Il legislatore attraverso il D.Lgs. 374/1993 ha definito i lavori usuranti come quelli per i quali “è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee” .
Nell'articolo
Cosa si intende per lavoro usurante
La Corte di Cassazione ha definito il lavoro usurante come quello che induce uno sfruttamento anormale, eccessivo, sproporzionato, doloroso delle energie residue; provoca l’instaurarsi di uno stato patologico o l’aggravarsi di uno stato patologico preesistente; determina un grave pregiudizio della residua efficienza fisica; logora l’organismo. Vediamo come ottenere l’accesso anticipato al pensionamento, ma soprattutto come prevenire il lavoro usurante.
Come ottenere il riconoscimento delle lavorazioni usuranti
La Corte di cassazione ha definito il lavoro usurante come quello che:
1) induce uno sfruttamento anormale, eccessivo, sproporzionato, doloroso delle energie residue;
2) provoca l’instaurarsi di uno stato patologico o l’aggravarsi di uno stato patologico preesistente;
3) determina un grave pregiudizio della residua efficienza fisica;
4) logora l’organismo.
Quali lavorazioni sono usuranti?
A titolo di esempio, pensiamo alle lavorazioni che comportano l’esposizione ad agenti pericolosi biologici, fisici, chimici-cancerogeni o a variazioni climatiche-ambientali (alte o basse temperature, valori elevati di pressione atmosferica), oppure che costringono a lavorare in spazi ristretti e confinati, oppure quelle che si svolgono durante la notte, alterando il bioritmo fisiologico o con ritmi e tempi predefiniti e non controllabili né modificabili dal lavoratore.
Quali sono gli effetti di un lavoro “usurante?”
La faticosità del lavoro produce nel tempo un’usura anticipata o più severa, rispetto a quella fisiologicamente legata al normale processo di invecchiamento dell’individuo, causando negli anni un peggioramento della qualità di vita e talvolta anche una riduzione degli anni di vita vissuti. A tal proposito gli studi che hanno indagato la problematica della mortalità tra le professioni a livello Nazionale hanno osservato un netto divario tra i lavori “più umili, sporchi e pesanti” caratterizzati da una più alta mortalità, e le occupazioni intellettuali, tutte segnate da una forte protezione del rischio morte.
Lavori usuranti: normativa di riferimento e definizione
L’evidenza che alcune lavorazioni creano nel tempo differenziali di aspettative di vita e capacità di lavoro, ha spinto il Legislatore a riconoscere la gravità dell’usura prodotta dal lavoro e pertanto a prevedere l’accesso anticipato al pensionamento per i lavoratori addetti ad alcune categorie di lavorazioni considerate “usuranti”.
Il lavoro usurante è stato normato per la prima volta attraverso il D.Lgs. 374/1993 che all’art. 1 lo ha definito come quello per il quale “…. è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee…”.
Con tale definizione il legislatore ha voluto sottolineare che la maggior usura prodotta dal lavoro è causata in maniera specifica dall’impossibilità di prevenire le condizioni di rischio e/o di modificare il contesto di lavoro che obbliga gli individui ad operare in modalità sfavorevole e anti-fisiologica e li espone ad aumentato rischio di infortuni per frequenza e gravità, anche in relazione al progredire dell’età.
Lavorazioni usuranti: elenco e benefici previdenziali
A livello previdenziale si è posto il problema di identificare quali lavoratori meritassero l’accesso ai benefici previdenziali secondo i requisiti previsti dalla definizione normativa.
Il citato decreto legislativo, nell’allegato A, forniva il primo elenco di lavorazioni usuranti che comprendeva le lavorazioni che prevedevano “lavoro notturno continuativo, i lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolanti, i lavori in galleria, cava o miniera, quelli espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti (condotti, cunicoli, pozzi, fognature, serbatori, caldaie…) i lavori in altezza, i lavori in cassoni ad aria compressa e quelli svolti dai palombari, i lavori in celle frigorifere o all’interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi, i lavori ad alte temperature, gli autisti di mezzi rotabili di superficie, i marittimi imbarcati a bordo, il personale dei reparti di pronto soccorso, rianimazione o chirurgia d’urgenza, i trattoristi, gli addetti alle serre e fungaie e i lavoratori dediti all’asportazione dell’amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili“. Per tali categorie lavorative, all’art. 2 il decreto prevedeva la riduzione dell’età anagrafica e contributiva, per il pensionamento di anzianità e di vecchiaia, in maniera proporzionale agli anni di lavoro usurante “di due mesi per ogni anno di occupazione nelle predette attività, fino ad un massimo di sessanta mesi complessivamente considerati“. Tale previsione è stata poi integrata attraverso il successivo decreto legislativo 335/1995, che all’art. 1 comma 35 aggiungeva: “viene, inoltre ridotto il limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione nelle attività di cui sopra, fino ad un massimo di ventiquattro mesi complessivamente considerati“.
La revisione delle “lavorazioni tabellate”
A questo primo tentativo di regolamentazione del lavoro usurante, sono seguiti nel corso del tempo numerosi altri provvedimenti normativi, che hanno modificato più volte i requisiti di accesso e i contenuti del beneficio previdenziale nonché le categorie lavorative destinatarie del beneficio (“odissea del lavoro usurante”), alla luce dell’evoluzione delle condizioni di lavoro, dei nuovi rischi emergenti e dell’esigenza di contenere i costi per la finanza pubblica.
Una nuova revisione delle “lavorazioni tabellate” è stata auspicata anche dal Presidente Conte, intervenuto nel 2019 al Festival dell’Economia di Trento “Un professore universitario vorrebbe lavorare fino a settant’anni mentre ai tanti che fanno lavori usuranti non possiamo prospettare una vita lavorativa così lunga. Dobbiamo avere il coraggio di differenziare.”
L’individuazione delle lavorazioni usuranti, in continua evoluzione, è affidata al lavoro di una Commissione tecnico- scientifica, delegata a promuovere l’accordo fra il Governo e le parti sociali, e si basa sui criteri indicati dalla medesima commissione, che sono stati comunicati attraverso l’art. 1 del decreto ministeriale n° 208 del 1999. La lista dei criteri, riportata nella Tabella 1, ha compreso parametri prettamente inerenti le condizioni lavorative, ma anche indicatori demografici ed epidemiologici.
Tabella 1. Criteri per l’identificazione dei lavori usuranti
- l’attesa di vita al compimento dell’età pensionabile (fisiologica o estremamente ridotta);
- la prevalenza della mansione usurante (non prevalente o esclusiva);
- la mancanza di possibilità di prevenzione;
- la compatibilità fisico-psichica in funzione dell’età;
- l’elevata frequenza degli infortuni, con particolare riferimento alle fasce di età superiori ai cinquanta anni (frequenza media o frequenza aumentata del 50%);
- l’età media della pensione di invalidità (età media degli invalidi o età minima lavorativa);
- il profilo ergonomico;
- l’esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici, individuati secondo la normativa di prevenzione vigente (assente o superiore al valore limite).
L’ultima revisione della normativa sul lavoro usurante è stata effettuata con il D.Lgs. 67/2011, modificato successivamente dalla legge 214 del 2011 e il D.Lgs. 232/2016; tale decreto costituisce ad oggi il riferimento per la valutazione dei requisiti per l’accesso agevolato ai benefici previdenziali per i lavoratori addetti alle lavorazioni usuranti (Tabella 2).
Tabella 2. Lavorazioni usuranti indicate dal D.Lgs. 67/2011
- “Lavori in galleria, cava o miniera”: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità;
- “lavori nelle cave”, mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale;
- “lavori nelle gallerie”, mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità;
- “lavori in cassoni ad aria compressa”;
- “lavori svolti dai palombari”;
- “lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale;
- “lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell’industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio;
- “lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuamente all’interno di spazi ristetti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture;
- “lavori di asportazione dell’amianto”: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità.
- lavoratori notturni che possano far valere una determinata permanenza nel lavoro notturno, con le seguenti modalità:
- lavoratori a turni, di cui all’articolo 1, comma 2, del D. Lgs. 66/2003, che prestano la loro attivita’ nel periodo notturno, per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all’anno non inferiore a 78 per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009 e non inferiore a 64 per coloro che maturano i requisiti per l’accesso anticipato dal 1° luglio 2009;
- lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo.
- lavoratori addetti alla c.d. “linea catena”, ovvero i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro gestita dall’Inail, impegnati all’interno di un processo produttivo in serie, con ritmo determinato da misurazione di tempi, sequenze di postazioni, ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si spostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall’organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo di qualità; Fanno parte delle lavorazioni alla c.d. “linea catena:
-i prodotti dolciari, additivi per bevande e altri alimenti;
-la lavorazione e trasformazione delle resine sintetiche e dei materiali polimerici termoplastici e termoindurenti;
-le macchine per cucire e macchine rimagliatrici per uso industriale e domestico;
-la costruzione di autoveicoli e di rimorchi;
-gli apparecchi termici: di produzione di vapore, di riscaldamento, di refrigerazione, di condizionamento;
-gli elettrodomestici;
-altri strumenti e apparecchi;
-la confezione con tessuti di articoli per abbigliamento ed accessori;
-la confezione di calzature in qualsiasi materiale, anche limitatamente a singole fasi del ciclo produttivo; - conducenti di veicoli pesanti, di capienza complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente, adibiti a servizi pubblici di trasporto “collettivo”.
Quali sono le lavorazioni “gravose e usuranti”?
Parallelamente alla definizione normativa delle lavorazioni usuranti, nel 2016, il confronto tra il governo e le parti sociali ha portato all’individuazione di altre categorie di lavorazioni “gravose e usuranti” perché “richiedono al lavoratore un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo“. Tali lavorazioni, per cui sono stati previsti alcuni benefici previdenziali (meno consistenti di quelli destinati agli addetti alle lavorazioni usuranti) sono state elencate negli allegati C ed E del D.Lgs. 232/2016 e successivamente ampliate con l’inserimento di ulteriori 4 tipologie di lavoro dalla legge 205/2017 e dal DM 5 febbraio 2018 (riportato in Tabella 3). All’interno dell’elenco, l’inserimento delle professioni di assistenza sociale e di insegnamento trova il suo razionale nel riconoscimento che questi lavoratori sono sottoposti ad elevati livelli di stress lavoro correlato (come definito dall’Accordo Quadro Europeo del 2004 recepito in Italia nel 2008) che è responsabile di un’elevata prevalenza di disturbi psico-fisici tra cui il “burn-out”, la sindrome ansioso-depressiva o il disturbo dell’adattamento (il “burn-out” in particolare è stato recentemente inserito dall’OMS nella nuova versione dell’International Classification of Diseases-11e si configura come uno stato “di logorio ed esaurimento fisico e mentale” che si genera a seguito di sollecitazioni stressanti provenienti dall’contesto lavoro).
Tabella 3. Lavorazioni “gravose e usuranti” indicate dal DM 5 febbraio 2018
- Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici
- Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni
- Conciatori di pelli e di pellicce
- Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante
- Conduttori di mezzi pesanti e camion
- Personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni
- Addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza
- Insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido
- Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati
- Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia
- Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti
- Operai dell’agricoltura zootecnia e pesca
- Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative
- Siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi tra i lavori usuranti di cui al D Lgs n. 67/2011
- Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini ed acque interne
Come ottenere il riconoscimento delle lavorazioni usuranti?
I criteri per l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni usuranti sono stati comunicati attraverso le Circolari INPS del 2015, 2017 e seguenti.
Secondo tali disposizioni possono esercitare, a domanda, il diritto di accesso al trattamento pensionistico anticipato, fermi restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a 35 anni e di un ‘età anagrafica di 61 anni e 7 mesi ed il regime di decorrenza del pensionamento vigente al momento della maturazione dei requisiti agevolati, i lavoratori dipendenti impegnati nelle mansioni particolarmente usuranti indicate dall’art 1 del D.Lgs. 67/2011 (cosiddetto “requisito soggettivo“).
Ai lavoratori autonomi è richiesto di maturare un ‘anzianità contributiva maggiore, equivalente a 36 anni; mentre i lavoratori a turni che svolgono la loro attività nel periodo notturno per un numero di giorni lavorativi all’anno inferiore a 78, potranno andare in pensione al raggiungimento dei 35 anni di anzianità contributiva e di un’età anagrafica di 62 anni e 7 mesi (se il computo annuale va dai 72 ai 77 turni notturni) e di 63 anni e 7 mesi (se va dai 64 a 71 turni notturni per anno).
Il diritto al trattamento pensionistico anticipato è esercitabile qualora i lavoratori, in possesso dei requisiti soggettivi richiesti, abbiano svolto una o più delle predette lavorazioni per un periodo di tempo pari:
a) ad almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa;
b) ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva.
Computo dei periodi di svolgimento dell’attività usurante
La circolare stabilisce che ai fini del computo di tali periodi si tiene conto dello svolgimento effettivo di attività lavorativa da parte dell’interessato (ossia dei periodi effettivi di permanenza nelle predette attività, desumibile dall’accredito di contribuzione obbligatoria) con inclusione dei periodi in cui l’accredito di contribuzione obbligatoria è integrato dall’accredito di contribuzione figurativa ed esclusione dei periodi di mancato svolgimento di attività lavorativa e di quelli totalmente coperti da contribuzione figurativa (es. mobilità).
Ai fini del riconoscimento del beneficio in parola non occorre che i periodi di svolgimento di attività lavorativa particolarmente faticosa e pesante siano continuativi, né che nell’anno di perfezionamento dei requisiti pensionistici, ovvero, nell’ultimo anno di lavoro, l’interessato abbia svolto tale attività.
Computo dei periodi di svolgimento dell’attività gravosa e usurante
Per l’accertamento dello svolgimento di attività lavorativa particolarmente faticosa e pesante per almeno metà della vita lavorativa complessiva deve essere computata l’anzianità contributiva maturata dall’interessato presso la gestione previdenziale a carico della quale deve essere liquidata la pensione, in base alle disposizioni in essa vigenti. Ad esempio, a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2018, i lavoratori addetti a svolgere le attività usuranti, esclusi i lavoratori “notturni”, conseguono il trattamento pensionistico se in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, fermo restando il raggiungimento di specifici parametri di età e anzianità che variano in funzione delle categorie di impiego; tali requisiti sono riparametrati in funzione del numero di giorni annui di esposizione al rischio.
Secondo le disposizioni normative, possono esercitare a domanda il diritto a godere dei benefici previdenziali, le tipologie di lavoratori impegnati nelle mansioni gravose indicate dall’allegato B alla legge 205 del 2017 e dal DM del 5 febbraio 2018, riportate nella Tabella 3. È necessario che l’interessato abbia svolto le predette attività per un periodo di tempo pari almeno a sei anni negli ultimi sette oppure per almeno sette anni negli ultimi dieci prima del pensionamento.
Con riferimento agli operai agricoli l’anno di lavoro intero si considera raggiunto con 156 giornate di lavoro. I lavoratori hanno facoltà di chiedere il prepensionamento (APE sociale) se in possesso di almeno 63 anni e almeno 36 anni di contributi, oppure la facoltà di ritirarsi con la pensione anticipata al raggiungimento dei 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica a condizione, però, di vantare almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.
Dal 1° gennaio 2018 il requisito contributivo per l’APE sociale (36 anni) può, inoltre, essere ridotto per le donne di un anno per ogni figlio entro un massimo di due anni.
Come Prevenire il lavoro usurante
In una società moderna con alto livello di protezione sociale, come quella italiana, la disciplina per i lavoratori usuranti è considerata un equo e doveroso riconoscimento per coloro che hanno lavorato a lungo, faticosamente e in condizioni non ergonomiche, che diventano insostenibili oltre un certo limite di età anagrafica.
Come prevenire i fattori usuranti?
Oltre al profilo previdenziale, resta però il problema della prevenzione dei fattori usuranti nei luoghi di lavoro. Il miglioramento delle condizioni di lavoro è un obiettivo primario della medicina del lavoro, fortemente sostenuto dalla società e da raggiungere con il concorso delle parti sociali. Come è stato osservato, “l’evoluzione tecnologica e le radicali innovazioni in tema di salute e sicurezza sul lavoro portano intuitivamente ad escludere la possibilità che l’occupazione sia irrimediabilmente morbigena, ossia che possieda fattori di rischio non eliminabili con misure preventive e una corretta organizzazione del lavoro” (Paone 1998).
L’abbattimento dei rischi, insieme agli interventi di promozione di un corretto stile di vita (Poscia et al. 2016, Magnavita et al. 2017), è alla base del mantenimento della capacità lavorativa di una forza-lavoro che, in Italia come in tutti gli altri paesi, è fortemente invecchiata, come risultato delle riforme pensionistiche che hanno spostato in avanti l’età di uscita dal mondo del lavoro adeguandola all’aumento della speranza di vita. Secondo le stime, i lavoratori tra i 55 e i 64 anni rappresenteranno nel 2030 quasi un terzo della popolazione lavorativa (Magnavita, 2018).
Invecchiamento della forza lavoro e modelli di valutazione del rischio
L’invecchiamento influisce negativamente sulle capacità funzionali fisiche (forza muscolare, elasticità dei tessuti) e cognitive (attenzione, memoria, velocità di risposta agli stimoli) degli individui “anziani” peggiorando la loro performance e riducendo la resistenza allo sforzo psico-fisico rispetto ai giovani. Con l’avanzare dell’età, aumenta anche il rischio di patologie croniche, che possono causare una maggiore suscettibilità del lavoratore anziano all’esposizione a fattori di rischio occupazionali. Tale esaurimento psico-fisico è più marcato e accelerato nei lavoratori che svolgono lavorazioni gravose ed usuranti, proprio perché l’individuo è sottoposto ad un sovraccarico fisico e psichico che spesso non viene adeguatamente compensato con la previsione di congrui periodi di recupero.
Tuttavia, alla riduzione delle capacità funzionali del lavoratore “anziano” spesso non corrisponde una riduzione delle richieste lavorative, come è emerso dall’indagine Eurofound (2012) che ha rilevato come l’esposizione ai principali fattori di rischio sul lavoro si modifica poco tra i lavoratori di entrambi i generi oltre i 50 anni, e persino tra quelli di età superiore a 60 anni.
In sostanza i lavoratori continuano a svolgere lo stesso lavoro con le stesse modalità di quando erano giovani ma non hanno più le stesse risorse e capacità funzionali di allora.
Invecchiamento e mancate politiche di adattamento al lavoro: quali effetti?
Il risultato, purtroppo, è l’aumento degli infortuni e delle patologie professionali tra i lavoratori nella fascia di età 55-64 anni segnalato dall’INAIL anche nel recente rapporto di luglio 2020, soprattutto tra quelli impiegati nelle mansioni gravose e usuranti. Si osservi ad esempio l’andamento degli infortuni denunciati e delle patologie professionali riconosciute nel 2019 nel settore della navigazione e della pesca (che il DM del 5 febbraio 2018 ha riconosciuto come lavorazione gravosa): il maggior numero di denunce per questo settore è stato effettuato dai soggetti con età compresa tra i 50 ed i 59 anni (28,2% dei casi nel 2019), mentre l’età media degli infortunati del 2019 è stata di 43,4 anni.
Lo stesso andamento è stato osservato per le malattie professionali denunciate nel 2019 e accertate positivamente: circa il 72% è stato presentato ad un’età del lavoratore compresa tra 50 e 69 anni, mentre nel caso specifico delle malattie del sistema respiratorio e dei tumori le denunce sono concentrate oltre i 69 anni di età, quindi successivamente al ritiro dall’attività lavorativa.
Invecchiamento del lavoratore e risvolti economici per le imprese
Questa situazione ha ripercussioni enormi sulle aziende in termini di produttività.
Le aziende si trovano a fare i conti con un aumento dell’assenteismo per malattia e infortunio, con la sostituzione forzata di lavoratori in età avanzata per sopravvenuta inidoneità alla mansione, con la necessità di ricollocazione lavorativa o di adattamento delle condizioni di lavoro ai lavoratori con limitazioni funzionali o gravi malattie croniche (ricordiamo a questo proposito l’onere in capo al datore di lavoro “dell’accomodamento ragionevole” introdotto dalla legge 68/99, poi modificata dal D.Lgs. 151/2015). La prevenzione dei fattori usuranti e il miglioramento delle condizioni di lavoro rappresentano pertanto un investimento anche per il datore di lavoro in linea anche con i nuovi modelli di produzione. È dimostrato che le aziende più competitive sono quelle in cui gli individui lavorano in condizioni ergonomiche, di salute e partecipative ottimali (Magnavita, 2017).
Come mitigare i rischi da lavoro usurante nel tempo?
La normativa prevenzionistica riconosce la centralità della valutazione del rischio ai fini di “individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza” per evitare che il danno da lavoro usurante/gravoso che all’inizio della carriera lavorativa è “prevedibile” ma “potenziale” possa assumere nel tempo i caratteri dell’usura concreta e attuale. Nel valutare il rischio e nel predisporre le misure di prevenzione, l’attenzione dovrà focalizzarsi sui quei fattori usuranti che contribuiscono al processo di invecchiamento, siano essi di tipo fisico (ad es. carichi di lavoro eccessivi), chimico (ad es. sostanze tossiche che causano lesioni di organi e apparati), ergonomico (ad es., movimenti ripetitivi, posture incongrue), organizzativo (ad es. stress, turni di lavoro, lavoro notturno).
Invecchiamento della forza lavoro e modelli di valutazione del rischio
Considerando che l’invecchiamento aumenta la vulnerabilità ai rischi lavorativi, la valutazione dei rischi per essere efficace dovrà tener conto dell’età dei lavoratori come fattore che può modificare o aggravare i rischi professionali, come richiamato dall’art. 28 del D.Lgs. 81/08.
Il Metodo ARAI (Age risk assessment index)
Un algoritmo di valutazione del rischio che tiene in conto l’evoluzione della capacità lavorativa degli individui in relazione alle condizioni di lavoro, alle condizioni di salute e all’età è stato proposto dalla Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (CIIP) con l’acronimo ARAI (Age risk assessment index). Partendo dall’analisi preliminare di alcuni fattori occupazionali in relazione all’età quali ad esempio la tipologia di mansione, inquadramento contrattuale, presenza di limitazioni e prescrizioni questo modello conduce all’individuale di postazioni di lavoro cosiddette “Age critical” per le quali sono necessarie misure di prevenzione e tutela “aggiuntive e specifiche”. Il metodo prevede tra l’altro l’autovalutazione della capacità lavorativa da parte del lavoratore attraverso la somministrazione del questionario “WAI” (work ability index) che indaga la percezione della capacità lavorativa attuale in rapporto a quella passata. Alla valutazione del rischio seguirà l’adozione di misure “tecniche, organizzative e procedurali”, secondo un ordine di priorità che privilegerà quelle che consentono di eliminare o contenere i fattori usuranti, seguite in caso di rischio residuo dall’attivazione della sorveglianza sanitaria e associate a iniziative di promozione della salute che incoraggino i lavoratori ad adottare un corretto stile di vita.
Il metodo A.S.I.A.
Altri modelli per il corretto inserimento lavorativo del lavoratore anziano sono stati sperimentati in diverse realtà italiane. Ad esempio, l’Azienda Sanitaria Locale Roma4 di Civitavecchia è stata premiata nel corso della Campagna Europea 2016/2017 “Ambienti di lavoro sani e sicuri ad ogni età”, per l’applicazione del metodo A.S.I.A., una sequenza integrata di valutazione, sorveglianza, informazione e verifica, con la realizzazione di interventi di ergonomia partecipativa per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori anziani addetti a lavori potenzialmente usuranti come quelli sanitari (Magnavita 2016). La stessa Azienda sta partecipando al Concorso Premi per le buone pratiche nell’ambito della campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri» 2020-2022 “Lighten the load”.
Automazione e sostituzione del lavoratore nelle lavorazioni pesanti
Tra le misure più impattanti per il miglioramento delle condizioni di lavoro, è fondamentale menzionare la rivoluzione tecnologica che ha consentito di l’introduzione negli ambienti di lavoro delle innovazioni tecnologiche e dei processi di automazione che si sostituiscano all’uomo nelle mansioni più pericolose e faticose. L’impiego della tecnologia a supporto del lavoro dell’uomo, ove possibile, ha consentito al lavoratore l’esonero dagli aspetti del lavoro maggiormente usuranti e nel contempo l’impiego in mansioni di controllo e coordinamento, che sono più a lungo sostenibili anche con l’avanzare dell’età.
Modificazione dell’organizzazione del lavoro
Degna di nota è anche la modifica dell’organizzazione del lavoro, fondamentale soprattutto nelle lavorazioni in linea catena, in cui la ripetitività, la monotonia e lo scarso periodo di recupero rappresentano le principali criticità, che può ridurre il ritmo e il carico di lavoro attraverso la riduzione dell’orario di lavoro, la maggior rotazione del personale e la previsione misure compensative quali ad esempio pause più lunghe durante il lavoro, tempi di recupero maggiori, assegnazione di maggior numero di giorni di ferie.
Politiche di Age Management
Parallelamente all’interno delle imprese potranno essere utilmente promosse politiche di “attivazione” che promuovano la gestione del capitale umano secondo i principi dell’Age Management. Age management significa, in sostanza, riconoscere e utilizzare i punti di forza dei lavoratori di tutte le età attraverso la diversificazione delle mansioni e la modifica dei contenuti e delle procedure del lavoro, la riqualificazione professionale e il rilancio del know-how come strategie vincenti.
Infine, sono importanti i programmi di benessere psicofisico: l’engagement e la produttività degli over 50 possono essere incentivati con programmi mirati a preservare e accrescere la salute, a partire da interventi riguardanti l’ergonomia e il sostegno alla sfera psicologica.
Dobbiamo sinceramente augurarci che la realizzazione di queste misure, non solo nelle aziende maggiori, ma diffusamente nelle piccole e piccolissime aziende che formano il tessuto vitale della nostra realtà produttiva, possa rendere inutile nel prossimo futuro a un istituto così palesemente lontano dai principi della prevenzione dei rischi lavorativi come l’indennizzo del lavoratore usurato.
Bibliografia sui lavori usuranti
- Poscia A, Moscato U, La Milia DI, Milovanovic S, Stojanovic J, Borghini A, Collamati A Ricciardi W, Magnavita N. Workplace Health Promotion for Older Workers: a Systematic Literature Review. BMC Health Serv Res. 2016;16 Suppl 5:329. doi: 10.1186/s12913-016-1518-z
- Magnavita N, Capitanelli I, Garbarino S, La Milia D, Moscato U, Pira E, Poscia A, Ricciardi W. Workplace health promotion programs for older workers in Italy. Le attività di promozione della salute per i lavoratori anziani nei luoghi di lavoro in Italia. Med Lav. 2017 Oct 27;108(5):6229. doi: 10.23749/mdl.v108i5.6229.
- Paone G. Lavoro usurante e salute sul lavoro – L’assistenza sociale n. 2 1998
- Magnavita N. Obstacles and Future Prospects: Considerations on Health Promotion Activities for Older Workers in Europe. Int J Environ Res Public Health. 2018 May 28;15(6). pii: E1096. doi: 10.3390/ijerph15061096.
- Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione Aging Ebook, Il Libro d’argento su invecchiamento e lavoro.
- Eurofound (2012), Fifth European Working Conditions Survey, Publications Office of the European Union, Luxembourg.
- Magnavita N. Productive aging, work engagement and participation of older workers. A triadic approach to health and safety in the workplace. EBPH 2017; 14 (2, 1 Suppl) e12436- DOI: 10.2427/12436.
- Magnavita N. Invecchiamento della forza-lavoro. L’importanza del work engagement e dell’ergonomia partecipativa. HPNCDs Health Policy in Non Communicable Diseases. 2016; 3:56-65.
Per saperne di più
Leggi anche il nostro approfondimento su:
Nuovi lavori gravosi: classificazione e novità
Conosci già la rivista Ambiente & Sicurezza sul Lavoro?
Dal 1985, il punto di riferimento per chi si occupa di Sicurezza sul Lavoro e Tutela dell’ambiente
Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
Scopri tutte le pubblicazioni di Nicola Magnavita per EPC Editore