Il futuro dell’Ilva passa non solo dalla bonifica ambientale e dalla messa in sicurezza degli impianti prescritta dalla legge 231 del 2012, ma anche dall’innovazione tecnologica e dal rilancio competitivo dello stabilimento di Taranto. É il punto attorno al quale ruota il piano industriale del commissario Enrico Bondi, già presentato nelle sue linee guida al Governo e da oggi al centro di una nuova fase di confronto con le banche. Alle quali verrà rinnovata la richiesta di un sostegno finanziario a partire dalla possibilità di un prestito ponte di circa 500 milioni per avviare gli interventi più urgenti.
In quanto al piano industriale, oltre a prevedere tutti gli interventi dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), punta soprattutto sul preridotto di ferro e sul gas come nuovo sistema per produrre acciaio in modo più pulito. Il preridotto, infatti, fa a meno dell’agglomerato di minerali mentre il gas é in sostituzione del coke prodotto dalle cokerie, e sia agglomerato che cokerie sono due aree del siderurgico ad elevato impatto ambientale. L’Ilva ha già avviato la sperimentazione del solo preridotto di ferro, per ora acquistato dall’estero, nelle acciaierie e negli altiforni.
Inoltre, si é data l’obiettivo di produrre con questa tecnologia, già in uso in alcuni Paesi europei, 2,5 milioni di tonnellate sugli 8 milioni annui che sono la quota produttiva fissata dall’Aia, e adesso, nel nuovo piano industriale, pone la questione in termini di prospettiva. Nel senso che dopo il 2015, anno in cui si concluderà la sperimentazione, l’Ilva vuole produrre a Taranto il preridotto di ferro.
A seguito di quest’investimento e di ulteriori misure, pari a circa 700 milioni di euro, che si sono rese necessarie per la sicurezza sul lavoro, il costo complessivo del piano industriale é salito dalla previsione iniziale di 3 miliardi a 4 miliardi e 300 milioni. Cambiato anche l’orizzonte temporale del piano industriale, che dal 2016 si spinge ora sino al 2020 in quanto una volta chiusa la gestione commissariale – la legge ha previsto 36 mesi dall’agosto 2013 – bisognerà decidere se investire o meno in forma strutturale sul preridotto. Una scelta, questa, che la gestione commissariale lascia agli azionisti dell’Ilva, che potrebbero essere ancora i Riva ma anche nuovi gruppi industriali viste le diverse manifestazioni di interesse, nazionali ed estere, avanzate verso l’azienda.
D’altra parte, nel prevedere l’aumento di capitale finalizzato al risanamento, l’ultima legge prevede anche la possibilità che lo sottoscrivano investitori terzi di fronte al disimpegno dell’attuale proprietà.
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