Valutazione dei rischi e responsabilità del RSPP

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Nuovo quesito da un abbonato alla rivista Ambiente&Sicurezza sul lavoro: un consulente può firmare un Documento di Valutazione dei Rischi-DVR carente di informazioni e contestualmente evidenziare al datore di lavoro anomalie e criticità?
Risponde l’Avv. Maurizio Prosseda, esperto in sicurezza e prevenzione.

Quesito
Durante la collaborazione nella analisi e valutazione dei rischi, alcuni datori di lavoro non vogliono riportare sul DVR aziendale anomalie e/o criticità quali: mancanza di autorizzazioni (VVF, AUA), carenze strutturali e/o impiantistiche, mancanza requisiti di sicurezza delle attrezzature, adempimenti non attuati, ecc.
Posso come consulente/RSPP firmare un DVR “carente” pur presentando al DdL una comunicazione/relazione tecnica indicante le criticità omesse (timbrata e firmata dal DdL per ricevuta)? Esistono sentenze in merito?

Secondo l’Esperto
Debbo premettere che mi è sempre risultato ostico capire l’atteggiamento suicida di negazione o di occultamento (a volte clamoroso) di situazioni spesso facilmente riscontrabili (vedi ad esempio l’assenza o carenza di documentazione obbligatoria), accompagnato dalla solita frase “io non so che cosa combinano i miei lavoratori quando io non ci sono”.
I DDL dimenticano che per fictio juris tutto ciò che accade in azienda si presume conosciuto dallo stesso, anche perché altrimenti sarebbe del tutto evidente la violazione dell’obbligo del controllo (pedissequo, costante e ai limiti della petulanza, come richiede la giurisprudenza) e che l’omessa o parziale indicazione dei contenuti del DVR può costituire momento di cumulo di sanzioni.

Venendo alla risposta, in linea di massima le ipotesi sono due:
1) si tratta di situazioni particolari strettamente collegate con le attività e non altrimenti conoscibili dal RSPP se non riferite (come suo obbligo) dal DDL.
2) si tratta di situazioni (come quelle indicate dal lettore) facilmente conoscibili dal RSPP e la cui conoscenza è addirittura imprescindibile per il buon professionista (criterio questo adottato dai giudici), anche alla luce dell’obbligo di elevata conoscenza della materia da parte di un addetto ai lavori.

Se nel primo caso il lettore potrebbe ragionevolmente (anche se in maniera estremamente complicata da dimostrare) andare esente in eventuali giudizi di responsabilità, ben diversa è evidentemente la sua posizione nel secondo, come ha sempre ritenuto la giurisprudenza.
Qui corre il dovere di fare una distinzione tra i tipi di responsabilità astrattamente configurabili a fronte anche delle soluzioni prospettate dal lettore:
– responsabilità civile: il RSPP che svolge in maniera non perfetta il suo incarico può essere coinvolto in questo tipo si responsabilità, che si atteggia diversamente a secondo che egli sia un dipendente o un consulente esterno. In questo casi, l’aver fatto una comunicazione/relazione (ovviamente completa e senza errori tecnici) può sicuramente essere d’aiuto ed in taluni casi potrebbe addirittura essere sufficiente per un eventuale esonero totale da responsabilità.
– responsabilità amministrativa: è ovvio che un DVR quantomeno carente può formare oggetto di sanzione nei confronti del DDL (non del RSPP), ma questi avrebbe eventualmente diritto di rivalsa nei confronti di chi, svolgendo male il suo incarico, lo avesse messo nelle condizioni di sbagliare (ma qui vale quanto detto sopra).
– responsabilità penale: in questo caso la situazione è estremamente complicata, anche perché in alcuni casi il DVR, ma anche la restante documentazione safety, viene trasmessa a soggetti terzi quali ad es. appaltatori/subappaltatori, i quali potrebbero essere indotti a loro volta in errore. E’ del tutto evidente che in questi casi difficilmente si potrebbe uscire indenni da un giudizio di responsabilità nel caso ci si limitasse alla comunicazione/relazione di cui sopra. Peraltro la giurisprudenza è molto rigida sulla posizione del RSPP, basti ricordare la famosa sentenza del dicembre 2012 in cui i giudici sostenevano che il RSPP dovesse addirittura dimettersi dalla funzione a fronte dell’inerzia del DDL nel porre in essere le misure di sicurezza richieste.

A conferma di quanto sopra, la Corte di Cassazione in passato ha addirittura affermato la responsabilità penale di un RSPP che, visti i rapporti confidenziali con il DDL, aveva comunicato verbalmente a quest’ultimo i rischi e le misure da adottare, nonostante tale circostanza fosse stata pienamente confermata in giudizio dal DDL.
In conclusione, certamente le precauzioni indicate dal lettore possono aiutare nell’ottica che abbiamo sopra specificato, ma non sono dirimenti ed in taluni casi il comportamento omissivo del DDL dovrebbe addirittura essere portato alla conoscenza dell’ODV ex D.Lgs. 231/01 (dove esiste), poiché foriero di comportamenti a rischio per il compimento dei reati presupposto, introdotti dal D.Lgs. 123/07.

Redazione InSic

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