Esposizione al Rumore negli ambienti di lavoro: metodologie e problematiche ricorrenti

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Nell’articolo in allegato, tratto dalla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro, si analizzano gli adempimenti richiesti in tema di rumore dal Capo II del Titolo VIII del TU, che – sulla base dei riscontri e dell’esperienza maturata sul campo – sono più frequentemente oggetto di dibattito tra gli addetti ai lavori e la cui applicazione è ritenuta problematica, in alcuni casi fondatamente, in altri, in modo pretestuoso…

La normativa dedicata alla protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione al rumore, che ormai conta 25 anni di storia, è stata oggetto di due cambiamenti importanti negli ultimi 10 anni. Dall’emanazione del primo Decreto Legislativo specifico su questo agente di rischio nel 1991, passando nel 2006 per il D.Lgs. 195, si è giunti all’attuale D.Lgs.81/08 già in vigore ormai da 8 anni. Pur in un contesto di sostanziale continuità nei principi generali di prevenzione e tutela a cui la normativa si ispira, le modifiche hanno toccato diversi aspetti che riguardano il processo di valutazione del rischio. Un’intensa e continua produzione normativa e bibliografica, di cui segnaliamo anche esempi recenti, rivolta ad aspetti tecnici, metodologici, valutativi e progettuali ha costantemente supportato nell’espletamento degli adempimenti legislativi i tecnici qualificati e tutti gli attori che a vario titolo si occupano di prevenzione del rischio rumore.

Anche dati recenti sul numero delle ipoacusie sembrano certificare la tendenza, che si osserva ormai da diversi anni, di contrazione del numero di malattie denunciate; ad esempio si è passati da circa 6000 casi nel 2010 a circa 5000 nel 2014.
Nonostante un impianto normativo consolidato negli anni con metodi e procedure dibattute e collaudate da tempo e con i risultati relativamente positivi che ne sembrano derivare, la stima e valutazione di questo fattore di rischio, il rispetto degli adempimenti legislativi e delle misure di tutela sono ancora soggetti a diverse criticità interpretative ed applicative.
Spesso la valutazione del rischio viene effettuata con il solo scopo di redigere un documento cartaceo da presentare ad una eventuale ispezione dell’organo di vigilanza, ma senza determinare una reale ricaduta nell’ambiente di lavoro in termini prevenzionistici, tale da apportare un concreto miglioramento della condizione espositiva.

Nell’articolo in allegato, tratto dalla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro n.9/2016, si cercherà di analizzare quegli adempimenti richiesti in tema rumore dal Capo II del Titolo VIII che, anche sulla base dei riscontri e dell’esperienza maturata in campo, sono più frequentemente oggetto di dibattito tra gli addetti ai lavori e la cui applicazione è ritenuta problematica, in alcuni casi fondatamente in altri in modo pretestuoso.
Occorre infine osservare che nel redigere una valutazione del rischio rumore si deve caratterizzare una realtà complessa e spesso non agevolmente prevedibile come quella lavorativa. Nel conseguimento di tale obiettivo è senz’altro fondamentale fare riferimento a documenti di indirizzo, norme di buona tecnica e linee guida i cui contenuti, di carattere generale, dovranno evidentemente essere contestualizzati allo specifico ambiente in esame.

Redazione InSic

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