Raccolta e trasporto ambulante di rifiuti: quando configura reato?

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Risponde la Cassazione con sentenza n. 2864/2015 indicando i confini della deroga delle disposizioni del Codice Ambiente per le attività ambulanti esercenti in particolari condizioni



La Cassazione con sentenza n. 2864/2015 decide sulla vicenda di un privato, che svolgeva attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi (per lo più rottami ferrosi) in assenza della prescritta iscrizione all’Albo dei gestori ambientali. Costui era stato assolto dal GIP dalla condanna per il reato di cui all’articolo 256 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata) del Codice Ambiente.

Il caso
Il Pubblico ministero aveva proposto ulteriormente ricorso, contestando al G.I.P. di aver fondato la propria decisione sull’assenza di “professionalità” rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, nella condotta oggetto di contestazione e sulla circostanza che, a seguito dell’abrogazione della norma istitutiva del registro degli esercenti dei mestieri girovaghi (ai sensi dell’art. 121 TULPS), l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante debba ritenersi liberalizzata in quanto non soggetta a specifici provvedimenti autorizzativi.

Secondo la Corte
La Corte riscontra che il ricorso del Pubblico Ministero pone due questioni:
-una concernente la natura del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata)
-l’ambito di operatività della deroga prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, per le attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante.
La Cassazione richiama quindi integralmente il contenuto di una precedente decisione (Sez. 3^, n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro) all’esito della quale sono stati formulati i seguenti principi di diritto:
“la condotta sanzionata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità”.
“la deroga prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”.
Secondo la Corte, il Pubblico Ministero richiamando il contenuto dell’art. 121 TULPS, ritiene che la deroga non sarebbe, di fatto, operante dovendosi, quindi, applicare anche alla raccolta ed al trasporto ambulante di rifiuti la disciplina ordinaria.
Tuttavia, la Cassazione, sempre richiamando la pronuncia n.29992/2014 sul fenomeno del “commercio ambulante di rifiuti”, ritiene di aver chiaramente delimitato l’ambito di efficacia della deroga di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, alle sole ipotesi in cui sia effettivamente applicabile la disciplina sul commercio ambulante di cui al D.Lgs. n. 114/1998, e tale applicabilità è stata dimostrata dall’interessato ed accertata in fatto dal giudice del merito, escludendosi, conseguentemente, che l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi consistenti, per lo più, in rottami ferrosi (quale è quella oggetto dell’imputazione) possa rientrare nella nozione di commercio ambulante come individuata dal menzionato D.Lgs. 114/1998.

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Redazione InSic

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