Un team di professionisti lavora insieme per completare un puzzle, simbolo della rendicontazione di sostenibilità e della collaborazione strategica nel reporting aziendale

La nuova rendicontazione di sostenibilità: guida pratica al reporting

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In un contesto globale di forte attenzione ai temi ESG da parte di investitori, istituzioni finanziarie, consumatori e policy maker, sempre più banche, assicurazioni e clienti selezionano i propri partner anche sulla base dei loro report di sostenibilità, finendo per coinvolgere non solo le grandi imprese quotate che sono tenute alla rendicontazione ESG, ma anche le imprese più o meno grandi che fanno parte della loro catena del valore e che per questo sono chiamate a fornire informazioni sui temi ESG.

  1. A cosa serve la rendicontazione di sostenibilità
  2. Che cos’è la rendicontazione di sostenibilità
  3. Una rivoluzione culturale prima che normativa
  4. Cosa deve contenere un report di sostenibilità
  5. Perché la rendicontazione di sostenibilità è un’opportunità
  6. Il futuro della rendicontazione: tra tecnologia e cultura
  7. Il coinvolgimento degli stakeholder: oltre il reporting, verso la governance inclusiva
  8. Approfondimenti e temi correlati

A cosa serve la rendicontazione di sostenibilità

“Non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli”.

Il proverbio dei Nativi Americani rappresenta la sintesi perfetta di un cambiamento che oggi, più che mai, chiede (anche) alle imprese di misurare il proprio impatto sul mondo.

La rendicontazione di sostenibilità è lo strumento che ci permette di farlo con metodo e trasparenza.

E non riguarda solo le grandi multinazionali: il nuovo quadro normativo europeo coinvolge sempre più imprese di ogni dimensione, e presto sarà una prassi per chiunque voglia restare competitivo e credibile sul mercato.

Ma cos’è, in concreto, la rendicontazione di sostenibilità? A cosa serve?

E, soprattutto, cosa cambia per le aziende e per i cittadini?

Che cos’è la rendicontazione di sostenibilità

Per capire cos’è la rendicontazione di sostenibilità, dobbiamo partire dal concetto di “rendicontare”, cioè raccontare e misurare le proprie attività e i risultati raggiunti, ma con una particolarità: qui non si parla solo di numeri legati al bilancio economico-finanziario.

  1. La rendicontazione di sostenibilità: definizione

    La rendicontazione di sostenibilità è un’informativa sistematica, chiara e verificabile sugli impatti che un’impresa genera sull’ambiente, sulla società e sulla governance aziendale.
    Si tratta, in pratica, di un bilancio non finanziario, che integra le informazioni tradizionali con dati sugli impatti e le politiche aziendali in materia di sostenibilità.

Il concetto di doppia materialità

La rendicontazione si fonda sul concetto di doppia materialità:

  • impatto inside-out (come le attività dell’azienda incidono su ambiente e società), e
  • impatto outside-in (come i cambiamenti del contesto – ambientali, sociali, normativi – incidono sulle strategie e sui risultati economici dell’azienda).

I tre pilastri: Ambiente, Sociale, Governance (ESG)

Il contenuto della rendicontazione di sostenibilità si basa sui criteri ESG, acronimo che sintetizza le aree chiave di valutazione:

  • Environment (Ambiente): gestione delle emissioni di CO2, dei consumi energetici, dei rifiuti e delle risorse idriche, preservazione della biodiversità, applicazione dei principi di economia circolare.
  • Social (Società): tutela dei diritti umani, sicurezza e benessere dei lavoratori, inclusione, pari opportunità, impatto sulle comunità locali, relazioni con i consumatori.
  • Governance: etica aziendale, gestione dei rischi, trasparenza nella catena decisionale, politiche anti-corruzione, diversità nei consigli di amministrazione.

Le novità della Direttiva CSRD

Fino a pochi anni fa, il tema della sostenibilità era spesso trattato in modo volontario o attraverso comunicazioni poco strutturate (ad esempio le dichiarazioni ambientali o i bilanci sociali): oggi, invece, la rendicontazione di sostenibilità è normata, standardizzata e, per molte aziende, obbligatoria.

Il passaggio chiave è stato il superamento della vecchia Non Financial Reporting Directive (NFRD, Direttiva 2014/95/UE), che richiedeva un’informativa non finanziaria limitata alle grandi imprese quotate.

La spinta decisiva arriva dalla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), la direttiva europea 2022/2464, che ha alzato l’asticella degli obblighi di rendicontazione.

Con la CSRD, le regole cambiano:

  • il numero delle imprese coinvolte cresce notevolmente;
  • le informazioni richieste devono essere complete, comparabili e affidabili, secondo gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards);
  • la rendicontazione deve essere integrata nella relazione di gestione e certificata da un revisore indipendente.

Una rivoluzione culturale prima che normativa

Rendicontare la sostenibilità significa passare da dichiarazioni di principio a dati concreti.

Non basta più dire “facciamo attenzione all’ambiente” o “abbiamo a cuore i nostri dipendenti”: occorre dimostrarlo con indicatori chiari, numeri misurabili e confrontabili, politiche aziendali codificate e verificabili.

Questa trasformazione si inserisce in un contesto globale di forte attenzione ai temi ESG da parte di investitori, istituzioni finanziarie, consumatori e policy maker; non a caso, sempre più banche, assicurazioni e clienti selezionano i propri partner anche sulla base delle informazioni che emergono dai report di sostenibilità.

Ma non si tratta solo di rispettare un obbligo: la rendicontazione di sostenibilità è un fattore strategico che:

  • rafforza la reputazione aziendale,
  • apre nuove opportunità di finanziamento,
  • facilita l’accesso ai mercati globali,
  • migliora la competitività.

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Andrea Quaranta

Environmental Risk and crisis manager