Secondo l’Esperto
No. Sull’indennizzabilità dell’infortunio “in itinere”, la giurisprudenza di legittimità stabilisce che:
– la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso che tale percorso costituisce per l’infortunato l’iter normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione;
– la sussistenza di un nesso causale, sia pure occasionale, tra l’itinerario seguito e l’attività lavorativa, nel senso che il primo non fosse percorso dal lavoratore per ragioni personali o in orari non ricollegabili, nella loro immediatezza temporale, con la seconda;
– la necessità dell’uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati gli orari lavorativi e quelli dei pubblici servizi di trasporto e tenuto conto, alla luce del principio di cui all’art. 16 Cost., della possibilità di soggiornare in luogo diverso da quello di lavoro purché la distanza sia ragionevole (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. lav. 2 maggio 1997 n. 3756).
Del tutto analogo è l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che da tempo risalente afferma che “l’infortunio in itinere presuppone la necessità di recarsi in ufficio per prendere servizio, prescindendo dal carattere pubblico o privato del mezzo usato; pertanto accertato che l’incidente stradale sia avvenuto lungo il tragitto per giungere al posto di lavoro, solo la colpa grave può valere a spezzare il nesso di causalità tra il servizio e l’evento” (Cons. St., sez. VI, 22 ottobre 1983 n. 757).
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