Individuazione del livello di rischio: a cosa serve?

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Rischio alto, medio, basso, irrilevante, severo, acuto e chi più ne ha più ne metta.
Chiunque si sia trovato a confrontarsi con il complicato tema della sicurezza sul lavoro avrà avuto a che fare con valutazioni dei rischi e con i giudizi che accompagnano i singoli fattori presi in esame.
Giudizi disomogenei, spesso difficili da decifrare. Proviamo a fare chiarezza.
Quello di valutare i rischi è uno degli obblighi fondamentali del datore di lavoro ed è il processo principale sul quale si basa l’impostazione dell’intera gestione dei vari obblighi e adempimenti di prevenzione e protezione.
Ma “valutare” significa “quantificare” ed eventualmente in che modo?

In questo articolo:
Che cos’è la valutazione dei rischi
I livelli di rischio
I codici di tariffa INAIL
Il rischio generico, aggravato ed elettivo
Il rischio non rilevante e rilevante per la salute
Il livello di azione
I TLV
Altri indici di rischio
Gli indici probabilistici
Le matrici

Che cos’è la valutazione dei rischi

Nella definizione di legge (art. 2 comma 1 lett. g del D.Lgs 81/08) la valutazione dei rischi è intesa come “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.
Il concetto stesso di valutazione e quindi più esteso rispetto a quello di quantificazione: il secondo si esprime traducendo una certa grandezza in termini numerici; per i rischi dei quali stiamo parlando questo non è sempre possibile. In alcuni casi verranno messi a punti o metodi per descrivere numericamente dei rischi virgola in altri casi il giudizio sarà puramente qualitativo.

I livelli di rischio

Proviamo a fare una disamina dei principali modi di esprimere livelli di rischio che si possono incontrare e che possono creare confusione.

Il rischio alto medio o basso per la formazione

Nel caso degli adempimenti di formazione per la sicurezza sul lavoro, il giudizio di rischio deve essere inteso come genericamente associato al ciclo produttivo. Le attività produttive vengono classificate a rischio “alto “, “medio” o “basso” in relazione al proprio codice ATECO. Da questa classificazione deriva una gradualità negli adempimenti di formazione per i lavoratori. Questa prima classificazione non ha pertanto niente a che vedere con la valutazione di singoli rischi.

Il rischio alto medio e basso in relazione all’incendio

In questo caso con la stessa metrica adottata per la formazione viene classificato il singolo rischio incendio. La valutazione generale ha delle ripercussioni su adempimenti quali i percorsi formativi per gli addetti alle emergenze. in ogni caso questa classificazione non va confusa con quella precedente legata ai codici ATECO.

La classificazione per gli incidenti rilevanti

Altro modo di classificare il rischio consiste nel verificare l’applicabilità o meno delle norme specifiche per gli incidenti rilevanti. Questo tipo di classificazione si applica al singolo stabilimento più che al ciclo produttivo le prevede un esame relativo ai materiali/prodotti trattati e stoccati nell’insediamento produttivo. Questo tipo di classificazione di rischio comporta l’applicabilità o meno, con gradi di complessità differenziati, delle norme specifiche attualmente comprese nel decreto legislativo 105 del 2015 e nella normativa collegata.

I codici di tariffa INAIL

I tassi assicurativi dell’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali vengono spesso interpretati come indici di valutazione della rischiosità di aziende.
L’Istituto assicurativo suddivide i cicli produttivi sulla base delle attività svolte e dei processi adottati assegnando una voce di tariffa ogni tipo di attività. In linea generale i tassi assicurativi applicati alle singole voci di tariffa, e quindi agli specifici cicli produttivi, rappresentano un indice di rischio in quanto sono la traduzione delle spese sostenute per gli indennizzi di infortuni e malattie professionali all’interno per il complesso delle aziende che ricadono della specifica tipologia. La classificazione va comunque utilizzato con una certa cautela in quanto i tassi assicurativi applicati alla voce di tariffa risentono di una serie di fattori che alterano in parte l’automatismo sopra descritto.

Il rischio generico, aggravato ed elettivo

Altra modalità di esprimere i rischi nella quale è possibile incorrere è quella tipica dei sistemi di assicurazione. In questo caso i giudizi non vanno intesi come quantitativi ma come attributi delle singole modalità di esposizione che possono contribuire o meno per l’individuazione di nessi di causa tra eventi occorsi e attività lavorative effettuate. Evidentemente questo tipo di classificazioni avrà ridotte ripercussioni sui livelli di rischio valutati in sede di pianificazione delle misure di prevenzione e protezione.

Il rischio non rilevante e rilevante per la salute

La classificazione di questo tipo si applica in conformità al decreto legislativo 81 del 2008 per la valutazione del rischio per la salute degli agenti chimici pericolosi. La classificazione è condizionata da una serie di parametri che descrivono le caratteristiche degli agenti chimici in esame e delle loro modalità di utilizzo. A questo tipo di classificazione corrisponde una gradualità nella obbligatorietà di misure di prevenzione e protezione quali la sorveglianza sanitaria e la formazione obbligatoria. Analoghe considerazioni valgono per la classificazione in rischio basso o non basso per la sicurezza ancora una volta per gli agenti chimici.

Il livello di azione

Per una serie di rischi e, in particolare, per gli agenti fisici si fa spesso riferimento al superamento o meno di un certo livello di azione. Il fatto che la valutazione del rischio conduca al superamento o meno di questo livello condiziona l’obbligo di adottare determinate misure di prevenzione e protezione obbligatorie, prime tra tutte l’adozione di dispositivi di protezione individuale, la formazione, la sorveglianza sanitaria.
Il superamento o meno del livello d’azione va in ogni caso determinato con misurazioni strumentali o con il ricorso a banche dati di livelli espositivi. Nella stessa categoria di valutazioni rientrano i rischi cosiddetti giustificati.
Si tratta di livelli di rischio per i quali in una fase preliminare della valutazione si può affermare il mancato superamento dei livelli di azione.

I TLV

Un altro modo di esprimere e quantificare i rischi consiste nel determinare il superamento o meno di limiti di esposizione. I TLV esprimono livelli ai quali la maggior parte dei lavoratori possono essere esposti senza incorrere in danni per la salute. Esistono numerosissimi TLV codificati per una moltitudine di agenti chimici e fisici sia nelle norme di legge, sia nella letteratura specialistica di riferimento. La valutazione del rischio mediante confronto dei livelli di esposizione con i TLV comporta indagini di igiene industriale e accertamenti specialistici solitamente differenziati per mansioni lavorative.

Altri indici di rischio

L’applicazione delle varie norme tecniche e linee guida applicabili alla valutazione del rischio comporta l’utilizzo di altri indici quali quelli adottati per il sovraccarico biomeccanico o per lo stress lavoro correlato. L’adozione di tali modalità andrà valutata quindi caso per caso avendo cura di specificare la metodologia adottata e il significato degli indici rilevati.

Gli indici probabilistici

Nella valutazione di rischi industriali trovano applicazione metodologie complesse che portano a classificare la probabilità del verificarsi di determinati scenari incidentali.
In questo tipo di indagini si mettono in atto analisi accurate degli impianti, dei sistemi di sicurezza e della loro affidabilità. Si tratta di valutazioni quantitative vere e proprie solitamente riservate a impianti ad alto rischio e che richiedono il contributo di professionalità molto specializzate.

Le matrici

Un metodo semi quantitativo estremamente diffuso per la valutazione dei rischi e quello “a matrici”. Le matrici di rischio con diverse metriche dimensioni e caratteristiche, nel complesso consistono in una rappresentazione grafica che restituisce una combinazione di probabilità e gravità del verificarsi di determinati eventi.
Le matrici possono essere più o meno complesse e prevedere anche dimensioni legate all’esposizione, alla conoscenza delle procedure, ai sistemi di controllo messi in atto. Nel complesso rappresentano comunque un discreto compromesso tra la necessità di una valutazione rigorosa e quella di posizionare sulla stessa scala di valutazione rischi molto diversi tra loro.

Conclusioni

All’interno della galassia costituita dalle varie discipline che ruotano intorno alla salute e sicurezza sul lavoro, il rischio può essere espresso con giudizi e modalità molto diversi tra loro.
La breve disamina che abbiamo presentato può essere utile a chiarire come le classificazioni rispondono a necessità e finalità diverse e come tali vanno interpretate.
L’obbligo di individuare misure di prevenzione e protezione comporta la necessità di riportare i diversi criteri di valutazione a una matrice comune che permetta di confrontare grandezze differenti tra loro. È questo uno dei compiti degli attori coinvolti nel processo di valutazione del rischio che, è bene ricordarlo, va messo in atto scegliendo caso per caso la metodologia più idonea a discrezione del datore di lavoro quale responsabile ultimo di questo obbligo.
Diversi rischi, diverse finalità, diversi parametri di classificazione: è questa la logica che dobbiamo ricordare ogni volta che ci troviamo di fronte ha un numero, un giudizio o una grandezza apparentemente incoerente nella valutazione del rischio.

Redazione InSic

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