Dal DVR non deriva l’efficacia esimente della “responsabilità 231” propria del MOG

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Premesso che il D.Lgs. n. 231/2001, rispondente ai principi costituzionali di colpevolezza e di responsabilità per fatto proprio, configura un’ipotesi “di compromesso” tra i modelli di responsabilità penale e amministrativa, e che, in materia di responsabilità da reato degli enti vanno considerati i due criteri – alternativi e concorrenti – di imputazione dell’interesse e del vantaggio (ex art. 5), la Suprema Corte pone il Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) come ben distinto dal Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
Queste le conclusioni della Cassazione Penale Sez. IV, nella Sent., 29-01-2020, n. 3731.

Il commento che segue è a cura di A.Giuliani (Collaboratore della cattedra di diritto del lavoro, Sapienza Università di Roma Facoltà di Giurisprudenza) per InSic!

L’adozione e l’efficace attuazione di un MOG, delineante un sistema aziendale per il puntuale adempimento di specifici obblighi prevenzionistici (ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008), permetterebbe il conseguimento di un’efficacia esimente della responsabilità amministrativa degli enti per reati colposi in violazione della normativa antinfortunistica. In particolare, spetta al giudice di merito svolgere le relative verifiche, seguendo un filo logico e cronologico ad hoc: «prima, accertare l’esistenza o meno di un modello organizzativo e di gestione ex art. 6 del d. Igs. n. 231 del 2001; poi, ove il modello esista, verificare che lo stesso sia conforme alle norme; infine, accertare che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto».

Nel caso di specie (grave infortunio occorso ad un lavoratore a tempo determinato a causa del ribaltamento del muletto, funzionale allo svolgimento dell’attività di sollevamento e trasporto di sacchi di sale), pur avendo la società eccepito di aver predisposto sia un MOG sia un DVR, di fatto ha basato le proprie deduzioni difensive soltanto sulla predisposizione di quest’ultimo. Inoltre, viene ritenuta adeguatamente delineata la ricostruzione, fornita dai giudici di merito, sull’integrazione del requisito del vantaggio, consistente in un «mancato decremento patrimoniale per l’utilizzo in più` occasioni di un solo lavoratore non formato, anziche´ di una coppia di lavoratori, di cui uno formato».
Pertanto, la Suprema Corte respinge il ricorso e condanna la società ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

Redazione InSic

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