La Corte Costituzionale, con sentenza n. 84 del 14 aprile 2015, ha annullato la delibera n.218/2013 della Regione Abruzzo, sulla ripartizione delle competenze tra le Direzioni regionali sul rilascio di autorizzazioni in materia di ambiente marino, per non aver sottoposto la movimentazione di materiali ad autorizzazione ma soltanto al regime semplificato della comunicazione.
La Corte ha riconosciuto il contrasto della delibera con la normativa statale, per la lesione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, proprio per aver determinato una riduzione degli standard di tutela dell’ambiente marino.
Il fatto
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto un ricorso nei confronti della Regione Abruzzo sollevando l’esistenza di un conflitto di attribuzione, per aver adottato la delibera del 28 marzo 2013, n. 218 (Determinazioni inerenti il rilascio di autorizzazioni di competenza regionale ai sensi dell’art. 109 D.lgs. 3.04.2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”– Ripartizione tra le Direzioni regionali di competenza afferenti al mare), concernente il rilascio di autorizzazioni in materia di ambiente marino.
La Regione avrebbe operato una riduzione di protezione rispetto ai livelli minimi di tutela dell’ambiente previsti dalla normativa statale. Infatti, la Regione Abruzzo ha introdotto una norma in base alla quale la movimentazione di materiali in ambiente marino, inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi, non è soggetta ad autorizzazione, ma soltanto a una comunicazione all’Autorità regionale competente.
Ciò secondo il Consiglio dei Ministri sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che prevede la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, oltre al contrasto con le convenzioni e con gli accordi internazionali.
Secondo il Consiglio dei Ministri, l’obbligo di autorizzazione per lo svolgimento dell’attività in esame discenderebbe dall’art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dal d.m. 24 gennaio 1996, e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia.
La Regione Abruzzo, nella sua difesa, ha affermato che il ricorso fosse basato sul richiamo di una disciplina statale relativa ad una fattispecie diversa, riguardante le attività di immersione in mare di materiali di scavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi assoggettandole al regime dell’autorizzazione; e, che invece, la disposizione regionale avrebbe ad oggetto la movimentazione di materiale già presente nell’ambito marino, senza che vi sia emersione, o successiva immersione del medesimo.
Secondo la Regione, era quindi possibile assoggettare la materia al regime semplificato della comunicazione, ove inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi in luogo dell’autorizzazione, in quanto rientrante nella materia di competenza legislativa concorrente.
La decisione della Corte Costituzionale
Secondo la Corte Costituzionale, la delibera della Regione Abruzzo lede la normativa nazionale nel momento in cui essa pretende di esercitare una competenza “il cui svolgimento possa determinare una invasione, o una menomazione, della altrui sfera di attribuzioni” (Corte Cost. sentenze n. 232 del 2014; 122/2013; 332/2011).
La Corte ha quindi riconosciuto un’invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, in quanto è ad esso che spetta definire i criteri e gli ambiti di applicazione del regime di autorizzazione all’immersione in mare, nonché di movimentazione di sedimenti marini. Le Regioni devono esclusivamente attenersi nel rilascio delle relative autorizzazioni.
Con la delibera n. 218/2013 la Regione Abruzzo ha infatti determinato una riduzione degli standard di tutela dell’ambiente marino garantiti dal legislatore statale, idonea a ledere la sfera di attribuzione statale, nella parte in cui ha introdotto una deroga al regime di autorizzazione in riferimento ad ipotesi non contemplate dalla normativa statale vigente.
La Regione quando ha previsto che nel caso di movimentazione di sedimenti marini di entità inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi, non dovesse applicarsi il regime di autorizzazione, ha ritenuto che la disciplina rientrasse tra le sue competenze e non tra quelle dello Stato.
La Corte ha pertanto ritenuto fondato il ricorso del Consiglio dei Ministri, affermando che l’immersione in mare di materiale di escavo dei fondali marini e dei terreni litoranei emersi, e la movimentazione dei sedimenti marini sono stati espressamente disciplinati dall’art. 109 del d.lgs. n. 152 del 2006, nell’esercizio della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente.
Alle Regioni è stata invece affidata, con l’art. 24, 1° c., lett. d), n. 1), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), la competenza all’istruttoria ed al rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento delle attività di immersione di materiali di escavo di fondali marini, o salmastri o di terreni litoranei emersi, in aggiunta a quelle di movimentazione dei fondali marini e di ripascimento della fascia costiera, in una prospettiva di gestione integrata delle coste marine.
Inoltre, la Regione non avrebbe fatto riferimento, nella delibera regionale impugnata, alle esclusive finalità in vista delle quali tale valutazione di compatibilità ambientale della movimentazione di sedimenti è resa possibile, né alle ulteriori specifiche caratteristiche dei sedimenti stessi e delle aree nelle quali essi vengono spostati. La delibera della Regione Abruzzo è stata, pertanto annullata dalla Corte Costituzionale.
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