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Discriminazioni sul lavoro: modifiche al Codice Pari Opportunità e premi alle imprese

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In Gazzetta la LEGGE 5 novembre 2021, n. 162 che apporta significative modifiche al D.Lgs. n.198/2006 in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Le sue disposizioni di modifica entreranno in vigore dal 3 dicembre 2021 e sono volte a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi. Oltre a modificare e ampliare la nozione di atto discriminatorio, la Legge introduce nel Codice delle Pari Opportunità la Certificazione della parità di genere (da definirsi con appositi decreti) e meccanismi di premialità per le imprese che la otterranno.

Il tema della parità di genere sul lavoro e delle pari opportunità sono state al centro anche delle riflessioni del Presidente della Repubblica Mattarella in occasione della Festa della Repubblica. Per documentarsi sulla Legge è disponibile il Dossier della Camera .

Pari Opportunità sul lavoro: le novità introdotte

Le modifiche interessano i seguenti articoli del Codice delle Pari Opportunità:

  • art. 20 del D.Lgs. n.198/2006 -Relazione al Parlamento;
  • art. 25 del D.Lgs. n.198/2006 – Discriminazione diretta e indiretta (inserimento comma 2-bis su atto discriminatorio);
  • art. 46 del D.Lgs. n.198/2006 – Rapporto sulla situazione del personale;
  • nuovo Art. 46-bis – Certificazione della parità di genere e premialità contributive per le imprese.

Mettiamo in luce i passaggi che interessano il miglioramento delle condizioni di lavoro e le discriminazioni, segnalando in particolare, le novità sulla  

  • nozione di discriminazione diretta e atti discriminatori;
  • regolamentazione del Rapporto biennale sul personale.

Discriminazione diretta e indiretta: cosa si intende? (art.2 L.162/21 – modifica art.25 D.Lgs. 198/06)

Sostanziose modifiche intervengono sull’art. 25 del Codice delle Pari opportunità e riguardano le nozioni di

  • discriminazione diretta (comma 1 modificato)
  • discriminazione indiretta (comma 2 modificato)
  • discriminazione (nuovo comma 2 bis)

Discriminazione diretta

Per “Discriminazione diretta” ai sensi del comma 1 si intende

“qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga”.

Sostanzialmente la Legge ha inserito il riferimento alla discriminazione per le candidate e i candidati in fase selettiva.

Discriminazione indiretta

L’art.2 della Legge n.162/21 modifica l’art.25 del D.Lgs. n.198/2006 ed inserisce fra le fattispecie che danno luogo ad essa, anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro che:

  • modificano l’organizzazione delle condizioni e del tempo del lavoro;
  • mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso,
  • salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché’ l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”.

Discriminazione

Invece, per “Discriminazione” in senso generico, la Legge introduce uno specifico comma 2 bis all’art. 25 che prevede testualmente:

«2-bis. Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera»

Redazione del Rapporto biennale sul personale (art.3 L.162/21 – modifica art.46 D.Lgs. 198/06)

L’art. 3 della Legge n.162/21 apporta modifica all’art. 46 del D.Lgs. n.198/2006 e modifica le disposizioni sul Rapporto relativo alla situazione del personale che deve essere ora presentato dalle aziende con oltre 50 dipendenti (erano 100 nel testo originario).

In base al nuovo art.46 (come modificato dalla Legge n.162/21):

  • tale obbligo di elaborazione del Rapporto (nuovo comma 1-bis) riguarda anche le aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (ne hanno possibilità)
  • fissa la cadenza biennale (prima era almeno biennale)
  • (nuovo comma 2) stabilisce la redazione in modalità esclusivamente telematica attraverso la compilazione di un modello pubblicato nel sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali.
  • Prevede infine che la consigliera e il consigliere regionale di parità accedano ai dati trasmessi dalle aziende (attraverso un identificativo unico) e trasmettano a loro volta i dati elaborati, a
    • le sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro
    • la consigliera o al consigliere nazionale di parità
    • al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
    • al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri
    • all’Istituto nazionale di statistica
    • al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro

Un successivo decreto detterà anche i contenuti del Rapporto e i casi di inottemperanza all’obbligo di sua presentazione e redazione.

Relazione al Parlamento sulla parità di genere (art.1 L.162/21 – modifica art.20 D.Lgs. 198/06)

L’art. 1 della Legge 162/21 modifica l’art.20 del D.Lgs. n.198/2006 richiedendo che la consigliera o il consigliere nazionale di parità, anche sulla base

  • del rapporto delle Direzioni interregionali e territoriali del lavoro in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e promozione professionale, delle retribuzioni, delle condizioni di lavoro, della cessazione del rapporto di lavoro (articolo 15, comma 7),
  • delle indicazioni fornite dal Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici

presenta al Parlamento, ogni due anni, una relazione contenente i risultati del monitoraggio sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del presente decreto entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

Certificazione della parità di genere dal 1° gennaio 2022, di cosa si tratta? (art.4 L.162/21 – introduce art.46-bis D.Lgs. 198/06)

L’articolo 4 della Legge n.162/21 introduce l’art. 46 bis del D.Lgs. n.198/2006 e prevede l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della certificazione della parità di genere, al fine di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.

Le aziende private che ne entreranno in possesso al 31 dicembre dell’anno precedente, otterranno uno sgravio contributivo parziale (si veda il dettaglio dell’art.5 del testo del Provvedimento in basso).

Certificazione della parità di genere: i decreti in arrivo

L’art. 46 bis avvisa che uno o più prossimi Decreti definiranno:

  • i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende con più o meno di 50 dipendenti, in particolare con riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera;
  • le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri territoriali e regionali di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei suddetti parametri;
  • le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.

Il Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere

L’articolo 46-bis istituisce, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da rappresentanti:

  • del Dipartimento per le pari opportunità;
  • del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • del Ministero dello sviluppo economico;
  • delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali;
  • da esperti, individuati (secondo modalità definite con successivi decreti).

Premi per le aziende in possesso della parità di genere

In base all’art. 5 della Legge n.162/2021 per l’anno 2022, alle aziende private che siano in possesso della certificazione della parità di genere (di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità come modificato dalla Legge stessa), è concesso, nel limite di 50 milioni di euro, un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

L’esonero è determinato in misura non superiore all’1 per cento e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile, con decreto interministeriale (Ministero del lavoro/Ministero economia e Ministro delegato per le pari opportunità) da adottare entro il 31 gennaio 2022, assicurando il rispetto del limite di spesa di 50 milioni di euro (le risorse derivano dal Fondo sociale per occupazione e formazione).

Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere viene riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Premialità per la certificazione di genere e gare pubbliche

Le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere.
Per le procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021, e dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, nonché dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) resta in ogni caso fermo quanto previsto dall’articolo 47 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108.

APPROFONDIMENTO – Discriminazioni sul lavoro e gestione dei rischi psicosociali

Le Discriminazioni sul luogo di lavoro e la corretta gestione delle diversità, anche di genere, si intrecciano strettamente con la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e del benessere organizzativo.

Le discriminazioni sul lavoro possono essere conseguenza di una carente gestione delle diversità e rappresentano altri fattori importanti in relazione alle condizioni sociali e organizzative dell’impresa.
Se ben gestite le diversità (ad es. di genere, di età, di provenienza e cultura, di abilità, ecc.) possono portare a benessere e produttività, se mal gestite possono condurre a discriminazioni, a stress, a violenze in diversa forma e a inefficienze organizzative.

Si tratta quindi valutare attentamente i fattori psicosociali che vengono definiti come gli aspetti della progettazione e gestione del lavoro, e del suo contesto sociale e organizzativo,

  • che hanno il potenziale di causare danno psicologico o fisico (ripresa da EU-OSHA, 2012),
  • oppure come il potenziale che hanno le caratteristiche della situazione sociale ed organizzativa di produrre una diminuzione, o di impedire l’aumento, del benessere, della salute e dell’incolumità delle persone (Bisio, 2009).

Antonio Mazzuca

Coordinamento editoriale Portale InSic.it -redattore giuridico Laurea in Giurisprudenza in Diritto europeo (LUISS Guido Carli 2006) e Master in "Gestione integrata di salute e sicurezza nell'evoluzione del mondo del lavoro" INAIL-Sapienza (I° Ed. 2018-19). Formatore certificato in salute e sicurezza sul lavoro dal 2017 per Istituto Informa e RLS per EPC Editore. Esperto in sicurezza sul lavoro e amministratore del Gruppo Linkedin Ambiente&Sicurezza sul Lavoro. Content editor e Social media per InSic.it su Linkedin e X (ex Twitter). Contatti: Linkedin Mail: a.mazzuca@insic.it