Microplastiche nell’ambiente: verso possibili restrizioni

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In base alle valutazioni svolte dall’ECHA (l’Agenzia europea per la sicurezza chimica) le microplastiche appositamente aggiunte ai prodotti hanno maggiori probabilità di essere rilasciate e accumularsi in ambienti terrestri e d’acqua dolce piuttosto che negli oceani. La Commissione ha chiesto all’ECHA di fornire una proposta di restrizione nei primi mesi del 2019. Preoccupazione sulle microplastiche sono state espresse anche durante la conferenza “MICRO 2018 Fate and Impact of Microplastics” a Lanzarote, in Spagna, svoltasi fra 19 e 23 novembre.

La Commissione ha chiesto all’ECHA di indagare se una restrizione a livello UE per le microplastiche appositamente aggiunte ad alcuni prodotti potrebbe essere giustificata. L’ECHA sta dunque valutando i rischi che le microplastiche potrebbero comportare per l’ambiente una volta rilasciati e, in particolare, la loro estrema persistenza nell’ambiente e la difficoltà a rimuoverli una volta rilasciati.
L’Agenzia prevede di finalizzare la sua proposta di restrizione sulle microplastiche all’inizio del 2019, il parere espresso nei comitati scientifici dell’ECHA (Comitato per la valutazione dei rischi (RAC) e Comitato per l’analisi socioeconomica (SEAC)) richiede circa 14 mesi e pertanto l’opinione dei comitati dovrebbe pervenire alla Commissione verso aprile 2020. In studi separati, l’ECHA sta anche esaminando i rischi posti dalle plastiche oxo-degradabili.

Oltre che per gli ambienti marini inquinati dalle microplastiche, fenomeno ampiamente discusso e noto, le preoccupazioni sollevate dalle microplastiche appositamente aggiunte ai prodotti, potrebbero essere ancora più rilevanti per l’ambiente terrestre e l’acqua dolce.
Le preoccupazioni sulle microplastiche e la loro diffusione nell’ambiente è stato oggetto della conferenza “MICRO 2018 Fate and Impact of Microplastics”; secondo Peter Simpson, Senior Scientific Officer dell’ECHA: “Abbiamo identificato diverse fonti di microplastiche per l’ambiente da usi intenzionali in cosmetici, detergenti, altri prodotti per la casa, vernici e usi agricoli, tra gli altri. Molte di queste microplastiche vengono lavate nello scarico nel punto di utilizzo. A causa del modo in cui le acque reflue vengono trattate nell’UE, queste microplastiche non vengono tipicamente rilasciate direttamente in ambienti acquatici, ma hanno maggiori probabilità di concentrarsi sui fanghi di depurazione che vengono spesso applicati ai terreni agricoli come fertilizzante in molti Stati membri. Ci sono anche usi diretti di microplastiche nei fertilizzanti e nei prodotti fitosanitari”.
E, sempre a proposito dei rischi ambientali ha aggiunto: “Una volta rilasciate, possono essere estremamente persistenti nell’ambiente anche per migliaia di anni. Ciò significa che il loro accumulo nei terreni agricoli è preoccupante in quanto, al momento non possiamo valutare i rischi per l’ambiente derivanti da tale accumulo e esposizione a lungo termine”.


Cosa sono le Microplastiche
Le microplastiche sono particelle molto piccole di materiale plastico che misurano generalmente meno di 5 millimetri. Questi frammenti di plastica possono essere generati involontariamente in seguito al deterioramento di pezzi di plastica più grandi, oppure essere fabbricati e aggiunti intenzionalmente a determinati prodotti.
Il loro utilizzo è già vietato in alcuni paesi dell’UE.
Secondo un recente studio del World Economic Forum, circa 8 milioni di tonnellate di plastica si riversano negli oceani ogni anno. Altre stime, riportate dall’AEA (Agenzia europea dell’Ambiente) riportano la cifra tra 10 e 20 milioni di tonnellate e, secondo altri studi, ci sono già più di 5 trilioni di detriti di plastica nell’oceano.A livello europeo sull’argomento del marine littering si indica lo studio “Top Marine Beach Litter Items in Europe – A review and synthesis based on beach litter data – Studio“(Agosto 2019).
Nel report “Biodiversità a rischio” di legambiente, prodotto nel 2018, l’associazione ambientalista indica i rischi per la biodiversità marina del mediterraneo e riporta gli studi internazionali sul marine litter che rappresenta una delle principali minacce per mari e oceani. La maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è infatti composta da plastica (secondo UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo: la concentrazione dei rifiuti in alcune aree è comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico.

Il Contesto europeo:
Ricordiamo che il 16 gennaio 2018 è stata approvata la prima Strategia europea sulla plastica, inserita nel processo di transizione verso un’economia più circolare con l’obiettivo di cambiare la progettazione, la realizzazione, l’uso e il riciclaggio dei prodotti nell’UE. Non solo, l’Europa mira a rendere redditizio il riciclaggio e a innovare gli impianti di trattamento, oltre alla revisione della Direttiva Imballaggi e sui rifiuti di imballaggi.
Nel maggio 2018 la Commissione europea ha proposto nuove norme restrittive per i 10 prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa e per gli attrezzi da pesca perduti e abbandonati, che rappresentano il 70% dei rifiuti marini.
Il Parlamento europeo nel settembre 2018 ha approvato, a sua volta, una relazione che accoglie positivamente la proposta della Commissione europea, e propone inoltre una serie di misure per proteggere ulteriormente l’ambiente chiedendo che l’utilizzo di microplastiche appositamente aggiunte (ad esempio nei cosmetici e nei prodotti per la cura personale e per la pulizia) venga vietato entro il 2020 e che il rilascio involontario di microplastiche (ad esempio nei tessuti sintetici pneumatici e nei mozziconi di sigaretta) venga ridotto significativamente alla fonte. Ha proposto anche l’introduzione di requisiti sul contenuto riciclato minimo di alcuni prodotti di plastica e di standard di qualità per le materie plastiche riciclate.

A livello nazionale, nel giugno 2018 il ministro Costa ha annunciato una legge per consentire il recupero della plastica in mare, con il coinvolgimento dei pescatori il cui pescato è per il 50% di plastica. In vista anche una modifica del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell’ambiente, per consentire ai pescatori di portare la plastica a terra (al momento non è consentito). Il ministro ha anche accennato all’avvio di una prima legge sul mare, che affronti in particolare il problema della plastica in acqua – seguendo la linea indicata dalle direttive comunitarie, che l’Italia dovrebbe anticipare.

Redazione InSic

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