Infortunio in itinere e malattia professionale

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Un quesito pervenuto alla Banca Dati Sicuromnia riguarda la possibilità per l’INAIL di riconoscere o meno il diritto all’indennità-rendita Inail per malattia professionale nel caso in cui il lavoratore, per raggiungere il posto di lavoro, utilizzi il mezzo di trasporto privato.
Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo


Secondo L’Esperto
No. La giurisprudenza di legittimità ha più volte statuito che la rendita per malattia professionale richiede che la malattia sia contratta nell’esercizio o a causa della lavorazione svolta, sicché il riconoscimento del diritto alla rendita implica uno stretto nesso tra patologia ed attività lavorativa, che in casi di fattori plurimi deve costituire “la condizione sine qua non della malattia”. Ed infatti i giudici di legittimità proprio sulla base dello stretto legame tra attività lavorativa e malattia hanno distinto, ad esempio, la rendita dall’equo indennizzo per il cui riconoscimento è stato ritenuto sufficiente che la menomazione subita dal lavoratore sia comunque connessa con il servizio prestato (Cass. Civ., sez. lav., 20 agosto 2004, n. 16392; Cass. Civ., sez. lav., 23 novembre 2010, n. 23674).
Inoltre, il requisito della inscindibile connessione tra rendita ed attività lavorativa caratterizza anche la differenza tra malattia professionale ed infortunio sul lavoro. Solo in relazione a quest’ultimo secondo un indirizzo ormai consolidato la copertura assicurativa va estesa anche agli eventi verificatisi al di fuori dei luoghi di lavoro e non solo nel corso della prestazione lavorativa (Cass. Civ., sez. lav., 18 marzo 2013, n. 6725), nonchè per accadimenti ricollegabili seppure in forma indiretta allo svolgersi dell’attività di lavoro (Cass. Civ., sez. lav. 10 luglio 2012, n. 11545).
E che gli istituti scrutinati siano ontologicamente diversi si evince anche dalla lettura dell’art. 3 del DPR 30 giugno 1924 n. 11224 che ricollega l’assicurazione per le malattie professionali a specifiche tabelle a dimostrazione della configurabilità di un nesso eziologico tra malattia ed esercizio di attività lavorativa con possibili effetti morbigeni. In altri termini il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, distingue tra due ben diverse qualificazioni giuridiche di eventi lesivi oggetto di tutela, ossia infortunio sul lavoro emalattia professionale. Questi eventi, legittimando domande con una diversa causa pretendi (agente patogeno che nella generalità dei casi provoca la malattia con azione lenta e prolungata nel tempo o fatto lesivo dell’integrità dell’organismo che si caratterizza generalmente per esaurirsi in tempi limitati) ed un diverso petitum (diversa prestazione dovuta dall’Istituto), richiedono conseguentemente sul versante processuale una distinta articolazione delle prove con riguardo anche al nesso eziologico.
Corollario di quanto ora detto è che non è consentito procedere tout court ad una interpretazione estensiva o analogica della normativa dettata per l’infortunio sul lavoro alla malattia professionale, potendo quest’ultima essere tutelata con il riconoscimento della relativa rendita in quantovenga causata dal lavoro e non contratta in occasione di lavoro”. Considerazione questa che vale per non estendere anche alla malattia professionale orientamenti giurisprudenziali sorti sulla base di un collegamento funzionale in materia di infortunio sul lavoro tra l’attività di locomozione e di spostamento e quella di stretta esecuzione dell’attività lavorativa; collegamento il cui riconoscimento da parte della stessa giurisprudenza è stato per di più sottoposto a rigorosa verifica di precisi presupposti (cfr al riguardo da ultimo ex plurimis: Cass. Civ., sez. lav., 18 marzo 2013, n. 6725).


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Redazione InSic

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