Ai rifiuti risultanti da un’operazione di recupero non sembra possibile applicare l’istituto del deposito temporaneo prima della raccolta: risponde così il MASE nella risposta del 18 luglio 2024 all’ interpello presentato dalla Regione Lazio al MASE sulla gestione dei rifiuti TB e TMB in discarica.
Nell'articolo
Trattamento di rifiuti in impianti TM o TMB: si può applicare il deposito temporaneo? Interpello 2024 Regione Lazio
Il Lazio con interpello chiede alcuni chiarimenti circa la corretta gestione dei rifiuti prodotti e/o decadenti dalle operazioni di trattamento poste in essere da impianti intermedi, cc.dd. TM o TMB.
Per specificare, all’interno delle autorizzazioni regionali, le modalità di gestione operativa dei rifiuti, il Lazio chiede di sapere se
- per gli impianti intermedi cc.dd. TM e/o TMB, i rifiuti prodotti prevalentemente dall’attività di trattamento dei rifiuti codice EER 200301 e codificati in uscita in particolare con il codice EER 191210 (CSS), che hanno natura e composizione differente rispetto al rifiuto in ingresso, possano, in analogia ai rifiuti autoprodotti, essere gestiti in uscita secondo i limiti e le condizioni del deposito temporaneo (di cui all’articolo 185-bis del D.lgs. n.152/2006), potendo rientrare quindi il titolare del trattamento nella definizione di “nuovo produttore” e quindi produttore nel luogo di produzione ai fini del trasporto degli stessi in un impianto terzo di recupero e/o smaltimento;
- in caso affermativo e tenuto conto che l’attività di deposito temporaneo non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente (ai sensi dell’articolo 185-bis, comma 3, del D.lgs. n.152/2006) se debbano essere comunque riportate specifiche limitazioni volumetriche e/o quantitative con riferimento, oltre che a quanto indicato nei limiti del deposito temporaneo, anche da dalle normative antincendio, ovvero da quanto espresso nelle “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione rifiuti e per la prevenzione dei rischi“;
Deposito temporaneo prima della raccolta: quando si configura?
Il MSE chiarisce anzitutto che si realizza il “deposito temporaneo” prima della raccolta, ovvero, nel raggruppamento dei rifiuti effettuato, a determinate condizioni, presso il luogo di produzione, ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento, prima della raccolta. Si differenzia quindi dal deposito preliminare e dalla messa in riserva, in quanto per il deposito temporaneo non è necessaria alcuna autorizzazione da parte dell’autorità competente ma, ai sensi dell’articolo 208, comma 17, del D.lgs. n. 152 del 2006 sono comunque “fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico ed il divieto di miscelazione.
Pertanto, il deposito temporaneo prima della raccolta è un istituto posto al di fuori del perimetro della gestione dei rifiuti, per come definita all’articolo 183, comma 1, lettera n), del D.lgs. n.152 del 2006, in quanto rappresenta attività preliminare allo svolgimento delle successive operazioni di gestione, che hanno inizio con la raccolta finalizzata al trattamento e per le quali vige l’obbligo di autorizzazione (Cfr. Cass. Sez. III Pen. 28 maggio 2024, n. 20841).
Pertanto, ai rifiuti esitanti da un’operazione di recupero non sembra possibile applicare l’istituto del deposito temporaneo prima della raccolta, in quanto gli stessi risultano già sottoposti ad un trattamento – operazione soggetta ad autorizzazione – e per i quali sono state già avviate le attività di gestione dei rifiuti.
Stoccaggi e prevenzione dei rischi: le linee guida MASE
Il MASE indica e ricorda che le “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi” di cui alla Circolare ministeriale n. 1121 del 21 gennaio 2019, che contengono i criteri operativi e gestionali da applicarsi, tra gli altri, anche agli stoccaggi di rifiuti prodotti all’esito del trattamento, in attesa o già sottoposti all’eventuale caratterizzazione, per il loro successivo avvio verso le opportune destinazioni finali.
Il capitolo 5 della suddetta circolare riporta esplicitamente che spetta all’autorità competente la valutazione delle prescrizioni più appropriate da inserire negli atti autorizzativi di competenza, al fine di assicurare lo svolgimento delle attività in sicurezza.
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