Infortunio e responsabilità dell’AD di una società

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Il quesito presentato alla rivista Ambiente &Sicurezza sul Lavoro riguarda i limiti entro i quali una amministratore (rappresentante di una società) possa rispondere di lesioni personali. Risponde Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo

Il Quesito
E’ possibile che l’amministratore legale rappresentante di una società, con più di 400 dipendenti ed organizzata su vari reparti, il quale (amministratore) ha dato delega esplicita (ossia forma scritta, data certa e indicazioni di specifiche funzioni) al direttore di stabilimento e ai vari preposti, possa rispondere, in caso di infortunio al lavoratore, di lesioni personali?

Secondo l’Esperto
No; occorre rilevare che, come la giurisprudenza di legittimità (di recente, Cass. Pen., Sez. III, 16 febbraio 2012, n. 28541, ha già avuto modo di chiarire, l’amministratore e legale rappresentante di una società, specie se di ampie dimensioni non può essere, solo per tale carica rivestita, automaticamente ritenuto penalmente responsabile di ogni violazione degli obblighi antinfortunistici, comunque determinatasi, ove per l’assolvimento degli stessi, per il rispetto delle cautele e delle misure, pur previamente approntate, in relazione a quella attività svolta nel caso concreto, abbia specificamente investito dei preposti, che sono perciò tenuti a far osservare le regole di condotta all’uopo imposte. Gli obblighi in subiecta materia, infatti, investono due piani valutativi diversi, ancorché successivi e/o concorrenti, quello dell’approntamento delle misure di cautela ed antinfortunistiche, e quello della vigilanza sulla concreta attuazione delle stesse.
E non può riconoscersi penale responsabilità all’amministratore che, avendo approntato tutte le misure richieste, abbia delegato un preposto alla organizzazione ed all’espletamento di specifica attività, ove il preposto sia persona tecnicamente idonea e capace, che abbia volontariamente accettato l’incombenza, nella consapevolezza degli obblighi che vengono su di lui ad incombere, e che sia fornita di idonei poteri determinativi e direzionali al riguardo, e sempre che il datore di lavoro, nel più generale contesto della posizione di garanzia che a lui fa capo, non si esima, comunque, dall’obbligo di sorvegliare ed accertare che il preposto usi concretamente ed effettivamente dei poteri all’uopo conferitigli, dando concreta attuazione alle disposizioni impartite e alle misure volta a volta dovute.
Tale obbligo, peraltro, pure va ragguagliato alle connotazioni del caso concreto, tra le quali la organizzazione dell’impresa ed eventualmente la episodicità del fatto e la estemporaneità dei comportamenti serbati: esso, difatti, non può estendersi sino a richiedere la continua presenza sul luogo del datore di lavoro, amministratore di società di notevoli dimensioni, in ognuna delle singole circostanze episodiche in cui il lavoro viene svolto dai dipendenti, obbligo, questo, che la stessa complessa dimensione strutturale dell’azienda può, già di per sé, rendere inesigibile (Cass. Pen., sez. IV, 28 settembre, 2006, n, 2592, secondo cui “in tema di infortuni sul lavoro, il legale rappresentante di una società di notevoli dimensioni non è responsabile allorché l’azienda sia stata preventivamente suddivisa in distinti settori, rami o servizi ed a ciascuno di questi siano stati in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, nonché dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la completa gestione degli affari inerenti a determinati servizi”).

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Redazione InSic

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