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Pianificazione paesaggistica e coinvolgimento degli organi statali

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 64 del 10 marzo 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità posta dal Consiglio dei Ministri sulla legge regionale dell’Abruzzo n. 26/2014, dichiarando illegittimo l’art. 2, commi 4 e 5 della stessa legge per non aver previsto il diretto coinvolgimento del Ministero dei beni culturali, in caso di adeguamento della pianificazione urbanistica a quella comunale, ma soltanto la sua partecipazione alla conferenza di servizi.

Il fatto
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ha proposto una questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (Disposizioni regionali per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione),in particolare dell’art. 2, commi 4 e 5, in riferimento all’art.117, secondo comma, lettera s), Cost., per contrasto con le norme interposte di cui agli artt. 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).
L’art. 2, commi 4 e 5, della stessa legge prevede, in caso di adeguamento della pianificazione urbanistica a quella comunale, che la proposta comunale si configuri come proposta di variante al P.R.P.. In tale articolo, non sarebbe stato previsto l’accordo con l’organo statale ai sensi degli artt. 143, comma 2, e 156, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, ma soltanto la partecipazione degli organi ministeriali ad una conferenza di servizi; ciò comporterebbe il mancato coinvolgimento del Ministero per i beni culturali ed ambientali nella pianificazione paesaggistica, e quindi violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Per tali ragioni, il Consiglio dei Ministri ha presentato il ricorso alla Corte Costituzionale.

Il parere della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale, con sentenza n.64/2015 del 10 marzo, analizza l’impugnazione dell’art. 2 commi 4 e 5, della legge reg. n. 26/2014, che prevedeva una mera partecipazione degli organi ministeriali ad una Conferenza di Servizi senza la garanzia di un adeguato coinvolgimento del Ministero dei Beni Culturali. La Corte aveva già ritenuto, con la sentenza 197/2014, che la mancata o la non adeguata partecipazione degli organi ministeriali al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, determina l’evidente contrasto con la normativa statale, che impone che la Regione adotti la propria disciplina di conformazione «assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo» (ex multis sentenze n. 211 del 2013 e n. 235 del 2011).
Difatti, la pianificazione paesaggistica è espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull’intero territorio nazionale (sentenza n. 182 del 2006).
L’esclusione di una mera partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti, nella sostanza, viene a degradare la tutela paesaggistica (sentenza n. 437 del 2008).
Pertanto, il mancato assoggettamento alle garanzie previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio in materia di elaborazione congiunta del piano paesaggistico (ex artt. 135, comma 1, 143, comma 2, 145, comma 5, e 156, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 42 del 2004), si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Così il secondo motivo di ricorso del Consiglio dei Ministri è stato ritenuto dalla Corte costituzionalmente illegittimo.


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Redazione InSic

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