Il fatto
Un messo comunale, addetto all’Ufficio Messi e Comunicazioni, era incorso in infortunio mentre era intento ad archiviare alcuni documenti su degli armadi ormai incapienti del suo ufficio, all’altezza di due metri da terra; per questo motivo, aveva deciso di utilizzare una scala portatile in alluminio, appoggiandola all’armadio e tenendola chiusa per la mancanza di spazio per l’apertura della stessa.
Una volta salito, il lavoratore cadeva di schiena perché la scala era scivolata lateralmente.
In primo grado, il giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Busto Arsizio, dichiarava il Sindaco del Comune responsabile del delitto di lesioni personali gravi ai danni del messo.
Il Sindaco, decideva di proporre ricorso in appello e la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza assunta in primo grado; pertanto, procedeva con il ricorso in Cassazione in cui lamentava l’errata interpretazione e applicazione nonché l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art.2 lett. b) d.lgs. n.81/2008.
Nello specifico, nel ricorso per Cassazione, il Sindaco sollevava la questione sulla qualifica di datore di lavoro, affermando che una delibera dell’Organo Collegiale dei Datori di Lavoro, doveva esonerarlo dalla responsabilità penale in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per il fatto che andava riconosciuto a tale Organo Collegiale tale qualifica nell’ambito dell’Amministrazione Comunale.
Il Sindaco, sosteneva che questo motivo non fosse stato preso in considerazione dalla Corte d’Appello, la quale aveva semplicemente richiamato la sentenza di primo grado; ed invece, secondo il ricorrente, ai sensi l’art. 2 lett. b) del d.lgs. n.81/2008, una volta individuato il soggetto qualificabile come datore di lavoro nell’Organo Collegiale dei Datori di Lavoro, egli non doveva essere considerato il responsabile in materia antinfortunistica, oltre al fatto che l’organo collegiale aveva incaricato una società di consulenza per la redazione del documento di valutazione dei rischi.
Il sindaco pertanto sosteneva che la Corte avesse errato nell’individuare il soggetto responsabile.
La decisione della Cassazione Penale
La Corte di Cassazione, sez. Penale, ha ritenuto infondato il ricorso del Sindaco.
L’esame del caso è iniziato dall’analisi della figura di datore di lavoro, art. 2 lett. b) d.lgs. n.81/2008, che è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, oppure è colui che ha la responsabilità dell’organizzazione per il suo potere decisionale e di spesa.
Per le pubbliche amministrazioni individuate dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, il datore di lavoro è il dirigente a cui spettano i poteri di gestione, o il funzionario senza qualifica dirigenziale, nei casi in cui questi abbia autonomia gestionale, potere decisionale e di spesa e che viene individuato dall’organo di vertice.
In caso di omessa o non conforme individuazione della figura di datore di lavoro, questa coincide con l’organo di vertice.
La giurisprudenza, in riferimento alla normativa all’epoca vigente, aveva ritenuto necessaria la presenza di un atto espresso per l’individuazione della figura di datore del lavoro nel dirigente o nel funzionario; diversamente il datore di lavoro andava individuato nel capo del vertice politico dell’ente.
La pubblica amministrazione deve individuare il dirigente o il funzionario a cui attribuire sia la qualifica di datore di lavoro, sia il conferimento dei relativi poteri di autonomia gestionale. Si tratta, pertanto, di un’attribuzione espressa che come tale comporta dei poteri in materia di sicurezza.
In mancanza dell’indicazione, il datore di lavoro corrisponde all’organo di direzione politica e per il caso dei Comuni, questi hanno il potere di sovrintendere alle scelte di gestione e direzione amministrativa.
Per quanto riguarda la riconducibilità dell’evento alla non adeguata elaborazione del D.U.V.R.I., gli ermellini hanno sottolineato, nonostante non fosse un motivo di ricorso, che la disciplina citata vada coordinata con le regole sui compiti datoriali non delegabili, previste dall’ art. 17 d.lgs. n.81/2008 che impone l’obbligo di stilare il documento di valutazione dei rischi, il quale, se non adeguatamente elaborato, comporta la responsabilità del datore di lavoro.
Va notato che l’atto di individuazione del dirigente pubblico è collegato alla disciplina per le pubbliche amministrazioni, a cui non si applicano i criteri di imputazione della responsabilità per colpa di organizzazione previste dal d.lgs. 231/2001 e dall’art. 30 d.lgs. n.81/2008; infatti, a tale soggetto competono tutte le funzioni datoriali, senza distinzione tra funzioni delegabili e non delegabili.
La normativa in materia di prevenzione esclude l’imputabilità della violazione al Sindaco quando è stato individuato il dirigente per la qualifica di datore di lavoro.
Il Sindaco sarà individuato come il responsabile, solo se era a conoscenza della mancanza di sicurezza nell’ente e non vi ha posto rimedio, in base all’art. 18, comma 3, d.lgs. n.81/2008, che prevede che gli obblighi concernenti gli interventi strutturali e di manutenzione per la sicurezza dei locali della pubblica amministrazione, restano a carico dell’amministrazione. Sarà assolto solo se ha fatto richiesta di adempimento all’amministrazione.
In definitiva, secondo la normativa sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro, la qualifica di datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni è del dirigente, il quale è dotato di poteri di gestione ed è titolare di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa.
Nel caso in esame, in primo grado era stato accertato che il Sindaco, nel 2006, aveva nominato con decreto un Direttore Generale per la direzione ed il coordinamento dell’organo dei Datori di Lavoro e per presiedere le riunioni dei datori di lavoro comunali e di formulazione della proposta per il Piano Esecutivo di Gestione (PEG); e che aveva nominato un Responsabile del settore amministrativo con funzioni proprie del datore di lavoro ( D.L. n. 626 del 1994).
La responsabilità del Sindaco, tuttavia si era configurata per l’omessa redazione di un adeguato documento di valutazione dei rischi, e sul presupposto che l’attività prevista dall’art. 17 d.lgs. n.81/2008 non fosse delegabile e che pertanto, dovesse rispondere l’organo di vertice dell’Ente per l’incompleta redazione.
A questa conclusione è giunta la Corte d’Appello, affermando che l’attività di redazione del documento di valutazione dei rischi fosse compito non delegabile e quindi la posizione di garanzia fosse dell’organo di direzione politica.
Secondo gli ermellini, la corte territoriale ha correttamente deciso in merito alla questione e ha sottolineato che il Sindaco, nel provvedere alla redazione del DUVRI non ha conferito ad altri la posizione di garanzia facendola propria.
Per queste ragioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso del Sindaco, ritenendolo il responsabile dell’infortunio.
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