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Che cos’è il danno ambientale?

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In questo approfondimento riportiamo la nozione di “danno ambientale” alla luce della normativa nazionale ed europea più recente.

Questo articolo è tratto dal volume: “Vademecum dell’ambiente” EPC Editore (maggio 2020) a cura di Sassone Stefano

Danno ambientale: significato

A proposito del significato di “danno ambientale”, viene definito come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”.

Quando si configura il danno ambientale?

Il Legislatore, in ossequio al contenuto della Direttiva 2004/35/CE individua le tipologie di “deterioramento” che danno luogo ad esso, con riferimento alla modificazione alle condizioni originarie (ovvero le condizioni, al momento del danno, delle risorse naturali e dei servizi che sarebbero esistite se non si fosse verificato il danno ambientale, stimate sulla base delle migliori informazioni disponibili), provocata nei confronti di:

  • specie e habitat naturali[1] protetti dalla normativa nazionale e comunitaria[2] (i quali, assieme ad acqua e terreno formano le risorse naturali[3]);
  • acque[4] interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su:
  • lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate[5], fatta eccezione per gli effetti negativi;
  • lo stato ambientale delle acque marine interessate[6];
  • acque costiere e quelle ricomprese nel mare territoriale, mediante le azioni suddette, anche se le azioni vengono realizzate in acque internazionali;
  • terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.

Cosa si intende per ripristino ambientale?

Per “ripristino”, anche “naturale”, s’intende:

  • nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie;
  • nel caso di danno al terreno, l’eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale.

In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall’autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

Il Legislatore precisa che la riparazione del danno ambientale deve avvenire nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti dalla normativa, e, ove occorra, anche mediante l’esperimento dei procedimenti finalizzati a conseguire dal soggetto che ha causato il danno, o la minaccia imminente di danno, le risorse necessarie a coprire i costi relativi alle misure di riparazione da adottare e non attuate dal medesimo soggetto.

Attività professionale e minaccia imminente all’ambiente: nozione

Con il termine:

  • “attività professionale”, si intende qualsiasi azione, mediante la quale si perseguano o meno fini di lucro, svolta nel corso di un’attività economica, industriale, commerciale, artigianale, agricola e di prestazione di servizi, pubblica o privata;
  • “minaccia imminente” di danno, si intende il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale.

Quando è entrata in vigore la disciplina del danno ambientale in Italia?

Il Legislatore, con la L. 6 agosto 2013, n. 97 (recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013, entrata in vigore il 4 settembre del 2013), interviene sul quadro normativo riguardante la disciplina della prevenzione e del risarcimento dei danni ambientali, allineandolo a quello comunitario, a seguito di procedura di infrazione (la 2007/4679) comminata nei confronti del nostro Paese.

Danno ambientale: la normativa

La materia del danno ambientale e dei c.d. “Ecoreati” viene disciplinata con il c.d. “Testo Unico Ambientale”, rispettivamente alla:

  • parte VI (recante “norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”, profondamente modificata nel 2013, con la L. 97, e da ultimo, in misura decisamente minore, con la L. 221/2015, c.d. Green Economy), che va a sostituire le prescrizioni contenute nell’art. 18 della L. 349/1986, e viene articolata in tre titoli:
  • Titolo I: con il quale viene definito l’ambito di applicazione;
  • Titolo II, che affronta il tema della prevenzione e del ripristino ambientale;
  • Titolo III, che definisce la questione del risarcimento del danno ambientale.
  • parte VI-bis (Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale), introdotta con la L. 68/2015 (recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”), comprensiva di 6 articoli.

In particolare, si segnala che, con l’abrogazione dell’art. 303, c.1, lett. i) del TUA, viene stabilito che l’applicazione della disciplina del danno ambientale, viene applicata, dall’entrata in vigore dell’atto in avanti, anche nel caso di beni ambientali danneggiati e oggetto di bonifiche avviate o concluse.

Infine, viene sostituito il precedente insieme di prescrizioni, dettate dalla L. 349/1986, ulteriormente puntellato dalla c.d. “Legge sulla green economy” (L. 221/2015).

Quali sono i danni ambientali?

la disciplina della parte sesta del TUA riguarda due tipologie di danno ambientale:

  • quello causato da talune attività professionali (con riferimento a quelle elencate nell’Allegato 5 alla stessa parte VI, tra cui rientrano le attività afferenti alla normativa “IPPC”, e quelle relative alla gestione dei rifiuti), e qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività
  • quello causato da un’attività diversa dalle suddette e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno derivante dalle suddette attività, in caso di comportamento doloso o colposo, con la conseguenza che, la responsabilità sarà a carico dell’Operatore, solo in caso di colpa o dolo dello stesso.

Quanto può costare un danno all’ambiente?

Si sottolinea che, con il termine “costi”, si intendono gli oneri economici giustificati dalla necessità di assicurare un’attuazione corretta ed efficace della disciplina normativa inerente il danno ambientale, compresi quelli necessari per:

  • valutare il danno ambientale o una sua minaccia imminente;
  • progettare gli interventi alternativi;
  • sostenere le spese amministrative, legali e di realizzazione delle opere, i costi di raccolta dei dati ed altri costi generali, nonché i costi del controllo e della sorveglianza.

Quali reati sono esclusi dalla normativa di danno ambientale

Rimangono esclusi dalla disciplina normativa sul danno ambientale:

  1. Quanto ricade sulla disciplina normativa sulla bonifica dei siti inquinati:
    • gli interventi di ripristino del suolo e del sottosuolo progettati ed attuati in conformità a taluni principi ed ai criteri;
    • taluni interventi di riparazione delle acque sotterranee;
    • gli interventi di riparazione delle acque sotterranee che conseguono gli obiettivi di qualità nei tempi stabiliti dalla parte III del TUA, per le contaminazioni antecedenti alla data del 29 aprile 2006, ovvero all’entrata in vigore del medesimo Testo Unico.
  2. La disciplina del danno ambientale o della minaccia imminente di tale danno, non si applica nei casi di eventi cagionati da:
  3. atti di conflitto armato, sabotaggi, atti di ostilità, guerra civile, insurrezione;
    • fenomeni naturali di carattere eccezionale, inevitabili e incontrollabili;
    • il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno provocati da un incidente per il quale la responsabilità o l’indennizzo rientrino nell’ambito d’applicazione di talune convenzioni internazionali (elencate nell’allegato 1 alla parte VI del TUA, cui il nostro Stato abbia aderito);
    • rischi nucleari relativi all’ambiente, minaccia imminente di tale danno, causati da attività disciplinate dal Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica o causati da un incidente o un’attività per i quali la responsabilità o l’indennizzo rientrano nel campo di applicazione di uno degli strumenti internazionali (di cui all’allegato 2 alla parte VI del TUA);
    • attività svolte in condizioni di necessità ed aventi come scopo esclusivo la difesa nazionale, la sicurezza internazionale o la protezione dalle calamità naturali;
    • danno causato da un’emissione[7], un evento o un incidente verificatisi prima della data di entrata in vigore della parte VI del TUA.
    • danno in relazione al quale siano trascorsi più di 30 anni dall’emissione, dall’evento o dall’incidente che l’hanno causato;
    • danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso, se non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso causale tra il danno e l’attività di singoli operatori;
  4. non si applica se non pregiudica il diritto del trasgressore di limitare la propria responsabilità conformemente alla legislazione nazionale che dà esecuzione alla convenzione sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi (LLMC) del 1976, o alla convenzione di Strasburgo sulla limitazione della responsabilità nella navigazione interna (CLNI) del 1988.

Per approfondire in materia di procedure ambientali e Testo unico dell’Ambiente

Vademecum dell’ambiente

a cura di Sassone Stefano

Guida pratica agli adempimenti, obblighi e autorizzazioni per le imprese. Aggiornato con le novità del “Circular Economy Package” ed il “Green New Deal” rilasciati dalla Comunità Europea

EPC Editore (maggio 2020)

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Note:

[2].        Ex L. 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce: talune Direttive comunitarie (la 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 e la 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985, la 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991), attua talune convenzioni (quelle di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979), il D.P.R. 357/1997 (recante “regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione”).

[3].        Per “servizi” e “servizi delle risorse naturali” si intendono le funzioni svolte da una risorsa naturale a favore di altre risorse naturali e/o del pubblico.

[4]. Si intende con il termine “acque” tutte quelle cui si applica la disciplina normativa di cui alla parte III del TUA (vd. capitolo 2, “La gestione delle risorse idriche”).

[5].Sono definiti nella Direttiva 2000/60/CE, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva.

[6]Viene definito nella Direttiva 2008/56/CE, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell’ambiente marino non siano già affrontati nella Direttiva 2000/60/CE

[7]Per “emissione” s’intende il rilascio nell’ambiente, a seguito dell’attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi.

Antonio Mazzuca

Coordinamento editoriale Portale InSic.it -redattore giuridico Laurea in Giurisprudenza in Diritto europeo (LUISS Guido Carli 2006) e Master in "Gestione integrata di salute e sicurezza nell'evoluzione del mondo del lavoro" INAIL-Sapienza (I° Ed. 2018-19). Formatore certificato in salute e sicurezza sul lavoro dal 2017 per Istituto Informa e RLS per EPC Editore. Esperto in sicurezza sul lavoro e amministratore del Gruppo Linkedin Ambiente&Sicurezza sul Lavoro. Content editor e Social media per InSic.it su Linkedin e X (ex Twitter). Contatti: Linkedin Mail: a.mazzuca@insic.it