Violenza sul lavoro: un rischio ancora sottovalutato

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La violenza sui luoghi di lavoro è un problema di crescente gravità e diffusione, che colpisce molti settori lavorativi, tra cui quello sanitario. Le conseguenze fisiche, psicologiche e sulla produttività sono molto rilevanti. La prevenzione deve fondarsi su interventi ambientali, comportamentali e di informazione.

La violenza fisica con l’uso di armi condotta da persone esterne al lavoro si è gradualmente estesa dalle imprese che gestiscono beni di alto valore, come ad esempio banche e farmacie, alle organizzazioni che rappresentano “simbolicamente” la società come i sistemi di trasporto urbano e i servizi pubblici, mentre di recente sono diventati bersaglio di tali atti anche vigili del fuoco e medici. Le attività sanitarie, d’altro canto, sono sempre state il settore a più alto tasso di violenza fisica contro gli operatori portata dai pazienti, dai loro parenti o visitatori. Altri settori produttivi nei quali c’è una alta frequenza di violenza fisica sono i trasporti, il commercio, la ristorazione, l’istruzione. Nessun tipo di lavoro, purtroppo, è esente dal rischio di violenza. La violenza è un problema globale.

In questa notizia:
Violenza sul lavoro: i dati nel Mondo ed in Europa
Violenza nel settore sanitario: i dati nel Mondo ed in Europa
Settore sanitario: chi è l’aggressore?
L’approfondimento sulla rivista Ambiente & Sicurezza sul Lavoro

Violenza sul lavoro: i dati nel Mondo ed in Europa

Gli incidenti caratterizzati da violenza fisica sono classificati in fatali e non fatali. Negli Stati Uniti, nonostante gli sforzi preventivi abbiano quasi dimezzato in dieci anni il loro numero assoluto, gli omicidi costituiscono ancora il 10% delle cause di morte sul lavoro e sono perciò la quarta causa di morte, dopo incidenti stradali, urti e cadute; essi provocano più vittime dei tossici industriali o di incendi ed esplosioni. Mentre gli eventi fatali sono ben documentati, al contrario le aggressioni con esito non fatale sono più difficili da quantizzare, dato questo influenzato anche dalla mancanza di denuncia di molte di esse.
In Europa il 6% dei lavoratori dichiara di essere stato sottoposto a minacce da parte di colleghi e terze parti; il 5% dichiara di essere stata vittima di molestie sul lavoro, e circa il 2% di molestia sessuale.
La frequenza delle segnalazioni di violenza e mobbing è più alta nei paesi del Nord Europa che nel Sud e in Italia, dove non raggiunge la metà della media europea. Tale differenza sembra prevalentemente dovuta alla minore frequenza di denunce che sarebbe, almeno in parte, legata a una minore consapevolezza del problema e alla sfiducia nella possibilità di prevenzione. In tutti i paesi europei infatti si sta osservando un aumento della frequenza e gravità degli episodi di violenza.

Violenza nel settore sanitario: i dati nel Mondo ed in Europa

Dal momento che, per le aggressioni fisiche, i contatti diretti con i “clienti” aumentano il rischio di subire violenze, il settore sanitario è sempre particolarmente esposto. Nei paesi dell’UE è stato stimato che gli operatori sanitari hanno una probabilità quattro volte superiore di subire aggressioni fisiche con lesioni che costringono ad abbandonare il lavoro rispetto agli altri lavoratori. Il rischio è massimo in alcuni settori sanitari, ad esempio i servizi psichiatrici o di emergenza. Un sondaggio della Emergency Nurses Association condotto nel 2010 ha mostrato che oltre la metà del personale del pronto soccorso aveva subito una qualche forma di violenza fisica, e che uno su quattro era stato aggredito più di 20 volte negli ultimi 3 anni. Nel Regno Unito il 52% degli operatori sanitari dichiara di avere subito violenze sul posto di lavoro. Il rapporto pubblicato dalla Chinese Medical Doctor Association elenca più di 105 episodi di violenza on lesioni personali gravi contro i medici, tra il 2009 e il 2015; la tendenza è in crescita. Analogamente allarmante è la crescente frequenza di attacchi ai medici riportati in Israele, Pakistan e Bangladesh. In India, fino al 75% dei medici sono stati vittime di violenza sul posto di lavoro, il 50% degli incidenti sono avvenuti nelle unità di terapia intensiva, e nel 70% dei casi, i parenti del paziente sono stati attivamente coinvolti. L’Italia, purtroppo, non si discosta dalla tendenza, come dimostrano i recenti episodi di cronaca.

Settore sanitario: chi è l’aggressore?

I principali responsabili delle aggressioni contro il personale sanitario sono i pazienti, che possono talora agire anche sotto l’influenza di alcol e droghe o essere affetti da malattie mentali, ma spesso anche i loro parenti o visitatori. Le categorie a rischio maggiore risultano quindi gli infermieri, che hanno più frequente contatto con i pazienti, ma nessuna categoria professionale è immune.

È importante sottolineare che il soggetto violento non è sempre ed esclusivamente un cliente o un esterno alla struttura lavorativa, ma può identificarsi anche nel lavoratore stesso che perpetua violenza contro i suoi superiori, subordinati, pari mansione o terzi.

Molto grave, diffusa e pervasiva è la violenza verbale, che può assumere il carattere di bullismo o di mobbing. La cosiddetta “violenza laterale”, portata da un collega contro un altro collega, ha generalmente effetti più gravi della violenza fisica sulla salute e sull’equilibrio mentale del lavoratore e può essere all’origine anche della decisione di abbandonare il posto di lavoro o il servizio.

Violenza sul lavoro. Un rischio ancora sottovalutato
A. Pompei, A. Cerrina, S. Ciriello, M. Del Signore, M. Gabriele, D. Quaranta, N. Magnavita
Ambiente&Sicurezza sul lavoro n.1/2020

Una squadra di professionisti editoriali ed esperti nelle tematiche della salute e sicurezza sul lavoro, prevenzione incendi, tutela dell’ambiente, edilizia, security e privacy. Da oltre 20 anni alla guida del canale di informazione online di EPC Editore

Redazione InSic

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