Deposito temporaneo di rifiuti: la Cassazione ricorda i requisiti

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Nella sentenza n. 6295, dell’8 febbraio 2013 la Cassazione precisa i confini legali del deposito temporaneo dei rifiuti, ai sensi dell’articolo 183 lett. m) del Codice Ambiente e ricorda come l’onere della prova gravi sul produttore dei rifiuti

La vicenda processuale

I legali responsabili di una società erano stati condannati al pagamento di un’ammenda per aver effettuato in un piazzale adiacente ad un capannone, un deposito sul suolo e/o una messa in riserva di circa 150 mc di rifiuti misti da costruzione e demolizione, non pericolosi, con codice CER 17 09 04, in assenza del prescritto titolo abilitativo. Gli imputati ricorrevano in Cassazione ritenendo che nella fattispecie,si potesse configurare l’ipotesi di un deposito temporaneo.

Il giudizio della Corte

Il Collegio ha respinto le doglianze proposte dagli imputati in quanto nel caso di specie non sussistevano i presupposti necessari per ritenere configurabile il deposito temporaneo.
Risulta infatti dal provvedimento impugnato e dal ricorso che i rifiuti provenivano da due diversi cantieri ubicati in due distinti comuni, ed erano stati collocati in un terreno ubicato in un altro comune ove aveva sede l’impresa dei ricorrenti. C’era quindi diversità tra il luogo di produzione e quello ove si afferma essere stato realizzato un deposito temporaneo; pertanto non è valido il ragionamento dei ricorrenti, secondo i quali vi sarebbe stato un collegamento funzionale tra il luogo di produzione dei rifiuti e l’area del deposito in quanto destinata allo scopo.

Caratteri del deposito temporaneo di rifiuti

La Cassazione chiarisce poi sui requisiti del deposito temporaneo dei rifiuti, richiamando l’art. 183, lett. m) del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice Ambiente) che stabilisce che per deposito temporaneo di rifiuti deve intendersi un raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, a determinate condizioni:
-il deposito temporaneo non può riguardare rifiuti prodotti da terzi, ma solo rifiuti propri che non devono contenere quantitativi di determinate sostanze al di sopra di un certo limite (policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione).
-sussistono limiti quantitativi e temporali entro i quali i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento. In ogni caso, pur rispettando il dato quantitativo, il deposito non può avere durata superiore ad un anno (per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate specifiche modalità di gestione del deposito temporaneo).
– Infine, il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute e di quelle relative all’imballaggio ed all’etichettatura dei rifiuti pericolosi.
Nel caso di specie queste specifiche condizioni non erano state soddisfatte, da qui il rigetto del ricorso. Inoltre, il Collegio ricorda che l’osservanza di tutte le condizioni per il deposito temporaneo “sollevavano il produttore dagli obblighi previsti dal regime autorizzatorio delle attività di gestione, tranne quelli di tenuta dei registri di carico e scarico, fermo restando il divieto di miscelazione previsto dall’art. 187” e ricorda che l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia , ritiene che l’onere della prova in ordine al verificarsi delle condizioni fissate per la liceità del deposito temporaneo gravi sul produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti.

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Redazione InSic

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