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Ozono e riduzione HFC: adottato l’Emendamento di Kigali al Protocollo di Montreal

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Con Legge 21 gennaio 2022, n. 8 lo Stato italiano ratifica l’Emendamento adottato a Kigali il 15 ottobre 2016 (sulla riduzione della produzione e consumo di HFC) al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

Si tratta del 5°emendamento (risalente al 2016, vedi sotto) al Protocollo di Montreal che è entrato in vigore nel 1989 con l’obiettivo di eliminare gradualmente la produzione e l’uso di quelle sostanze che contribuiscono al danneggiamento dello strato d’ozono. In Europa, l’uso e il commercio di queste sostanze è regolato dal Regolamento (CE) 1005/2009.
L’Emendamento di Kigali permise di coordinare queste disposizioni con quelle per la protezione del clima del Protocollo di Kyoto.

Ricostruiamo i contenuti dell’Emendamento, del Protocollo di Montreal, le disposizioni sul mercato di HFC, gli aspetti ambientali e le connessioni con gli impegni di Kyoto.

L’Emendamento di Kigali: significato

L’Emendamento di Kigali consiste nella riduzione di alcune categorie di idrofluorocarburi (HFC).

Questi furono introdotti per sostituire gli idroclofluorocarburi (HCFC) al fine di tutelare la fascia dell’ozono
stratosferico, ma emerse a livello internazionale la preoccupazione sull’elevato potenziale di
riscaldamento globale (GWP) di alcune categorie di HFC. Per questo le previsioni del Sistema instaurato con la Convenzione di Vienna converse sulle tematiche emerse nel Protocollo di Kyoto volto alla riduzione progressiva delle sostanze suscettibili di provocare l’effetto serra – e dunque il progressivo surriscaldamento del pianeta.
In base all’art.3, l’Emendamento di Kigali non escluda gli HFC dall’applicazione degli impegni previsti agli articoli 4 e 12 della Convenzione e agli articoli 2, 5, 7 e 10 del Protocollo di Kyoto.

Come ridurre gli HFC secondo l’Emendamento di Kigali?

L’Emendamento di Kigali stabilisce tre gruppi di paesi in funzione della data rispetto a cui essi dovranno congelare produzione e consumo di HFC.

  • Un  gruppo dei paesi “sviluppati” – con deroghe per la Russia e altri paesi precedentemente
    appartenuti all’Unione sovietica
  • I paesi in via di sviluppo del Gruppo I (ne fanno parte ad esempio, Cina, Brasile e Sudafrica, che hanno accolto la richiesta di congelare consumi e produzione di HFC nel 2024)
  • I paiesi in via di sviluppo del Gruppo II (fra i quali l’India e i paesi del Golfo Persico, che dovranno invece congelare consumo e produzione nel 2028).

Emendamento di Kigali: quando è stato approvato? 

Con Decisione (UE) 2017/1541 del Consiglio, del 17 luglio 2017 è stato approvato, a nome dell’Unione europea, il quinto emendamento (“di Kigali”) del Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono. Nella medesima gazzetta europea (L 236 del 14.9.2017) è presente anche il testo del nuovo emendamento in lingua italiana, e la dichiarazione sulle competenze prevista dall’articolo 13, paragrafo 3, della convenzione di Vienna.

Protocollo di Montreal ed Emandamento di Kigali: gli obblighi per la protezione dell’ozono

In base ai due atti internazionali, tutti gli Stati del mondo aderenti al Protocollo di Montreal e all’Emendamento di Kigali dovranno consumare e produrre non più del 20% delle rispettive quote base di HFC. La fine del processo di riduzione è fissata al 2036 per i paesi sviluppati, al 2045 per i paesi del Gruppo 1 e al 2047 per i Paesi del Gruppo 2.
Inoltre l’Emendamento di Kigali pone in capo a ciascuna delle Parti l’obbligo di istituzione entro il 1° gennaio 2019, ovvero entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dell’Emendamento, un proprio sistema nazionale per il rilascio di licenze di importazione ed esportazione degli HFC elencati nell’allegato F – introdotto nel Protocollo di Montreal dall’Emendamento di Kigali.

I Paesi in via di sviluppo che non risultino in grado di mettere in atto il sistema di controllo delle licenze di
importazione ed esportazione degli HFC si sono visti accordare una deroga, scaduta il 1°
gennaio 2021.

Emendamento di Kigali: l’impatto sul cambiamento climatico

Gli HFC, spiega il Ministero Ambiente, “pur non essendo sostanze ozono-lesive, sono potenti gas serra che possono avere un impatto sul cambiamento climatico migliaia di volte maggiore rispetto all’anidride carbonica. Grazie all’emendamento di Kigali, le Parti si sono impegnate a ridurre la produzione e il consumo di HFC di oltre l’80% nel corso dei prossimi 30 anni. Tale programma di riduzione dovrebbe impedire il rilascio in atmosfera di emissioni equivalenti a oltre 80 miliardi di tonnellate metriche di anidride carbonica entro il 2050, continuando al tempo stesso a proteggere lo strato di ozono. In questo modo il Protocollo di Montreal contribuirà alla lotta al cambiamento climatico in linea con l’Accordo di Parigi” ed in particolare, per quanto riguarda il suo obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi per contenere tale aumento addirittura a 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali.

Nel frattempo l’Unione ha comunque già adottato strumenti per i settori disciplinati dall’emendamento di Kigali, come ad esempio, il regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e del Regolamento (UE) di esecuzione n.1191/2014, salvo lievi interventi di adeguamento in via di adozione a livello comunitario.

Come applicare l’Emendamento di Kigali?

La Legge di ratifica italiana, per far fronte all’incremento del contributo al Fondo multilaterale per il Protocollo di Montreal – contributo già previsto all’articolo 1 della legge 29 dicembre 2000, n. 409 – autorizza una spesa valutata in 2.118.432 euro annui con decorrenza dal 2020. Tali somme sono
rinvenute a carico del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Il Protocollo di Montreal

Il Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono è stato approvato dall’Unione con decisione 88/540/CEE del Consiglio, con la quale l’UE è diventata parte anche della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono.
Da allora sono stati 5 (compreso l’ultimo) gli emendamenti presentati:

  • il primo emendamento con decisione 91/690/CEE del Consiglio
  • il secondo emendamento, con decisione 94/68/CE del Consiglio
  • il terzo emendamento, con decisione 2000/646/CE del Consiglio
  • il quarto emendamento, con decisione 2002/215/CE del Consiglio
  • il 5° emendamento al protocollo di Montreal, l’Emendamento di Kigali è frutto della 28ma riunione delle parti del Protocollo, svoltasi a Kigali in Ruanda dal 10 al 15 ottobre 2016 che aggiunge una riduzione graduale del consumo e della produzione di idrofluorocarburi (HFC) alle misure di controllo del protocollo di Montreal.

Ozono: le scadenze per le sostanze dannose

Il Protocollo stabilisce i termini di scadenza entro cui le Parti firmatarie si impegnano a contenere i livelli di produzione e di consumo delle sostanze dannose per la fascia d’ozono stratosferico (halon, tetracloruro di carbonio, clorofluorocarburi, idroclofluorocarburi, tricloroetano, metilcloroformio, bromuro di metile, bromoclorometano). Il Protocollo, inoltre, disciplina gli scambi commerciali, la comunicazione dei dati di monitoraggio, l’attività di ricerca, lo scambio di informazioni e l’assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo.

Protezione dell’Ozono: la normativa europea di riferimento

L’Unione ha esercitato le sue competenze nel settore disciplinato dalla convenzione di Vienna e dal Protocollo di Montreal con:
il regolamento (CE) n. 1005/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono ( che ha sostituito la normativa precedente in materia di protezione dello strato di ozono)
– e il regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati a effetto serra e che abroga il regolamento (CE) n. 842/2006.


Redazione InSic

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