Scarico senza autorizzazione: fertirrigazione, tenuità del fatto e confisca

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Torna anche questo mese il FOCUS ACQUE, una rassegna di commenti a sentenze particolarmente significative sull’ inquinamento delle fonti idriche a cura di A.Quaranta (Environmental Risk and crisis manager), che le ha raccolte tutte nell’articolo “Tutela delle acque la complessità della materia e il ruolo giocato dalla giurisprudenza” pubblicato sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro.

Lo scarico senza autorizzazione: fertirrigazione, tenuità del fatto e confisca

Con la sentenza n. 46357 del 9 ottobre 2017 la Cassazione è intervenuta in un caso relativo allo sversamento incontrollato e massiccio, di liquami, che costituisce condotta rilevante penalmente, “sicché, la pratica della «fertirrigazione», quale presupposto di sottrazione delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede:
in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e,
in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo”.

In tema di inquinamento idrico, al reato di scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione non è applicabile la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., perché la stessa è incompatibile con la natura contravvenzionale e di pericolo della fattispecie di cui all‘art. 137 D.Lgs. n. 152 del “Testo Unico Ambientale”, “rispetto alla quale non trova applicazione nemmeno la diminuente di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. in caso di successivo rilascio dell’autorizzazione, in quanto il conseguimento del titolo abilitativo non comporta di per sé l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze del reato ambientale, avendo solo l’effetto di rendere lecita la condotta successiva”.

In tema di confisca facoltativa, il principio di cui all’art. 240, comma prima, del c.p. – per il quale il giudice può ordinare la confisca delle cose… che servirono a commettere il reato – non deve essere inteso nel senso dell’intrinseca pericolosità dell’oggetto da confiscare, nel qual caso opera la confisca obbligatoria (art. 240, comma 2, del c.p.), bensì nel senso che tale oggetto, ove lasciato nella disponibilità del condannato, potrebbe costituire per quest’ultimo un incentivo a commettere ulteriori reati, ed è con riguardo a quest’ultimo aspetto che il giudice deve fornire adeguata motivazione (Cass. Pen., n. 52649 del 20 novembre 2017, in una fattispecie nella quale – stato contestato all’imputato di aver immesso nella fognatura comunale, senza la prescritta autorizzazione, le acque prodotte dall’attività esercitata, derivante dagli scarichi di due lavatrici poste all’interno della struttura industriale – le lavatrici sono state confiscate perché identificate come strumenti stabilmente utilizzati per la commissione del reato, tali da incrementare “la possibilità futura del ripetersi dell’attività punibile”).

Redazione InSic

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