Impianti elettrici: illegittimo non sottoporre a VIA i tracciati di scarsa entità

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La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 215 del 7 ottobre 2015, ha dichiarato illegittimo l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 30/2014, in materia di linee e di impianti elettrici, per aver ristretto il campo di applicazione della disciplina in materia di VIA (D.Lgs. 152/2006), attraverso l’introduzione di un’esenzione di autorizzazione per le varianti di tracciato che non superino i 500 metri.
Il legislatore statale impone il controllo preventivo anche per le modifiche di tracciato di scarsa entità, in modo da verificare se ci sono ripercussioni negative sul contesto territoriale interessato dall’opera; invece, la legge regionale ha escluso la preventiva autorizzazione.

Il fatto
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso un giudizio di legittimità sull’art. 1, comma 1, della legge della Regione Veneto 22 ottobre 2014, n. 30, di modifica della legge regionale 6 settembre 1991, n. 24, avente ad oggetto le “Norme in materia di opere concernenti linee e impianti elettrici sino a 150.000 volt”.
Secondo la Presidenza, la legge regionale avrebbe violato l’art. 1-sexies, del D.L. 29 agosto 2003, n. 239, riguardante le “Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica”, e l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Difatti, con la sostituzione del comma 6 dell’art. 2, della legge regionale 6 settembre 1991, n. 24, riguardante tutte le linee e gli impianti elettrici sino a 150.000 volt, la nuova disposizione regionale avrebbe inserito un’esenzione di autorizzazione per le varianti di tracciato che non superino i 500 metri.

Il problema è sorto con riferimento all’esenzione degli elettrodotti rientranti nella Rete di trasmissione nazionale (RTN), i quali, ai sensi dell’art. 1-sexies del D.L. n. 239 del 2003, sono soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dall’autorità statale (comma 1) e non di quella regionale.
Inoltre, sostiene il ricorrente, qualora la norma impugnata non si riferisse agli elettrodotti RTN, sarebbe comunque in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’Allegato III, lettera z), e all’Allegato IV, punto 7., lettera z), della Parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (T.U. ambiente), secondo cui gli elettrodotti non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con potenza superiore a 100.000 volt, rientrano nei progetti di competenza regionale da assoggettare a valutazione di impatto ambientale (VIA) o a verifica di assoggettabilità a VIA, a seconda della lunghezza del tracciato (rispettivamente, se superiore a 10 km oppure se superiore a 3 km); nonché in relazione all’Allegato III, lettera ag, e all’Allegato IV, punto 8., lettera t), della Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui le modifiche o estensioni dei medesimi progetti sopra citati sono soggetti rispettivamente a VIA («ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti nel presente allegato»), oppure a verifica di assoggettabilità a VIA (nei casi in cui gli stessi «possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente»).
Da quanto esposto, è possibile evincere il principio secondo il quale le variazioni di tracciato, anche se inferiori a 500 metri, non possono essere escluse dalla valutazione ambientale, in virtù del fatto che la variante del tracciato e la sua localizzazione potrebbe dar luogo ad incompatibilità con la tutela ambientale. Ed invece, la norma impugnata, introducendo la deroga all’obbligo di autorizzazione per le modifiche di tracciato inferiori a 500 metri, ha ristretto il campo di valutazione ambientale, violando la potestà legislativa che lo Stato possiede in materia ambientale.

La decisione della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale, in merito alla prima questione di legittimità proposta, per la violazione della potestà dello Stato di autorizzare la costruzione e l’esercizio di elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto, ha affermato che è stata formulata attraverso la denuncia della violazione dell’art. 1-sexies, comma 1, del D.L. n. 239/2003, senza indicare la competenza legislativa di cui la norma sarebbe espressione.
Motivo per cui la questione è stata ritenuta inammissibile; il ricorrente avrebbe dovuto indicare le ragioni per cui la disposizione sarebbe espressiva di un principio fondamentale e la materia alla quale sarebbe riconducibile.
Pur volendo considerare la questione in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Cost., come è stato fatto nella secondo questione, si cadrebbe in errore perché nella norma impugnata è centrale la regolamentazione e il controllo delle attività di realizzazione della rete elettrica in vista di un efficiente approvvigionamento dei diversi ambiti territoriali.
Tale materia rientra nella potestà legislativa concorrente della Regione riguardante la «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, comma terzo, Cost.).
Così il primo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile per mancata o erronea individuazione del parametro costituzionale.

Con il secondo motivo, l’Avvocatura dello Stato ha affermato che l’art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 30/2014, disponendo una deroga all’obbligo di autorizzazione per le modifiche di tracciato inferiori a 500 metri, avrebbe ristretto il campo di applicazione della disciplina in materia di VIA, violando così l’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.
Tale impugnazione è stata ritenuta fondata dalla Corte Costituzionale.
L’assoggettabilità del progetto alla procedura di VIA o alla verifica di assoggettabilità, rientra infatti nella materia ambientale dello Stato (sentenze n. 234 e n. 225 del 2009), e rappresenta un livello di protezione uniforme, anche in attuazione degli obblighi comunitari, pur nella concorrenza di altre materie di competenza regionale.
L’art. 20, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, sottopone a verifica di assoggettabilità, i progetti «inerenti modifiche dei progetti elencati negli allegati II che comportino effetti negativi apprezzabili per l’ambiente, nonché quelli di cui all’allegato IV secondo le modalità stabilite dalle Regioni e dalle Province autonome, tenendo conto dei commi successivi del presente articolo».
L’obiettivo perseguito dal legislatore, dunque, è quello di effettuare un controllo preventivo anche per le modifiche di tracciato di scarsa entità, attraverso una verifica da effettuare di volta in volta sulle ripercussioni negative sul contesto territoriale interessato dall’opera.
La legge regionale, ha invece escluso per le varianti di tracciato degli impianti elettrici esistenti inferiori a 500 metri, la preventiva autorizzazione a prescindere dal concreto impatto sui valori ambientali, creando un subprocedimento che si inserisce in quello previsto dal D.Lgs. 152/2006, art. 29.
Per queste ragioni, l’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 30/2014 è stato ritenuto illegittimo, nella parte in cui ha escluso dall’obbligo dell’autorizzazione le modifiche di linee esistenti per variazioni di tracciato inferiore a 500 metri.
Così la Corte Costituzionale ha accolto il secondo motivo di ricorso.


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Redazione InSic

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