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Rimozione amianto in un’azienda in fallimento: a chi spetta rimozione e bonifica?

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Nel caso cui un’impresa in fallimento riceva un’ordinanza “contingibile ed urgente” da parte del Sindaco di “rimozione amianto” dai tetti dei capannoni della stessa, qual è la posizione del curatore fallimentare?
Si può affermare che il Fallimento è responsabile dell’inquinamento?
Gli obblighi di smaltimento e di bonifica non dovrebbero essere imposti soltanto al responsabile (impresa fallita)?

Risponde l’Esperto della Banca Dati Sicuromnia, Andrea Quaranta (Environmental Risk and crisis manager) su Banca Dati Sicuromnia (dove si trovano tutti i riferimenti normativi collegati)

Secondo l’Esperto della rivista Ambiente&Sicurezza sul lavoro


Secondo la Consiglio di Stato, che in materia ha di recente modificato il suo orientamento, l’obbligo di rimozione dei rifiuti può essere imposto anche al “detentore del momento per cui, in conformità al principio chi inquina paga, la sopportazione del peso economico della messa in sicurezza e dello smaltimento deve ricadere sulla parte dell’attivo fallimentare” (in questi termini, v. Cons. Stato, n. 3672/2017; Tar Brescia, nn. 669/2016 e 790/2017).

Secondo il TAR del Piemonte (TAR di Torino, sentenza n. 562/2018), “le opere di messa in sicurezza costituiscono una misura di correzione dei danni e rientrano pertanto nel genus delle precauzioni […] è stato d’altra parte puntualizzato che, se è vero, per un verso, che l’Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile”.

In questi casi, i giudici ritengono corretto l’invio dell’ordinanza di rimozione al fallimento, che quale soggetto detentore del bene ha l’obbligo di effettuare quelle opere ritenute necessarie per impedire il propagarsi del pericolo di inquinamento.

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Redazione InSic

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