Il 9 ottobre Tor Vergata ha aperto le porte al Forum Giuridico in Sanità, evento promosso dal Forum Risk Management, l’Università di Roma Tor Vergata, Gutenberg, PTV e SIMEDET: l’evento ha fatto il punto sul dibattito sull’inquadramento della colpa professionale, arginando il ricorso alla “Medicina difensiva”.
Il dibattito si è poi spostato sugli orizzonti della “depenalizzazione medica” e dei tentativi di allargamento della non punibilità degli operatori, spostando il focus sui profili della colpa in sanità e cercando un parametro ragionevole nella valutazione del comportamento degli operatori sanitari.
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I temi del Forum Giuridico in Sanità 2023
Tra gli appuntamenti di rilievo, finalizzati a produrre conoscenza e confronto in materia di gestione del rischio in sanità e diritti degli operatori sanitari, spicca il Forum Giuridico in Sanità, promosso dal Forum Risk Management, l’Università di Roma Tor Vergata, Gutenberg, PTV e SIMEDET, che il 9 ottobre 2023 hanno organizzato un evento tematico a 360° che ha visto riunire una faculty di eccezione ed una relazione in vdc del Senatore Sisto F.P., Viceministro della Giustizia.
Presieduto dal Prof. Marsella L.T. e realizzato con il contributo scientifico del Dott. Macrì P.G., il Dott. Giannotti V., e molti dirigenti sanitari quali il Dr. Canini F., Dr. Capuano F., Dr. Casalino P., che hanno formulato un programma scientifico di elevata qualità, composto da tre sessioni tematiche ed una tavola rotonda sulle esperienze dei Centri Regionali di Gestione del Rischio Clinico.
Finalizzato ad approfondire la legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), il 6° Forum Giuridico ha ricevuto molti consensi ed ottenuto il patrocinio di diverse istituzioni nazionali, tra cui l’UNPISI, per la capacità di integrare le competenze e mettere a confronto giuristi, medici legali, risk manager ed operatori sanitari dell’area tecnica, diagnostica, riabilitativa e preventiva.
Colpa professionale in sanità e medicina difensiva
La normativa, entrata in vigore nell’aprile 2017, con il fine specifico di arginare il fenomeno della cosiddetta “medicina difensiva”, esordì con un testo poco lineare, sensibile di vari dubbi interpretativi in campo applicativo giudiziale, a cui sono seguiti alcuni interventi interpretativi del testo originario, fino ad arrivare alla recente disamina di decreti attuativi, le cui modalità concrete di applicazione appaiono ancora controverse.
La prima sessione della giornata, moderata dalla Dott.ssa Santaroni A.P., è stata introdotta dall’intervento pragmatico del Dott. Quintavalle G., Direttore Generale PTV, che ha parlato di “inquadramento giuridico della colpa professionale”, affermando altresì che “la medicina difensiva sta diventando così difensiva che è ormai fuori controllo e che al centro c’è e dovrà rimanere l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, nella consapevolezza che non sarà il PNRR ad offrirci le soluzioni che attengono, di fatto, alla multidisciplinarietà delle equipe sanitarie”.
Depenalizzazione medica: che strategie usare
Tra i diversi e qualificati contributi presentati, dirimente è stata la relazione del Prof. Cupelli C., Ordinario Diritto Penale, Università di Roma Tor Vergata, nell’affermare che nonostante la strada della “depenalizzazione medica” sia interessante da un certo punto di vista, si scontra però contro due rischi: il primo è un rischio di carattere politico, perché si tratterebbe di un provvedimento che richiederebbe una presa di posizione molto forte e anche impopolare, proprio per le ragioni che attengono al ruolo delle vittime “vere” o “presunte” che spingono e premono anche sull’opinione pubblica e sulle istanze della politica, e dall’altro perché effettivamente lasciare impunite una serie di condotte caratterizzate da una grave negligenza o da una grave imperizia potrebbe esporci ad un contrasto con l’articolo 32 della Costituzione.
Cupelli ha suggerito di orientarsi a coniugare le legittime aspettative degli operatori sanitari con le esigenze della ragion pratica, e dunque cercare una soluzione ragionevole che consenta effettivamente però di arginare il meccanismo noto come medicina difensiva, basato sulla ricostruzione dei fatti ex post. Ha auspicato inoltre che la stessa Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia (di cui è membro il Prof. Fineschi V., Ordinario di Medicina Legale Università Sapienza), possa orientarsi verso una possibile modifica dell’articolo 597 c.p. improntata all’esperienza virtuosa della normativa pandemica.
Profili della colpa in ambito sanità: imprudenza, imperizia e negligenza sempre più sfumate
Da questo punto di vista – ha continuato Cupelli – “dobbiamo uscire da due equivoci che accompagnano l’applicazione o i tentativi di allargamento della non punibilità degli operatori sanitari: da un lato l’idea che possa essere sufficiente il riferimento soltanto all’imperizia, come matrice colposa non punibile (e questo è un equivoco che trovava una radice nella sentenza della Corte Costituzionale del 1973), e questo perché è sempre più forte la spinta a ridimensionare non soltanto nell’ambito del dibattito giuridico ma soprattutto nella pratica medica la differenza tra imprudenza, negligenza e imperizia (difatti sembrerebbe impossibile individuare i comportamenti connotati da anche grave negligenza, che a monte, non contengano una quota pur minima di imperizia, quindi una valutazione sbagliata sul piano tecnico del quadro clinico del paziente).
Il ruolo delle Linee guida nei profili della colpa in ambito sanitario
Dall’altro lato vedo che dobbiamo anche provare a uscire dall’equivoco della sopravalutazione delle linee guida, ovvero del peso delle linee guida. Le LL.GG. sicuramente rappresentano un criterio importante, utili sia ad orientare i professionisti sanitari, sia ai giudici per valutare il comportamento degli operatori, ma non possono essere un punto di riferimento assoluto nella possibilità di non punire eventuali operatori sanitari che si siano discostati da questi parametri”.
L’esenzione di responsabilità per operatori sanitari: in quali casi?
Dunque è ragionevole pensare che, sempre rapportandoci all’esperienza della normativa pandemica, si possa operare un cambio di paradigma, cioè “tornare ad una esenzione di responsabilità per gli operatori sanitari che in qualche modo si basi sulla valorizzazione della colpa grave degli operatori soltanto alle ipotesi di colpa grave di qualsiasi matrice colposa (quindi non soltanto imperizia, anche negligenza, imprudenza) accompagnata da una clausola che in qualche modo orienti l’accertamento non facile da parte del giudice, affinché quest’ultimo possa individuare dei parametri che dovrà prendere in considerazione per escludere e/o graduare adeguatamente sul piano dell’imputazione colposa il comportamento dell’operatore”.
Tra questi parametri certamente dovremmo includere:
- i fattori di contesto,
- i fattori emergenziali,
- i fattori di carattere organizzativo che accompagnano ogni attività sanitaria,
- le conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie,
- le condizioni di lavoro,
- la disponibilità di risorse umane,
- le esperienze di conoscenza tecnica degli operatori sanitari che sono in concreto impegnati ad affrontare una situazione di urgenza ed emergenza,
- le carenze strutturali ed organizzative.
Il ruolo delle Linee guida per la valutazione del comportamento degli operatori sanitari
In questo ambito si auspica di poter ricollocare anche l’esistenza di linee guida, nel senso che le LL.GG. rappresentano uno dei fattori che possono contribuire a guidare il giudice nella valutazione sulla complessità o meno della situazione da dover affrontare.
Orientarsi in questa direzione può rappresentare un parametro ragionevole nella valutazione del comportamento degli operatori sanitari, allontanando così la tentazione pericolosa da parte dei giudici di valorizzare la logica del “senno del poi”, e soprattutto possa fargli allontanare la tentazione di dimenticare il contesto e la situazione in cui il professionista sanitario, in concreto, è stato chiamato ad intervenire.
Cupelli ha affermato che tale soluzione, che andrà calibrata sul piano tecnico in maniera molto più precisa e dettagliata, non rappresenterebbe una norma di favore, né uno “scudo penale” come impropriamente viene definito qualunque tentativo di individuare una soluzione ragionevole per gli operatori sanitari, per tranquillizzarne l’operato e per garantire al meglio il diritto di ciascuno di noi alla propria salute. Inoltre – ha concluso – troverebbe anche una giustificazione sul piano costituzionale rispetto alla peculiarità dell’attività clinico-assistenziale, che non è comparabile rispetto ad altre attività tecnicamente complesse, poiché non connotata dallo stesso livello di significato sociale per la salute collettiva e neanche accompagnata dagli stessi rischi che corrono sul piano dell’incolumità giudiziaria.
Per maggiori informazioni sul 6° Forum Giuridico, gli Atti dell’evento e le slide presentate dai relatori visitate il seguente link
Responsabile Comunicazione per UNPISI – https://unpisi.it/