Sanità e risposta alla pandemia: quali errori, quali lezioni? un report ETUI

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Dall’ETUI un interessante Speciale Monografico in inglese dal titolo: “Our failure to prevent known risks – Occupational safety and health in the healthcare sector during the COVID-19 pandemic” cerca di investigare gli errori fatti nella gestione di salute e sicurezza sul lavoro nel settore sanitario durante l’attuale fase pandemica da COVID-19.

Quattro le considerazioni sviscerate nel Documento:
1. una riflessione sulle difficili condizioni di lavoro degli operatori sanitari in prima linea nella lotta alla pandemia, mettendo a fuoco l’importanza dell’eliminazione delle disuguaglianze di genere sul lavoro;
2. La necessità che tutti gli operatori sanitari abbiano pari protezione in materia di salute e sicurezza;
3. La necessaria riorganizzazione della gestione della sicurezza sul lavoro riconoscendo anche l’importanza della prevenzione dei rischi psicosociali cui è esposto il personale;
4. le misure nel settore sanitario per essere efficienti, devono essere applicate in senso “democratico”.

COVID-19: le criticità della normativa europea di SSL per il settore sanitario

Per quanto riguarda gli strumenti, anche normativi di risposta all’emergenza epiedemiologica gli autori del Paper sottolineano che i rischi derivanti dalla SARS-CoV-2 dovrebbero essere affrontati in linea con la direttiva sugli agenti biologici dell’UE, Direttiva 2000/54/CE e mediante una capacità centralizzata rafforzata dell’Unione europea per il monitoraggio e la risposta alle emergenze sanitarie.

Come mitigare e prevenire l’impatto della pandemia?

Secondo gli autori la SarsCov-2 dovrebbe classificata come una malattia professionale, garantendo la disponibilità di dispositivi di protezione individuale (DPI) e test per gli operatori sanitari, e coinvolgendo i lavoratori in tutti gli aspetti dell’organizzazione del lavoro
Si ribadisce al contempo che la crisi da coronavirus debba innescare un cambiamento trasformativo nell’economia dell’assistenza, portando alla valorizzazione del lavoro di cura, e ad una maggiore trasparenza retributiva, pieno riconoscimento dei rischi pisco-sociali (quali violenza e molestie nel mondo del lavoro) incrementando le misure per promuovere maggiore uguaglianza nei livelli di tutela della salute sul lavoro, una pianificazione sostenibile della forza lavoro sanitaria e l’inclusione dell’aspetto di genere attualmente assente nella legislazione dell’UE sulla sicurezza sul lavoro.

Come il COVID-19 a cambiato il settore sanitario?

Uno degli effetti “positivi” della pandemia è l’aver portato nel linguaggio e nel dibattito e nella consapevolezza comune, numerosi termini medici e tecnici: ogni giorno, spiegano gli autori di ETUI sentiamo parlare e acquisiamo le conoscenze su respiratori, maschere e dispositivi di protezione individuale.
Non sono al contempo sfuggite le precedenti misure di austerità ed il loro effetto sulle risorse a disposizione degli operatori sanitari a seguito dei tagli alla spesa sanitaria per il personale e le attrezzature e in formazione in risposta alle pressioni fiscali innescate dalla crisi economica del 2008.
Questi tagli al budget, sostiene ETUI, hanno colpito le donne sproporzionatamente, che costituiscono la maggioranza dei lavoratori nel settore pubblico, e in particolare nel settore sanitario. Tali risparmi a breve termine avrebbero portato a risultati negativi, conseguenze diseguali ne i risultati di salute e maggiori rischi per la sicurezza del personale a lungo termine.
Il COVID-19 ha amplificato questi rischi, come dimostrato dalla mancanza di capacità dei servizi sanitari a rispondere al forte aumento della domanda di assistenza sanitaria. Conseguentemente, la situazione della salute e della sicurezza sul lavoro (SSL) degli operatori sanitari è peggiorata soprattutto nella questione di genere, per la quale il sistema europeo di salute e sicurezza risulta essere essenzialmente genderblind.

Redazione InSic

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