza che è una via di mezzo tra il telelavoro e il lavoro agile, integrando i requisiti essenziali e tipici dei due modelli: un modello “ibrido” di prestazione lavorativa non esente da criticità con inevitabili impatti sulla salute e sicurezza.

La gestione degli spazi di lavoro
È emersa, in molti casi, la difficoltà, se non l’impossibilità, di garantire un’adeguata separazione degli spazi di attività di ogni membro della famiglia e una coerenza dei ritmi lavorativi, nonché la gestione degli strumenti lavorativi in modo consapevole, adattandoli a contesti non sempre predisposti per un corretto uso, posizionamento e interazioni con le fonti di pericolo connaturate nell’ambiente domestico. L’obbligatorietà del contesto abitativo come unico luogo occupazionale, l’interazione con le attività domestiche, la necessità di organizzare lo spazio casalingo, la compresenza degli altri membri della famiglia, con una pluralità anch’essi di proprie esigenze, spinge il lavoratore ad “una pericolosa promiscuità” tra vita lavorativa e quella personale, determinata e viziata dalle abitudini consolidate nella vita quotidiana, che inducono a “un’eccessiva con?denzialità” con l’ambiente circostante, con?denzialità che spesso si traduce, come attestano le statistiche, in un elevato numero di infortuni domestici.

L’ambiente domestico-lavorativo diventa un maker space
Spiega INAIL che l’emergenza ha rappresentato, per molti lavoratori, l’esperienza di una terza modalità lavorativa: un “coworking” tra individui responsabili della propria attività, autonomi, di diversa età, trasformando l’ambiente domestico-lavorativo in un maker space. E, anche la scuola ha operato in modalità a distanza e questa è stata una delle novità straordinarie del contesto in cui si è trovata la popolazione. Anche i minori di ogni ciclo di studio, quindi, sono stati coinvolti in un’organizzazione delle proprie attività di studio, correlandosi con quelle lavorative dei genitori, dei fratelli e di ogni persona convivente.
L’organizzazione e la piani?cazione del lavoro e degli ambienti, la gestione degli strumenti, nel contesto emergenziale dettato dal COVID-19, è stato pertanto assimilabile alla logica propria del coworking e dei nuovi spazi del “fare”, sottolinea l’istituto in un passaggio. Oltre alla già citata condivisione di spazi e dispositivi si è veri?cata anche quella delle competenze e conoscenze, resa possibile nella costante relazione tra individui che operano nello stesso contesto ma con diverse attività. In questo tipo di concezione dell’ambiente di lavoro, in questa sovrapposizione di ambienti generata dalla costante integrazione tra contesto domestico, contesto di rete e contesto di condivisione non è lo spazio a quali?care la sicurezza ma diventano ancora più centrali le persone, che fanno la di?erenza.

Redazione InSic

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