Macchine marcate CE nei luoghi di lavoro: gli obblighi del datore di lavoro

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Non sono rari i casi in cui l’organo di vigilanza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, nell’espletamento di indagini per infortuni sul lavoro o durante sopralluoghi di vigilanza, intercetti macchine marcate CE per le quali risultano violati uno o più requisiti essenziali di sicurezza e salute (RESS) previsti dalla Direttiva macchine.

In questo articolo vedremo la normativa di riferimento per la vigilanza sulla conformità delle macchine da lavoro, cosa si intende per vizio occulto, vizio palese e cosa deve fare datore di lavoro per l’adeguamento delle macchine marcate CE ma non rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza. Infine, un caso giurisprudenziale che fa luce sulla interpretazione degli obblighi del datore di lavoro previsti dal Testo Unico di Sicurezza, da parte della Corte di Cassazione.

Ispezioni su Macchine marcate CE: la procedura di verifica

Come è noto l’art. 70, comma 4, del D. Lgs. n. 81/2008 ha fornito istruzioni agli organi di vigilanza (ASL/ARPA o altro soggetto pubblico competente) su come operare laddove si individuino situazioni di rischio riscontrate durante l’utilizzo di attrezzature marcate CE, per le quali si può ipotizzare la non conformità ai RESS previsti dalle disposizioni legislative regolamentari di recepimento di Direttive europee di prodotto. Tali difformità possono riguardare RESS, relativi ad aspetti sia di carattere tecnico, inerenti progettazione e costruzione, che di tipo documentale e informativo, come le istruzioni per l’uso ed i relativi schemi o le procedure di immissione sul mercato (es. dichiarazione CE di conformità).[1]

Accertamenti su macchine non conformi: cosa dice il Testo Unico di Sicurezza?

Se l’accertamento viene effettuato su una macchina non conforme alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, il predetto art. 70 comma 4 del D. lgs. n. 81/2008 definisce le modalità di intervento da parte dell’organo di vigilanza nei confronti del datore di lavoro/utilizzatore o di altro soggetto aziendale, prevedendo la possibilità di procedere mediante “apposita prescrizione” di cui al D. Lgs. n. 81/2008 o “idonea disposizione” secondo il DPR n. 520/55.

Quando scatta la prescrizione al Datore di lavoro per macchina non conforme?

In particolare il legislatore ha specificato che la prescrizione deve essere impartita “nel caso in cui sia stata accertata una contravvenzione”, cioè quando l’illecito che determina il rischio è riconducibile all’azione o all’omissione del datore di lavoro. Secondo una prassi adottata prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 81/2008 la prescrizione ad adempiere può pertanto essere attivata solamente nel caso in cui la situazione di rischio sia definibile come “vizio palese” e come tale noto al datore di lavoro o comunque intercettabile.

Cosa si intende per vizio palese?

Si considera, “vizio palese” una situazione di pericolo già manifestatasi in fase di utilizzo dell’attrezzatura o nel corso della valutazione dei rischi della stessa, mentre per contro può essere definito “vizio occulto” una situazione di rischio determinata da difetti di progettazione e/o costruzione (ascrivibili al fabbricante), non facilmente riscontrabile dal datore di lavoro o da un qualificato professionista incaricato della verifica[2][3].

Cosa si intende per vizio “occulto”?

Un vizio si può ritenere non facilmente riscontrabile (quindi occulto) solo dopo un’analisi del rischio specifico, basata su tutti gli elementi rilevabili dal datore di lavoro (difetti, guasti, anomalie, rotture determinatesi nell’utilizzo della macchina ecc.) e non a seguito di una semplice osservazione superficiale. Un vizio per essere considerato occulto deve risultare riconducibile unicamente alle scelte costruttive del fabbricante (tipologia materiali, saldature, sistema di comandi, ecc.) e non deve quindi essere identificabile con gli strumenti dell’analisi del rischio, disponibili all’utilizzatore. Va altresì detto che un vizio “occulto” non è più tale nel momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza per iniziative informative del fabbricante e/o di qualsiasi altro soggetto (esempio, in seguito a indagini e analisi approfondite come nel caso di inchiesta per infortunio).

Macchina marcata CE con carenze di sicurezza: cosa può fare il datore di lavoro?

Più volte in passato ci si è domandato se un datore di lavoro che riscontra le carenze palesi di sicurezza di una macchina marcata CE possa porvi rimedio personalmente e se tale adeguamento comporta un obbligo di nuova marcatura della macchina. A questa domanda risponde l’art. 71, comma 5, del D. Lgs. 81/2008, laddove si dispone che se l’adeguamento dell’attrezzatura di lavoro oggetto di prescrizione, non comporta modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste originariamente dal costruttore, ossia di modifiche/trasformazioni con un impatto sostanziale sul funzionamento o la sicurezza, la stessa non necessita essere “rimarcata” CE. A seconda dei casi può essere, però, necessaria la dichiarazione di esecuzione a regola dell’arte dei lavori rilasciata dal tecnico che ha effettuato l’adeguamento dell’attrezzatura, che deve essere richiesta all’interno della prescrizione[4].

Macchina non conforme: il caso della sentenza del 12 novembre 2021 n. 41147

Su una situazione di tale genere è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza del 12 novembre 2021 n. 41147. Si ritiene utile ripercorrere il ragionamento effettuato dalla Suprema Corte anche alla luce dell’obbligo stabilito dall’art. 71 comma 4 del D. Lgs. n. 81/2008.

Sentenza 41147/2021: l’infortunio e la macchina marcata CE non sicura

Nel maggio del 2014 presso la ditta SpA YYY avviene un grave infortunio sul lavoro durante l’utilizzo di una macchina, denominata “linea di spianatura e taglio trasversale bandellatrice”. In particolare un lavoratore, mentre stava ripulendo da residui di lamiera la macchina in questione, subiva lo schiacciamento della mano, con plurime fratture a causa della ripartenza dei rulli, che prima erano in posizione di quiete.

La macchina, detta appunto “linea di spianatura e taglio trasversale bandellatrice”, presentava la zona di lavoro contenente parti mobili in movimento – rulli e cesoia – protetta da una grata di protezione apribile con un chiavistello ma priva di dispositivo automatico di blocco in grado di arrestare il movimento all’apertura della grata stessa. La macchina era stata acquistata nel 2004 (circa 10 anni prima dell’evento lesivo) ed era marcata “CE”.

Sentenza 41147/2021: Giudizio di primo grado. Le responsabilità del datore di lavoro

Secondo i giudici di merito il datore di lavoro aveva violato l’art. 71, comma 4, lett. a), nn. 1 e 2, del D. Lgs. n. 81/2008[5], per avere messo a disposizione del lavoratore una macchina non sicura e pertanto lo avevano ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose gravi nei confronti dell’operaio infortunato.

In particolare i giudici non hanno ritenuto rilevante la circostanza, segnalata e documentata dalla difesa, che il macchinario avesse il marchio “CE” e che fosse regolarmente in commercio. In particolare, hanno osservato che, essendo stata acquistata nel 2004, cioè dieci anni prima dell’incidente, era obbligo del datore di lavoro, adeguare gli standard di sicurezza nel tempo alla luce dei progressi della tecnologia ed installare dei meccanismi automatici di blocco, richiamando al riguardo i principi, puntualizzati da tempo dalla Suprema Corte.

La Corte aveva infatti in precedenza affermato che:

«In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza»[6] e secondo cui «L’obbligo di “ridurre al minimo” il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti (art. 71, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l’obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza»[7]

Veniva altresì esclusa, dai giudici di prime cure, la esorbitanza del comportamento del lavoratore, che, peraltro chiamato a lavorare con mansioni diverse, quel giorno era intento a svolgere le mansioni che gli erano state in concreto assegnate.

Sentenza n.41147/2021: il ricorso

Contro tale condanna ricorre in Cassazione l’imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi in particolare a tre motivi di ricorso. In questa sede verranno illustrati esclusivamente i motivi legati alla violazione della normativa antinfortunistica prima citata.

Posizione del ricorrente: Macchina non marcata, il datore non può sostituirsi al costruttore

Su tale fronte il ricorrente denunzia violazione di legge (art. 71, comma 4, nn. 1 e 2, del d. lgs. n. 81 del 2008) nella parte in cui la norma che si pretende violata non prevede che il datore di lavoro abbia l’obbligo di sostituirsi al costruttore nell’installazione di sicurezze non presenti sin dall’origine in macchine marcate “CE”. Secondo la difesa del datore di lavoro la regola cautelare asseritamente violata avrebbe un perimetro assai più ampio rispetto a quello delineato dal legislatore ed estenderebbe l’ambito degli obblighi imposti al datore di lavoro con riferimento alla gestione dei macchinari oltre ogni confine di ragionevolezza e di esigibilità, addebitandogli di non avere installato sul macchinario un sistema di sicurezza che pacificamente non vi era mai stato, nonostante le rassicurazioni presenti sul libretto di uso e di manutenzione, in sostanza richiedendogli di superare la valutazione del costruttore, che aveva immesso in commercio il macchinario.

La lettura corretta dell’art. 71, nn. 1 e 2, del D. Lgs. n. 81/2008 descriverebbe, ad avviso del ricorrente, il compito del datore di lavoro come accessorio ed esecutivo rispetto a quello del costruttore, non già come sostitutivo di esso, dovendo, per dettato di legge, attenersi alle istruzioni d’uso ed al manuale, scritti, appunto, dal costruttore; il riferimento alla “permanenza nel tempo” dei requisiti di sicurezza deve riferirsi necessariamente al mantenimento e/o alla conservazione di quei requisiti che in precedenza erano effettivamente esistenti, non certo a requisiti che in quel momento e dall’origine in verità non esistevano. Disattendendo la lettera della legge, si verrebbe ad imporre al datore di lavoro un obbligo – illegittimo poiché non previsto da alcuna norma – suppletivo e non già meramente esecutivo-integrativo rispetto a quello del costruttore. Del resto, la c.d. “direttiva-macchine” (direttiva 2006/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006) fa carico al costruttore, e non ad altri, l’obbligo di accertare che il prodotto immesso sul mercato presenti i requisiti di sicurezza, attestandolo attraverso apposita marcatura “CE”, mentre l’acquirente è mero beneficiario, essendo persona rinchiusa nella platea di coloro che fanno affidamento sulla marcatura. Inoltre, secondo l’argomentazione della difesa, l’eventuale alterazione della macchina, anche se effettuata per ragioni di sicurezza, farebbe venire meno l’originaria conformità.

Il concetto di “dominabilità del rischio”

La descritta suddivisione di sfere di responsabilità corrisponde concretamente – osserva il ricorrente- al principio di dominabilità del rischio, poiché la eventuale mancanza originaria è addebitabile solo al costruttore, non potendo l’acquirente intervenire né avendo le competenze per farlo. Diversamente, ove cioè il costruttore abbia consegnato al datore di lavoro una macchina priva di criticità e tali criticità siano insorte durante l’epoca di governo del rischio del datore di lavoro, questi ne sarà responsabile.

Correzione dei vizi occulti della macchina: spetta al datore di lavoro?

Con un ulteriore motivo di ricorso l’imputato si duole della violazione dell’art. 43, comma 1, terzo alinea, cod. pen.[8], nella parte in cui si ritiene esigibile in capo al datore di lavoro la conoscenza e la correzione di un vizio occulto della macchina, vizio celato anche nel libretto d’uso e manutenzione della stessa. La sentenza sarebbe censurabile anche sotto il profilo della valutazione del quoziente soggettivo della colpa ossia della effettiva rimproverabilità dell’agente concreto per il mancato adeguamento al comando cautelare posto dall’ordinamento in astratto. Infatti, la Corte di appello non avrebbe valutato correttamente il tema della esigibilità in concreto della condotta diligente in capo al datore di lavoro ossia la capacità soggettiva dell’agente di osservare la regola cautelare, come puntualizzato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 38343 del 18/09/2014, rie. Espenhahn[9], ove si è evidenziata la necessità di personalizzare il rimprovero colposo, misurandolo con la concreta situazione nella quale si colloca il soggetto agente, onde evitare astrazioni basate sul c.d. agente modello. Secondo la difesa la Corte di merito si sarebbe adeguata, ma soltanto nominalmente, a tali parametri interpretativi, riferendosi in maniera generica, ad un monitoraggio periodico sul funzionamento dei dispositivi di sicurezza installatati e ad una verifica di quelli eventualmente ancora mancanti.

Quando il vizio della macchina marcata CE è conoscibile?

 Sottolinea che l’omissione contestata all’imputato ha quale pre-requisito ineluttabile la conoscenza o la conoscibilità del vizio che avrebbe richiesto l’intervento manutentivo a correzione dello stesso. Si tratta, però, nel caso concreto di vizio occulto, a ben vedere occultato dal costruttore. Infatti, alla pagina 54 del manuale della macchina si legge che “l’apertura di ogni barriera comporta l’arresto prima che l’operatore arrivi nella zona pericolosa o comunque in luogo tale da costituire elemento di collusione”, poiché l’espressione “ogni barriera” non può che riferirsi anche al cancelletto aperto dal lavoratore prima del sinistro; inoltre, alla pagina 8, tra le avvertenze generali, si legge che “i cancelli di ingresso alla barriera sono muniti di fine corsa che arrestano tutto l’impianto alla loro apertura”; ancora, alla pagina 9, tra le norme di comportamento, si ammoniscono gli operatori a “non manomettere i micro di fine corsa”.

Si tratterebbe quindi di indicazioni fallaci, che sembrano dimostrare la presenza di un interblocco meccanico ovvero fotoelettrico collegato all’apertura del cancelletto di ingresso. Sicché il datore di lavoro è in condizione di minorata capacità critica, potendo fare affidamento sulle indicazioni del costruttore. A ciò si aggiunga che la conformazione fisica del macchinario non consente di percepire una differenza rispetto a quanto indicato a livello documentale. Peraltro, nessun lavoratore escusso in istruttoria ha percepito l’anomalia, perché nessun incidente o problema si era verificato in precedenza, nè era emersa la necessità di verificare un meccanismo che si era dimostrato efficace.

E, dunque, dalla circostanza che il datore di lavoro aveva a disposizione un manuale che riportava le indicazioni prima riportate, in particolare garantendo che all’apertura di “ogni barriera” la macchina avrebbe arrestato il proprio moto e dal fatto che non si erano verificati problemi, discende che l’imputato riteneva vi fosse il meccanismo di salvaguardia automatico e che sapeva che il macchinario funzionava regolarmente. Ne consegue la non esigibilità sia della conoscenza del vizio sia della necessità di porre ad esso rimedio.

Sentenza n.41147/2021: il giudizio della Cassazione

La Suprema Corte non è d’accordo con tali argomentazioni. Afferma che è ben noto ed in linea di massima condivisibile il “severo” principio di diritto secondo il quale

«Il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza dell’ambiente di lavoro, è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell’infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti, senza che la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità “CE” o l’affidamento riposto nella notorietà e nella competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo dalla sua responsabilità»[10]

Ciò detto segnala che le, pur non irragionevoli, censure difensive anche relative alle indicazioni contenute nel libretto di istruzioni, trascurano, però, di attribuire il giusto peso alla centrale importanza nel caso in esame del tipo di dispositivo di sicurezza omesso e alla visibilità di un meccanismo di segregazione delle parti mobili e pericolose (rulli di metallo in movimento) della macchina rispetto agli arti dei lavoratori che era affidato ad un chiavistello, agevolmente apribile, dovendosi provvedere con altra manovra su distante meccanismo ad interrompere l’erogazione di corrente, e non già ad un blocco di tipo automatico, che sarebbe stato oggettivamente più sicuro.

Attrezzature marcate CE e responsabilità del costruttore: l’orientamento della Cassazione

Al riguardo la Cassazione richiama quanto già affermato in un precedente caso, non identico a quello in esame ma ad esso affine, di mancata adozione di protezione delle parti meccaniche in movimento, parti suscettibili di rivelarsi pericolose in caso di contatto del lavoratore, secondo il quale «In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare tale macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio di progettazione, che non consentano di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza. (Fattispecie relativa a macchinario privo di “carter” di protezione, in cui la Corte ha ritenuto che il pericolo era evidentemente riconoscibile con l’ordinaria diligenza, dovendo gli organi in movimento dei macchinari essere sempre segregati per evitare contatti pericolosi con la persona del lavoratore)»[11].

Sentenza n.41147/2021: la ricostruzione della Cassazione

Nel caso di specie le parti in movimento non erano, invece, immediatamente raggiungibili da parte del lavoratore ma risultavano protette in maniera insufficiente cioè da un meccanismo esistente – sì – ma facilmente eludibile, come in effetti accaduto nel caso concreto, solo agendo su un chiavistello, con ogni evidenza agevolmente apribile, rendendosi necessario inoltre lo spegnimento manuale del macchinario con altra manovra.

Pertanto, avuto riguardo alla centralità del valore della tutela della salute del lavoratore, non può che valere lo stesso principio appena richiamato. Per la stessa ragione i giudici di merito hanno escluso che possa parlarsi, malgrado le indicazioni nel libretto di istruzioni, di un vizio, sottolineando che l’art. 71, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2008 impone l’obbligo di «ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro». Si tratta di affermazione in linea con il precedente espresso con la sentenza di Cassazione Penale, sezione III, n. 46784 del 10/11/2011[12], secondo cui «L’obbligo di “ridurre al minimo” il rischio di infortuni sul lavoro (art. 71, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) impone al datore di lavoro di verificare e garantire la persistenza nel tempo dei requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro messe a disposizione dei propri dipendenti (art. 71, D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), non essendo sufficiente, per ritenere adempiuto l’obbligo di legge, il rilascio, da parte di un organismo certificatore munito di autorizzazione ministeriale, della certificazione di rispondenza ai requisiti essenziali di sicurezza».

Secondo la Suprema Corte, il ragionamento effettuato dai giudici di merito per il caso in questione risulta essere:

– immune da vizi rilevabili in sede di legittimità;

– logico, con particolare riferimento all’obbligo del datore di lavoro nel caso di specie, cioè trascorsi dieci anni dall’acquisto, di adeguare gli standard di sicurezza alla luce dei progressi della tecnologia e di installare dei meccanismi automatici di blocco;

– corretto poiché conforme alle tradizionali affermazioni della esistenza degli obblighi, fondati sui valori costituzionali di solidarietà sociale e di tutela della salute (artt. 2 e 32 Costituzione) e sul dettato dell’art. 71 del D. Lgs. n. 81/2008, del datore di lavoro di verificare che le macchine siano prive di rischi e sicure per i lavoratori


[1] Coordinamento Tecnico delle regioni e delle province autonome – Linee di indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature – Direttiva Macchine 2006/42/CE e D. Lgs. n. 17/2010- Titolo III D. Lgs. n. 81/2008 – Indicazioni procedurali per gli operatori dei Servizi di Prevenzione delle ASL/ARPA – edizione: dicembre 2020, in https://olympus.uniurb.it/images/stories/docsind.isti/2020/2020lgvigattr.pdf

[2] Sentenza Cassazione Penale, sezione IV, del 25/06/1997 n. 6157 citata dalle Linee di indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature – Direttiva Macchine 2006/42/CE e D. Lgs. n. 17/2010- Titolo III D. Lgs. n. 81/2008 – Indicazioni procedurali per gli operatori dei Servizi di Prevenzione delle ASL/ARPA – edizione: dicembre 2020 già citate.

[3] Infortuni sul lavoro: le indagini di polizia giudiziaria. Guida per gli organi di vigilanza. AA. VV. edizione 2021, in www.tusl81.it

[4] Coordinamento Tecnico delle regioni e delle province autonome – Linee di indirizzo per l’attività di vigilanza sulle attrezzature – Direttiva Macchine 2006/42/CE e D. Lgs. n. 17/2010- Titolo III D. Lgs. n. 81/2008 – Indicazioni procedurali per gli operatori dei Servizi di Prevenzione delle ASL/ARPA – edizione: dicembre 2020, citata

[5] Art. 71 comma 4 lett. a) n. 1 e n. 2 D. Lgs. n. 81/2008

Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:

a) le attrezzature di lavoro siano:

1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso;

2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione;

[6] Sentenza Cassazione Penale, sezione IV, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948 in http://www.gammaquality.it/contenuti/bacheca/2013-workshop-sicurezza-e-dintorni/massime-e-sentenze-IV-Scordamaglia.pdf.

[7] Sentenza Cassazione Penale, sezione III, n. 46784 del 10/11/2011, Lanfredi, Rv. 251620 in https://www.corsi.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid396659.pdf

[8] Articolo 43 Codice Penale – Elemento psicologico del reato.

Il delitto:

  • è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
  • è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente;
  • è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

[9] In https://www.giurisprudenzapenale.com/2014/09/18/sentenza-thyssenkrupp-depositate-le-motivazioni-delle-sezioni-unite/

[10] Sentenza Cassazione Penale, sezione IV, n. 37060 del 12/06/2008, Vigilardi e altro, Rv. 241020 in https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1040:cassazione-penale-sez-4-30-settembre-2008-n-37060-macchine-ce-e-responsabilit&catid=17&Itemid=138; nello stesso senso, tra le altre, Cassazione Penale, sezione IV, n. 26247 del 30/05/2013, Magrini, Rv. 256948, secondo cui «In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all’art. 590, comma terzo, cod. pen., per avere messo a disposizione del lavoratore un macchinario, specificamente una pressa, privo dei necessari presidi di sicurezza, in conseguenza della non attenta verifica dei requisiti di legge e della mancata valutazione in progress delle carenze del predetto macchinario, anche attraverso una adeguata azione di manutenzione, nella specie effettuata senza carattere di sistematicità)» già citata; e Cassazione Penale, sezione IV, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro Rv. 259229 in https://www.avvocato.it/massimario-37261/, secondo cui «In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del costruttore, nel caso in cui l’evento dannoso sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, non esclude la responsabilità del datore di lavoro, sul quale grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell’impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori; a detta regola può farsi eccezione nella sola ipotesi in cui l’accertamento di un elemento di pericolo nella macchina o di un vizio di progettazione o di costruzione di questa sia reso impossibile per le speciali caratteristiche della macchina o del vizio, impeditive di apprezzarne la sussistenza con l’ordinaria diligenza»).

[11] Sentenza Cassazione Penale, n. 1184 del 11/01/2019, Rv. 275114-02,

in https://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=19685:cassazione-penale,-sez-4,-11-gennaio-2019,-n-1184-

infortunio-con-un-macchinario-per-la-lavorazione-dei-pellami-non-conforme-ai-requisiti-generali-di-sicurezza-concorrente-responsabilit%C3%A0-del-datore-di-lavoro-e-del-costruttore&catid=17&Itemid=138.

[12] Sentenza Cassazione Penale, sezione III, n. 46784 del 10/11/2011, Lanfredi, Rv. 251620, citata.

Per approfondire sulla Direttiva Macchine

InSic suggerisce:

Il confronto tra le responsabilità dei costruttori e degli utilizzatori alla luce dei D.Lgs. 17/2010 e D.Lgs. 81/2008. Aggiornato con i riferimenti alle nuove norme tecniche armonizzate emesse dai Comitati Tecnici Normatori Italiani ed Europei UNI, CEI, CEN e CENELEC su mandato specifico della Commissione e alla nuova edizione (2.2) della Guida della Commissione Europea all’applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE dell’ottobre 2019.

Di cosa tratta?

Progetto, costruzione ed esercizio di Macchine e Impianti Complessi (Linee) Sicurezza delle Macchine, nuove Responsabilità per Progettisti, Costruttori, Installatori
(D. Lgs. 81/08 e smi – D. Lgs. 17/10 – DM 11/04/2011 – Nuovo Regolamento Macchine)

Per quali corsi vale come aggiornamento?

Valido come Corso di Aggiornamento (D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) per:
• Responsabili e Addetti SPP
• Coordinatori per la progettazione e l’esecuzione dei lavori

8 Crediti Formativi (CFP) CNI

Obiettivi del Corso:

Il corso intende fornire gli strumenti necessari per consentire agli operatori del Settore, ai progettisti e ai tecnici in genere di applicare correttamente la disciplina che regolamenta il campo delle Macchine, e fornire indicazioni relativamente alle nuove Responsabilità per le principali figure professionali nell’espletamento dei loro compiti di Sicurezza.

Chi è il docente del corso?

Daniele Cionchi
Ingegnere Civile-Edile Strutturista, Ingegnere Tecnologo presso il Settore Certificazione, Verifica e Ricerca di INAIL. Direttore del Settore Certificazione, Verifica e Ricerca – Unità Operativa Territoriale di Ancona, ex Diret-tore del Dipartimento ISPESL di Forlì. 

Michele Montrano

Michele Montrano – Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro – ASL TO3 Piemonte. Docente e tutor universitario al corso di laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro – Università di Torino

Michele Montrano

Michele Montrano - Tecnico della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro - ASL TO3 Piemonte. Docente e tutor universitario al corso di laurea in Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro – Università di Torino