Responsabilità del RSPP per mancata previsione del rischio specifico?

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Un quesito presentato alla Ambiente&Sicurezza sul lavoro riguard la possibilità che un RSPP sia condannato per omicidio, per mancata previsione del rischio specifico di caduta dall’alto. Risponde Rocchina Staiano Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo

Il Quesito
E’ possibile che un RSPP possa essere condannato penalmente per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di un lavoratore precipitato dall’alto durante l’esecuzione dei lavori, evidenziando in proposito che anche il RSPP, nella sua qualità, avrebbe dovuto prevedere lo specifico rischio caduta dall’alto ove avesse operato con la dovuta diligenza?
Secondo l’Esperto
L’obbligo dei titolari della posizione di sicurezza in materia di infortuni sul lavoro è articolato e comprende non solo l’istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la effettiva predisposizione di queste, il controllo, continuo ed effettivo, circa la concreta osservanza delle misure predisposte per evitare che esse vengano trascurate o disapplicate nonché il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione. Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurando anche l’adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al minimo i rischi connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell’art. 40, comma 2, c.p..
La responsabilità del datore di lavoro non esclude, però, la concorrente responsabilità del RSPP. Anche il RSPP, infatti, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (Cass. pen., Sez. IV, 20 aprile 2011, n. 28779). Di conseguenza, in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico – Cass. Pen. N. 22233 del 2014 – di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri.

Redazione InSic

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