Programma Nazionale Rifiuti: fra misure attese e buone intenzioni

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Con un inusuale rispetto delle tempistiche imposte dall’Unione Europea, il Ministero dell’Ambiente, con il decreto 7 ottobre 2013 ha adottato e approvato il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti. Ma al di là del rispetto formale, il documento assomiglia più a un decalogo di buone intenzioni.

Approfondiamo l’argomento con Andrea Quaranta che sulla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro 5/2014 nell’articolo “Prevenzione rifiuti, in Italia è tutto un programma”, mette in evidenza le ambiguità di un Documento che almeno nelle intenzioni avrebbe dovuto contribuire a tamponare l’impatto ambientale connesso alla crescita economica.

L’articolo riporta la struttura del Programma nazionale i cui obiettivi sono:
-Riduzione del 5% delle produzione di rifiuti urbani per unità di PIL (nell’ambito del monitoraggio per verificare gli effetti delle misure, verrà considerato anche l’andamento dell’indicatore Rifiuti urbani/consumo delle famiglie.
-Riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di PIL.
-Riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di PIL (sulla base di nuovi dati relativi alla produzione dei rifiuti speciali, tale obiettivo potrà essere rivisto).

Inoltre si riportano in tabella le misure generali e quelle speciali per i cosiddetti flussi prioritari di prodotti/rifiuti più rilevanti dal punto di vista quantitativo o più facilmente suscettibili ad essere ridotti in modo efficiente.

Nelle conclusioni, l’autore sottolinea come in questo programma nazionale “… Mancano, infatti, tutte le principali caratteristiche della programmazione (scansione temporale sulla base di priorità individuate; una precisa individuazione delle competenze; le modalità di monitoraggio dei risultati work in progress; l’indicazione degli eventuali correttivi da introdurre in corsa, nel caso in cui si dovessero rivelare necessari per correggere eventuali scostamenti; l’indicazione delle risorse necessarie; i poteri sostitutivi nel caso in cui gli enti periferici non dovessero esercitare le loro funzioni…”

Per approfondire si veda l’articolo completo in allegato.

Redazione InSic

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