Quadro Strategico UE per la SSL: riflessioni per il contesto italiano

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“Anche un solo morto sul lavoro è troppo”, ha affermato il commissario Ue per l’occupazione e i diritti sociali, Nicolas Schmit. Parole analoghe a quelle utilizzate in Italia quando si verifica l’ennesima tragedia sul posto di lavoro: in base ad uno studio realizzato da Youtrend e basato sui dati INAIL tra il 2015 ed il 2019 si sono verificati in media 1.072 infortuni mortali all’anno (con una media, sempre annuale, di 642mila incidenti sul lavoro).

Le parole di Schmit sono state pronunciate in occasione della presentazione del Quadro strategico europeo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro 2021-2027, pubblicato il 28 giugno scorso (vedi l’approfondimento su InSic -n.d.r.) .

Quadro strategico europeo per la salute e sicurezza sul lavoro per un lavoro che cambia

Considerando come il nostro D.Lgs 81/08 sia nel complesso il recepimento delle varie Direttive europee, è opportuno analizzare e capire quali saranno i principi ispiratori sulla salute e sicurezza da parte di Bruxelles nei prossimi anni e, di conseguenza, le ricadute sulla nostra normativa.

Rispetto alle prime Direttive sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro promulgate a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, il mondo del lavoro è cambiato. Come si legge nella parte iniziale del Piano “per una certa parte dei lavoratori dell’UE, il concetto di luogo di lavoro sta diventando più fluido ma anche più complesso con l’emersione di nuove forme di organizzazione, modelli di business e industriali”.

I principi ispiratori del Quadro SSL 2021-2027

Il Piano, dunque, individua tre parole-chiave per agire in questo nuovo contesto:

  1. Anticipare e governare i cambiamenti in un nuovo mondo del lavoro contraddistinto da transizioni verde, digitale e demografica;
  2. Migliorare la prevenzione di infortuni e malattie professionali;
  3. Aumentare la preparazione per eventuali future crisi sanitarie, memori della pandemia che ancora oggi stiamo affrontando.

Quadro strategico europeo per la salute e sicurezza: quali direttive verranno aggiornate?

In uno scenario di estremo cambiamento tecnologico, si presenta l’esigenza di aggiornamento di due Direttive fondamentali in materia di salute e sicurezza:

  • la prima sui luoghi di lavoro (Direttiva 89/654/CE), recepita nel Titolo II del D.Lgs 81/08;
  • la seconda sui videoterminali (Direttiva 90/270/CE), contenuta all’interno del Titolo VII.

Direttiva Macchine

Altra proposta è rappresentata da una terza revisione riguardante la Direttiva Macchine.  Anche in questo caso, l’ultima revisione risale al 2006, quindici anni fa, un’era geologica rispetto al progresso ed evoluzione tecnologica.

Radiazioni ottiche e CEM

Con tutte queste tecnologie che sono, al contempo, fonti di esposizione a radiazioni, diviene di particolare interesse dare impulso a nuovi studi ed analisi sull’esposizione dei lavoratori alle radiazioni ottiche e ai campi elettromagnetici.

Agenti chimici

Così come è di interesse l’osservazione di come sostanze altamente tossiche per l’uomo, come cobalto e piombo siano utilizzate nelle tecnologie delle energie rinnovabili. Dunque, diventa di particolare importanza intervenire sul valore limite di esposizione per il piombo e porre un limite per il cobalto. Allo stato attuale, l’allegato XXXVIII del D.Lgs 81/08 riporta un valore limite per il piombo inorganico ed i suoi composti di 0,15 mg/m3 per otto ore lavorative. Il piombo è anche una sostanza reprotossica, tema affrontato dallo stesso Piano europeo.

Come si legge nel punto dedicato agli infortuni e alle malattie professionali, la volontà della Commissione è concentrare un’attenzione particolare a tali sostanze che sono tossiche per la funzione sessuale, per la fertilità e per lo sviluppo del feto.

Il Piano ricorda come i decessi causati da cancro lavoro-correlato sono stimati in 100.000. Inoltre, è fatta menzione di come alcune sostanze siano già in fase di valutazione per fissare un valore limite di esposizione: tra di esse ritroviamo i già noti composti del nichel ed il benzene, nonché sostanze dal nome più sconosciuto ma non meno utilizzate in vari comparti industriali, come l’acrilonitrile, utilizzato nei materiali termoplastici.

Amianto

La transizione ecologica prevede anche interventi di natura strutturale sugli edifici. Edifici che in Italia fino al 1992 hanno visto la possibilità di utilizzo dell’amianto. In Europa, l’amianto rappresenta ancora oggi la causa tra il 55% e l’85% dei tumori lavoro-correlati. Si stima che l’aumento della mortalità proseguirà fino alla fine del prossimo decennio. La legislazione in Italia in materia è all’avanguardia: il divieto di utilizzo in qualsiasi forma è fissato dalla Legge 27 marzo 1992 n.257.

I dati dell’Osservatorio nazionale amianto

L’Osservatorio Nazionale Amianto stima ancora la presenza di 58 milioni di metri cubi di coperture in cemento-amianto e di 40 milioni di materiali contenenti amianto. Le azioni di prevenzione, tese alla vigilanza e al controllo dei cantieri di bonifica, rappresentano elemento essenziale per evitare conseguenze drammatiche: nel 2020 i casi di mesotelioma sono stati 2000 con un indice di mortalità del 93% a 5 anni; i casi di tumore al polmone asbesto-correlato sono stati 4000 con mortalità a 5 anni dell’88%; 600 i casi di asbestosi con mortalità del 25% a 5 anni; altre malattie asbesto-correlate hanno fatto registrare 2000 casi con un indice di mortalità del 50% a 5 anni. Numeri allarmanti, considerato anche il picco che verrà raggiunto tra il 2025 ed il 2030.

Diseguaglianze sul lavoro

Una riflessione non scontata contenuta nel documento è rappresentata dal combattere le diseguaglianze nei luoghi di lavoro. Nel Piano è citato un esempio: “la pandemia ha messo in luce i rischi di strumenti ed attrezzature non adattati (ad esempio, le donne nel settore sanitario che devono indossare dispositivi di protezione individuale progettati per gli uomini)”.

 Per evitare disparità, è dunque necessario garantire la rappresentanza di genere nelle consultazioni dei lavoratori; la formazione adattata alla situazione personale dei dipendenti; il riconoscimento dei rischi in occupazioni che fino ad ora sono stati considerati compiti leggeri, quali colf e badanti.

Come cambiare l’approccio alla cultura della sicurezza: alcune riflessioni

Ripartire dalla Formazione

La formazione è uno strumento fondamentale. Pensando al nostro Paese, quella che manca è sicuramente una cultura della sicurezza a trecentosessanta gradi.

Nell’indagine INAIL Insula 2 del 2021, rivolta ai datori di lavoro e ai lavoratori emerge un dato abbastanza chiarificatore della situazione: “La maggior parte dei rispondenti percepisce poco o per niente la presenza di rischi per la SSL nella propria azienda, si sente poco o per niente esposta a rischi per la SSL, ha poca o per niente paura di ammalarsi o di infortunarsi a causa del proprio lavoro”.

Come è esemplificato da queste parole, bisogna cambiare l’approccio alla formazione. Non può e non deve essere un mero passaggio burocratico a cui adempiere per evitare la sanzione. Deve invece essere un vero processo formativo che porti alla consapevolezza del compito, dei rischi, delle misure. E anche delle conseguenze.

Documento CIIP su formazione: il cambio di approccio

Interessante a riguardo è un passaggio del Documento sulla formazione predisposto dalla CIIP – Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (leggi qui la nostra analisi del Documento):

“Tra i temi utili per approcciare la sicurezza e la salute sul lavoro dovrebbe essere inserita anche la conoscenza delle conseguenze di un lavoro svolto non in sicurezza e con modalità poco favorevoli a scongiurarne la possibile nocività (…) mostrando ‘plasticamente’ cosa può succedere a chi svolge quelle mansioni e perché accade. Che un’organizzazione del lavoro in tutta la catena gestionale e quindi anche i singoli lavoratori non riconoscano i rischi e non ne siano consapevoli è certamente uno degli aspetti emblematici che stanno alla radice dei fenomeni di danno nei luoghi di lavoro (…)”.

Campagne di sensibilizzazione e controlli

Una campagna di sensibilizzazione per comparti lavorativi sarebbe un ottimo strumento per riuscire a prevenire, così come sarebbe di fondamentale necessità rimpolpare gli organici sguarniti delle strutture di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro delle Aziende sanitarie locali.

“Più controlli” non vuol dire più burocrazia e repressione; più controlli vuol dire aiutare e “accompagnare” i vari attori del mondo del lavoro nel comprendere nella giusta percezione i rischi presenti e nell’adottare le misure di prevenzione e protezione che evitino alla fine dell’anno di dover contare almeno un migliaio di persone che non torneranno nelle proprie abitazioni, nonché persone che avranno per tutta la vita un’invalidità causata dal lavoro.

Il coinvolgimento delle scuole

La sensibilizzazione dovrebbe però coinvolgere anche le scuole, dove sono presenti i lavoratori di domani. Iniziative meritorie sono presenti, ma ancora troppo poche: un esempio per tutti è il progetto della regione Emilia-Romagna “Studenti attivi in sicurezza” coordinato dall’Azienda USL di Reggio Emilia.

Attività di prevenzione in Industria e Agricoltura

È sicuramente importante volgere lo sguardo alle attività di prevenzione legate alle tipologie lavorative già presenti in epoca pre-pandemica e, di certo, ancora più presenti dopo. Non si possono però trascurare anche tutte quelle realtà che richiedono magari meno tecnologia, ma più manualità: le fabbriche e l’agricoltura.

Secondo dati di Unioncamere, in Italia le imprese esistenti al 2019 ammontano a 6.091.971 unità. Si consideri, per fare un unico e solo esempio, come le imprese metalmeccaniche presenti siano 200 mila con 1.600.000 addetti (fonte: Federmeccanica).

Consideriamo i dati sugli infortuni nel 2020. Con due annotazioni: il condizionamento dovuto alla pandemia e la sottostima dei dati dovuta alle mancate denunce. Gli infortuni sono stati 554.340 con 1.270 mortali (+181 rispetto al 2019). I settori più interessati restano Industria e servizi (487.369) e Agricoltura (26.287).

I nuovi scenari lavorativi

È dunque fondamentale considerare e analizzare i nuovi scenari lavorativi: valutare le posture, il diritto alla disconnessione, gli schermi dei dispositivi tecnologici per agire sulla salute ed evitare disturbi muscoloscheletrici, visivi e psico-sociali.

Ma ciò dev’essere accompagnato con il lavoro di controllo e prevenzione sulla sicurezza, nonché sulla salute, nelle industrie e nelle aziende agricole, dove i numeri dicono che si muore di più.

Riders e infortuni in itinere

Così come è fondamentale non dimenticare le categorie di lavoratori più svantaggiati. Si rimanda alla situazione dei rider, di cui molti si sono serviti per le consegne a domicilio durante i lockdown.

Diventa fondamentale poter valutare i rischi di questa nuova tipologia di lavoratori: uno solo per tutti, l’elevato rischio di infortuni in itinere.

Solo con più organico ASL e una cultura della sicurezza che coinvolga i lavoratori di oggi e di domani è possibile prevenire infortuni e malattie professionali, così da non doversi ritrovare ogni anno a dover fare una Spoon River su chi non tornerà più a casa.

Per approfondire sul Piano Strategico UE per la salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027

Quadro strategico UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro: gli obiettivi della Commissione per il 2021-2027 – InSic

Alfredo Gabriele Di Placido

Di Alfredo Gabriele Di Placido - Tecnico della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro