Emergenza depuratori: UE lancia l’allarme

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L’assenza di depuratori e sistemi fognari potrebbe costarci la terza procedura di infrazione e una multa di circa 500milioni di euro.



“Gli scambi di informazioni con l’Italia – scrive la Commissione europeahanno confermato l’esistenza di violazioni sistematiche degli obblighi Ue”. Così l’Unione Europea lancia un ulteriore allarme all’Italia per l’assenza di depuratori e sistemi fognari, attivando la terza procedura di infrazione. Si rischia una possibile multa di circa 500milioni di euro.
Il nostro Paese è stato già penalizzato dalla Corte Ue da altri due procedimenti, aperti nel 2004 e nel 2009, che riguardano sempre inadempienze alla normativa europea sul trattamento delle acque reflue urbane.

C’è pertanto il serio rischio di deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione. Ma il Governo si dice pronto ad intervenire. Erasmo D’Angelis, coordinatore della Struttura di missione di Palazzo Chigi #italiasicura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, dichiara che “l’Italia è in grado di superare i gap infrastrutturali con un’accelerazione degli investimenti e un effetto positivo sui livelli occupazionali”, è stato “già individuato un percorso per superare emergenze e infrazioni con 20 miliardi in 6 anni di cantieri”.
In tutto sono una ventina gli Enti coinvolti, tra Regioni e Province autonome: Abruzzo, Basilicata, Bolzano, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trento, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto.

C’è inoltre anche il mancato rispetto dell’obbligo di eliminare fosforo e azoto dagli scarichi in 32 aree sensibili, cioè zone di acqua dolce ed estuari.
Tra le città segnalate ci sono Roma, Firenze, Napoli e Bari. “Alcuni – scrive sempre la Commissione UEnon rispettano inoltre l’obbligo di applicare un trattamento più rigoroso agli scarichi in aree sensibili”.
La Commissione ha pertanto emesso un parere motivato e se non verranno adottate misure concrete per ovviare al più presto a tali carenze, “potrebbe adire la Corte di giustizia dell’Unione europea”.

“Sappiamo – afferma Erasmo D’Angelische il sistema idrico, fognature e depurazione è ad un livello insostenibile per un Paese europeo, forte, industriale e geniale come il nostro: 3 italiani su 10 non sono ancora allacciati a fognature o a depuratori, con quasi la maggioranza di chi vive in Sicilia, in Calabria, Campania, un 30% in Lombardia e Friuli– dice Erasmo D’Angelis – siamo in ritardo sulla capacità di depurazione. Solo due le aree metropolitane italiane delle 14, quella fiorentina e torinese, che hanno raggiunto una depurazione al 100%”.
L’importo della penalità europea per l’Italia per la mancanza di un adeguato trattamento delle acque reflue è di 476 milioni di euro: alla Sicilia 185, alla Lombardia 74, al Friuli Venezia Giulia 66, alla Calabria 38, alla Campania 21, a Puglia e Sardegna 19, alla Liguria 18, alle Marche 11, all’Abruzzo 8, al Lazio 7, alla Val d’Aosta e al Veneto 5.
Ma D’Angelis assicura che “superare l’emergenza è possibile con un lavoro responsabile di squadra, garantendo il buon funzionamento dei 18.786 impianti di depurazione esistenti, di cui 18.162 in esercizio, concentrati soprattutto al Nord”.

D’Angelis ricorda che “abbiamo alle spalle anni di risorse inviate e non spese. Dal 2007 al 2013 tre Delibere del Cipe e i Fondi europei hanno finanziato a fondo perduto opere idriche per complessivi 4,3 miliardi di euro in particolare nelle Regioni del Sud. Un tesoretto da avviare a cantiere per 1.296 interventi tra depuratori e reti fognarie. Il nostro monitoraggio – spiega D’Angelis – ha verificato che appena 76 risultano oggi completati per circa 47 milioni di euro, 768 sono in corso per 1,5 miliardi di euro, mentre i restanti 452 per 2,7 miliardi li abbiamo trovati bloccati e non progettati e sono oggi in fase di avviamento”.
Superare l’emergenza è possibile. E’ realistico fra il 2015 e il 2020, sottolinea D’Angelis, “l’aumento dell’investimento dei gestori da 1,3 miliardi l’anno a 2,5 miliardi. Aggiungendo i 400 milioni di euro l’anno di fondi pubblici di sostegno (FSC, POR, Regionali) e i 2,7 miliardi non spesi e da spendere siamo a oltre 20 miliardi. La condizione minima per iniziare a portare il settore a livello europeo”.

Il Governo “è già intervenuto con lo Sblocca Italia sul tema infrazioni, stabilendo tempi e regole da rispettare per impegnate risorse e aprire cantieri e far applicare, dopo 21 anni, la Legge Galli a 5 Regioni – aggiunge D’Angelis – Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise”.

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Redazione InSic

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