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Politiche della prevenzione: confronto Italia- UE

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INAIL riporta le conclusioni di un seminario dal titolo: “La prevenzione nei luoghi di lavoro: un confronto tra esperienze europee”, organizzato dall’Istituto venerdì scorso 19 giugno, con il patrocinio dell’Issa che ha permesso un confronto con rappresentanti degli enti di assicurazione infortuni di Danimarca, Germania e Regno Unito.


Dopo aver affrontato un anno fa il problema degli infortuni e delle malattie professionali in relazione all’attività di ricerca, riabilitazione e reinserimento, il seminario di quest’anno ha dato il via a un processo di studio pratico sulle politiche di prevenzione, attraverso la presentazione di storie, soluzioni, esperienze e progetti in fieri nei quattro Paesi al centro della discussione.
L’approfondimento, in particolare, ha seguito due itinerari sviluppati in altrettanti tavoli di confronto: il primo incentrato su strumenti, metodi e tecniche – dall’analisi dei dati alla ricerca, dalla formazione agli incentivi e alla vigilanza – e il secondo sugli assetti istituzionali, che ha preso in considerazione le varie normative di riferimento e il ruolo di lavoratori e datori di lavoro nelle politiche attive di prevenzione.

Secondo il presidente INAIL De Felice “il punto focale riguarda il potenziamento dei database. L’analisi dei dati, infatti, è una precondizione per l’approntamento dei programmi di prevenzione, per individuare le aree di rischio, per definire le priorità nella scelta delle azioni, per valutarne l’effetto e introdurre correttivi. L’esperienza del nostro Istituto, documentata nei suoi quaderni di ricerca, potrebbe essere utile per avviare un confronto a livello europeo”. E si punta alla confrontabilità: “In questo confronto, secondo De Felice, assume un’importanza rilevante “il problema delle metodologie di analisi dei dati su infortuni e malattie, della loro condivisione e coordinamento, per la pubblicazione di risultati confrontabili”. Nel caso delle tecnopatie il problema è ancora più delicato perché “in linea di principio non è sempre possibile dare un criterio oggettivo per qualificare una malattia come di professionale”. Il “nesso causale”, che deve essere individuato per far dipendere la patologia da una causa dovuta all’attività lavorativa svolta, in generale non è infatti “accertabile con certezza, per il possibile concorso di più cause anche extra lavorative e per il peso, difficile da quantificare, delle correlazioni”.

A proposito della vigilanza, il presidente INAIL ha ricordato che “La disponibilità di banche dati, procedure statistiche, in particolare di business intelligence, e protocolli per il risk management – ha aggiunto il presidente dell’Inail – sono strumenti da potenziare anche per rendere efficace l’attività di vigilanza. È riconosciuto che la vigilanza non possa più essere solo uno strumento sanzionatorio, ma debba essere rilevante nel processo complessivo di controllo e valutazione della rischiosità e di aiuto alle imprese, per fornire conoscenza sui cosiddetti ‘risk driver’ caratteristici dei macchinari e dei processi di lavoro”. Per De Felice, inoltre, “come per la vigilanza su banche, assicurazioni e imprese quotate, anche nella tutela della sicurezza dei processi di lavoro, la qualità dei controllati dipende dalla qualità dei controlli e dei controllori. Ispettori altamente qualificati, processi ben articolati e standardizzati possono essere strumenti efficaci per migliorare le politiche aziendali”.

Quanto agli incentivi: De Felice ha sottolineato che “non è facile costruire meccanismi automatici incentivanti, perché si possono creare effetti di ritorno perversi”, come dimostra “il meccanismo di bonus-malus che regola molti criteri di definizione del premio di assicurazione e può indurre a non denunciare o a ‘mascherare’ l’infortunio”. Per il presidente dell’Inail, “diversa è la tecnica del finanziamento di progetti specifici, finalizzati a rendere più sicuri macchinari, prassi e processi di lavoro”, come quella adottata dall’Istituto attraverso i bandi Isi, perché “è un’azione che può avere effetti non solo sulla sicurezza, ma anche sul miglioramento dell’efficienza produttiva e, più in generale, sulla crescita economica e culturale delle aziende”.

Per quanto concerne invece il confronto fra i sistemi di prevenzione si riporta che in Danimarca, per esempio, sussiste un corpo normativo molto dettagliato composto da 27 linee guida, che fanno riferimento a parole chiave quali “finanziamento”, “informazione”, “assistenza” e “formazione” e sul focus mirato dell’innovazione dell’organizzazione del lavoro. Anche il Regno Unito ha un corpo significativo di linee guida, nel quale tuttavia spicca – come parola chiave aggiuntiva – la ricerca, intesa in particolare come attività ex post, stimolata a seguito di infortuni e tragedie alle quali si propone di proporre soluzioni. Se in Germania la prevenzione è materia disciplinata da normative secondarie – anche emanate da istituti assicurativi – e la ricerca è intesa come studio a tutto campo, sia sull’organizzazione del lavoro che sull’innovazione delle tecnologie utilizzate, in Italia vige, invece, il Testo unico sulla sicurezza (dlgs 81/2008), cui si accompagna un ventaglio di altri fattori di rilievo: dagli incentivi di carattere economico, alla ricerca orientata alla prevenzione, alla premialità di carattere assicurativo.
La comparazione ha toccato anche la titolarità in materia di salute e sicurezza sul lavoro che appartiene allo Stato centrale e delle Regioni e Province autonome in Italia; allo Stato federale, dei Länder e agli Istituti assicuratori in Germania. Anche i sistemi assicurativi variano, da Paese a Paese: mentre in Germania e Italia vige un monopolio pubblico, in Danimarca viene stipulata una polizza con le compagnie private sulla base di “contratto tipo” fissato per legge e il Regno Unito è caratterizzato da un sistema misto che contempera, insieme, un livello minimo garantito dalla fiscalità generale e una polizza stipulata con compagnie private in relazione a un contratto tipo fissato dalla legge.
La comparazione fra sistemi sanzionatori, si sottolinea sono marcate: in Danimarca l’Agenzia per l’ambiente di lavoro (Dwea) commina sanzioni che vanno dal semplice invito a risolvere il problema fino alla chiusura dell’attività per i recidivi o gli inadempienti, così come nel Regno Unito il Comitato esecutivo per la Salute e la sicurezza sul lavoro (Hse) assegna sanzioni che, nei casi di recidività o inadempienza, possono portare alla chiusura dell’attività. In Germania, invece, gli ispettori svolgono un’attività di consulenza che, se non attuata, dà luogo a sanzioni pecuniarie e nei casi più rilevanti all’arresto, mentre in Italia vige un sistema articolato basato su tre direttrici: il Servizio ispettivo e il Servizio sanitario che svolgono funzioni di ufficiale giudiziario e comminano sanzioni; l’Inail Ricerca che rilascia, o nega, omologazioni per attrezzature e impianti; i Vigili del fuoco e il ministero dello Sviluppo che rilasciano o negano autorizzazioni di esercizio.

Redazione InSic

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