Incenerimento di rifiuti: questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia

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Il TAR del Lazio con ordinanza n. 4574/2018 ha sottoposto alla Corte di Giustizia tre importanti questioni pregiudiziali, relative all’interpretazione della direttiva comunitaria 2008/98/CE sui rifiuti e sull’individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale.

Il commento della ordinanza è a cura di Andrea Quaranta e tratta dalla banca Dati Sicuromnia dove è disponibile il testo completo della sentenza.

Il Caso
Alcune associazioni avevano chiesto l’annullamento di un DPCM avente ad oggetto l’individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale.
Secondo le associazioni, dall’insieme delle numerose disposizioni che disciplinano la materia risultava la violazione del principio della “gerarchia dei rifiuti”: la normativa comunitaria, infatti, prevede solo in ultima istanza lo smaltimento dei rifiuti, dando prevalenza invece a diverse modalità ben distinte da quelle tramite inceneritori, mentre quella di cui al dpcm prevedeva misure tecnico-amministrative finalizzate a implementare la capacità degli impianti di incenerimento già esistenti nonché a realizzarne di nuovi, senza privilegiare ipotesi diverse, come quelle legate al recupero di materia e, anzi, arrivando a prevedere l’incenerimento anche di una quota di rifiuti già sottoposta al riuso o al riciclo.

Il ricorso del TAR
Il Collegio ha ritenuto di dover sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali:
1) la direttiva 2008/98/CE osta ad una normativa interna primaria e alla sua correlata normativa secondaria di attuazione laddove qualificano solo gli impianti di incenerimento ivi considerati quali infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, che attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati e che garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza? (tale qualificazione, infatti, non è stata riconosciuta dal legislatore interno agli impianti volti al trattamento dei rifiuti a fini di riciclo e riuso, pur essendo tali due modalità preminenti nella gerarchia dei rifiuti di cui alla richiamata Direttiva);
2) in subordine, se non osta quanto sopra richiesto, il Collegio ha chiesto alla Corte se la direttiva 2008/98/CE osta ad una normativa interna primaria e alla sua correlata normativa secondaria di attuazione laddove qualificano gli impianti di incenerimento di rifiuti urbani quali infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, allo scopo di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore, oltre che al fine di limitare il conferimento di rifiuti in discarica;
3) infine, il Collegio ha anche chiesto se la direttiva 2001/42/CE osta ad all’applicazione di una normativa interna primaria e alla sua correlata normativa secondaria di attuazione che prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri possa con proprio decreto rideterminare in aumento la capacità degli impianti di incenerimento in essere nonché determinare il numero, la capacità e la localizzazione regionale degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo determinato.
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Redazione InSic

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