Il 12 marzo si celebra la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari.
La ricorrenza, istituita dalla Legge 14 agosto 2020, n. 113 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, è un’occasione per sensibilizzare sull’aumento delle aggressioni verso medici, infermieri e personale socio-sanitario, e promuovere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e di cura.
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Le cause delle aggressioni nei confronti di medici e operatori sanitari
In concomitanza con la ricorrenza, la Federazione nazionale dei medici e degli odontoiatri (FNOMCeO) e il Censis hanno presentato il III Rapporto “Centralità del medico e qualità del rapporto con i pazienti per una buona sanità. Alle origini della criticità della condizione dei medici nel Servizio sanitario”.
La FNOMCeO ha anticipato alcuni dati, il Rapporto integrale sarà presentato, in Senato, a fine marzo.
Cosa dicono i dati: il nuovo Rapporto FNOMCeO-Censis
Il focus del Rapporto è sulle cause delle aggressioni, spesso riconducibili alla carenza di personale e alla difficoltà di garantire un’adeguata relazione medico-paziente.
L’indagine si basa su un doppio campione rappresentativo: 1.000 cittadini e 500 medici. I risultati evidenziano un forte scollamento tra le aspettative dei pazienti e la realtà vissuta e un’incrinatura nel rapporto medico-paziente, con il 66,4% dei cittadini che lamenta la forte carenza di medici e infermieri. Più della metà dei cittadini ha avuto esperienze negative nei pronto soccorso, contesti ad alto rischio di stress e conflitto.
Definizione e contesto: cos’è la violenza sul posto di lavoro
Con il termine “violenza sul posto di lavoro”, ci si riferisce sia a tutti gli episodi di violenza di terza parte, che alle molestie, includendo incidenti in cui gli operatori vengano fatti oggetto di abusi, minacce, aggressioni o comportamenti e azioni offensive in situazioni correlate al loro lavoro.
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza sul posto di lavoro come: “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”.
Fattori di rischio e contesti vulnerabili
Nonostante i singoli atti di violenza possano essere imprevedibili, le situazioni in cui tali atti hanno probabilità di verificarsi non lo sono completamente.
Infatti, secondo il NIOSH e l’ILO, il rischio di aggressione è elevato in tutte le situazioni di lavoro che prevedono:
- contatto diretto con il pubblico o con soggetti fragili;
- gestione di beni di valore o medicinali;
- interventi in aree isolate o ad alto tasso di criminalità;
- il lavoro in orari notturni;
- lo svolgimento di ispezioni o controlli;
- attività in ambito sanitario, sociale ed educativo.
I settori maggiormente coinvolti
Le attività sanitarie, d’altro canto, sono sempre state il settore a più alto tasso di violenza fisica contro gli operatori portata dai pazienti, dai loro parenti o dai visitatori.
In particolare, gli infermieri sono i più esposti, vista la frequenza dei contatti con i pazienti. Tuttavia, nessuna figura professionale è completamente al sicuro da queste dinamiche.
Altri settori produttivi in cui è riscontrabile un’alta frequenza di violenza fisica sono: i trasporti, il commercio, la ristorazione, l’istruzione. Nessun tipo di lavoro, purtroppo, è esente dal rischio di violenza. La violenza è un problema globale.
Le conseguenze organizzative e psicologiche della violenza
La violenza sul luogo di lavoro ha ripercussioni gravi non solo sul benessere psicofisico degli operatori, ma anche sull’intera organizzazione: aumentano l’assenteismo, il turn-over, cala la motivazione, peggiora l’immagine aziendale e si deteriorano i rapporti con i pazienti.
Per prevenire questi effetti, è fondamentale che ogni organizzazione predisponga protocolli di intervento, affidando al medico competente un ruolo centrale nel monitoraggio e nella gestione dei rischi. L’obiettivo deve essere quello di adottare azioni mirate, basate sull’analisi delle cause profonde degli episodi violenti (root cause analysis), per ridurre al minimo la possibilità che si ripetano.
Prevenzione e formazione: strumenti fondamentali
Una corretta mappatura delle aree a rischio, e delle situazioni a rischio, affiancata da azioni formative specifiche, può contribuire ad arginare un fenomeno che sta diventando strutturale. Serve un impegno sinergico tra direzioni sanitarie, enti di riferimento e professionisti della sicurezza sul lavoro per promuovere e garantire ambienti di lavoro più sicuri e protetti per tutti gli operatori coinvolti.
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