Nel “Rapporto sul recupero energetico da rifiuti urbani in Italia”, stilato da ISPRA e Federambiente, e pubblicato alla fine dello scorso anno, emerge che i dati ad oggi in possesso (il 2013, ndr) indicano un aumento, in dieci anni, del 67% delle tonnellate di rifiuti bruciate per recuperare energia.
Lo studio – che ha consentito di censire 45 impianti sul territorio nazionale per il trattamento termico di rifiuti urbani e di alcune categorie di rifiuti speciali – è stato condotto attraverso l’invio di un questionario in formato elettronico ai gestori degli impianti con il quale “sono state richieste informazioni al fine di individuare le principali caratteristiche tecniche degli impianti (capacità nominale di trattamento, tipo di trattamento termico e di recupero energetico, configurazione del sistema di trattamento dei fumi, tipologia di energia prodotta, ecc.) […] nonché i dati operativo-gestionali di consuntivo relativi allo stesso anno”.
Parte da qui l’articolo di Andrea Quaranta, dal titolo: “Incenerimento rifiuti, la nuova disciplina non convince a pieno” pubblicato sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro di marzo 2015 che fa il punto sulle previsioni in materia del Decreto Emissioni e dello #SbloccaItalia che pur non modificando il Decreto Emissioni, interviene sul concetto di incenerimento e, di conseguenza, sul relativo meccanismo autorizzatorio.
Tuttavia, secondo l’autore, se l’intervento normativo, in un certo senso e in una certa misura, ha migliorato la normativa sull’incenerimento dei rifiuti (inserimento della normativa sull’incenerimento ed il coincenerimento all’interno del corpus del testo unico ambientale; eliminazione della disposizione sul danno ambientale; precisazioni sostenibili relative alla definizione di coincenerimento), in relazione all’azione del Governo non è possibile non rimanere quantomeno perplessi.
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