Stampa 3D: uno studio EU-OSHA sui potenziali rischi sul lavoro

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EU OSHA ha pubblicato un nuovo studio sui rischi correlati all’utilizzo di nuove tecnologie sul lavoro, in particolare sull’utilizzo domestico e sul lavoro della tecnologia di stampa in 3D (la cosiddetta produzione additiva) e i potenziali nuovi rischi in termini di responsabilità, materiali utilizzati, flessibilità dei modelli di produzione e rischi sul posto di lavoro.
Il Discussion Paper “3D PRINTING AND ADDITIVE MANUFACTURING -THE IMPLICATIONS FOR OSH” in lingua inglese, liberamente scaricabile, spiega in cosa consiste questo particolare tipo di stampa e le tecnologie utilizzate, così come l’utilizzo di nuovi materiali di produzione. Ed i rischi per la salute, oltre ad una riflessione sullo sviluppo di questa particolare tecnologia, citata in un articolo dell’Economist del 2012, come facente parte di una terza rivoluzione industriale che non si è mai realmente compiuta (e si sarebbe invece risolta in una “rivoluzione post industriale”).

Materiali utilizzati nella stampa 3D e rischi per la salute

I materiali utilizzati nella stampa 3D in un contesto industriale differiscono da quelli utilizzati in un ambiente domestico. In quest’ultimo caso, i materiali più comunemente usati sono l’acido polilattico biodegradabile (PLA) e l’acrilonitrile butadiene stirene (ABS), una plastica a base di olio e quindi più tossica.
Nello studio si spiega che fra i materiali più utilizzati c’è anche la poliammide, una plastica a base di olio, in forma liquida e in polvere: durante il riscaldamento viene rilasciato del fumo tossico, per il quale EU_OSHA raccomanda una adeguata ventilazione del luogo di lavoro o di chiudere la stampante per impedire che le emissioni si diffondano nell’aria di lavoro. Altri materiali impiegati industrialmente sono i polisolfoni (PSU) e il polifenilsolfone (PPSU), che sono materie plastiche sintetiche che richiedono misure di sicurezza in termini di ventilazione e movimentazione delle attrezzature.
Ricerche svolte sulla stampa 3D hanno poi dimostrato poi che le stampanti 3D sono in grado di emettere grandi quantità di particelle ultrafini (UFP, particelle inferiori a 100 nm) e alcuni composti organici volatili pericolosi (VOC) che possono essere rilasciati durante la stampa, (sono comunque ancora pochi i test effettuati). Le sostanze chimiche di plastica, come le resine epossidiche, vengono utilizzate in stereolitografia e anche per il trattamento superficiale di oggetti stampati e possono causare la dermatite da contatto allergica. Non devono dunque essere toccati i prodotti chimici in plastica e andrebbe evitata la contaminazione delle superfici e dei vestiti

Stampa 3D e possibili misure di prevenzione

L’impatto quotidiano di una stampante 3D sulla salute è comunque ancora limitato, secondo EU-OSHA: ci saranno rischi ma limitati, tanto più che si tratta di una macchina che richiede relativamente poco coinvolgimento manuale, e la maggior parte dei materiali utilizzati sono noti, così come sono noti i loro effetti sulla salute per emissione di gas, esposizioni di materiali, movimentazione dei materiali e elettricità statica.
L’utilizzo di stampanti 3D, sottolinea l’Agenzia europea, pone in realtà nuovi rischi in termini di sicurezza che afferiscono a cambiamenti dell’orario di lavoro, nuove responsabilità, emersione di forme di monotonia e atteggiamenti routinari, e vanno tenuti certamente d’occhio i nuovi sviluppi in termini di formazione all’uso delle attrezzature ed i rischi per la sicurezza derivanti dall’introduzione di macchinari sperimentali. EU-OSHA raccomanda vivamente di rispondere a questi cambiamenti nell’ambiente di lavoro a livello europeo e non nazionale, in quanto la stampa 3D è parte di un’economia globale e la risposta non può che essere la più condivisa e armonizzata possibile.

Redazione InSic

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