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Scorie nucleari: cosa sono e come vanno smaltite

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Scorie nucleari e rifiuti radioattivi: in questo articolo vediamo cosa sono e quali le tipologie. Analizziamo quindi la situazione in Italia e ci soffermiamo sulla loro origine e sulle possibilità di smaltimento.

Cosa sono le scorie nucleari

Le scorie nucleari sono materiali radioattivi, originati dalla produzione di energia nucleare, di natura solida e/o liquida. Per comprendere la differenza con i rifiuti radioattivi e la loro pericolosità, è opportuno premettere che, quando si parla di radioattività, l’errore più comune è quello di confondere l’origine del possibile effetto negativo tra quello naturale e quello artificiale.

Effetto naturale

Il primo deriva dalla naturale presenza nell’ambiente di alcuni elementi, definiti isotopi, che si trasformano (decadono) spontaneamente in altri elementi, stabili o a loro volta radioattivi (famiglie radioattive), emettendo particelle (radiazioni) di diversa natura (alfa, beta, gamma)[i].

Effetto artificiale

Il secondo trova origine dallo svolgimento di attività antropiche nell’ambito delle quali sono impiegati materiali radioattivi. Prima tra tutte la produzione di energia nucleare, da cui originano risultati indesiderati dal processo, con riferimento proprio alle scorie nucleari.

In particolare, per quest’ultima fonte, i dati di letteratura scientifica evidenziano come la produzione di elettricità da tale fonte rappresenti oggi l’11% di quella complessivamente prodotta, ed il nostro Paese ha esplorato, per molti anni, tale modalità, per via dei benefici economici associati ad essa[ii], fino a quando, nel novembre del 1987, mediante referendum popolare, venne interrotta l’esperienza sviluppata dagli anni ’60 fino a quel momento; i cittadini si espressero negativamente sul punto, e tale orientamento fu successivamente confermato con l’abrogazione del D. Lgs. n. 31/2010, avvenuta in maniera analoga a quella appena descritta, apponendo uno stop definitivo all’”opzione nucleare”.

Cosa sono i rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi sono quelli originati dallo svolgimento delle attività antropiche nel loro complesso nell’ambito delle quali sono impiegati suddetti materiali radioattivi.

Pertanto, essi sono costituiti dalle scorie nucleari e dai materiali di scarto provenienti da altre attività, quali:

  1. le attività legate alla medicina nucleare[iii];
  2. la produzione di talune apparecchiature industriali[iv];
  3. lo svolgimento di attività di ricerca.

Perché le scorie nucleari ed i rifiuti radioattivi sono pericolosi?

Le scorie nucleari e in generale i rifiuti radioattivi sono pericolosi in quanto occorre proteggersi dalle radiazioni emesse da queste particelle, le quali, concentrate oltre una determinata quantità e qualità possono, rappresentare un rischio per la salute dell’uomo e per l’ambiente.

Qualora ciò si verifica, sorge la questione di:

  • come ed in quale modo sia possibile contenere il fenomeno e non recare danni per il genere umano e per le matrici ambientali, ovvero occorre individuarne le corrette modalità di smaltimento;
  • individuare le migliori modalità di smaltimento di tali rifiuti.

Tipologie di rifiuti radioattivi/scorie nucleari

Diverse sono le categorie di rifiuti radioattivi, e tale distinzione rileva ai fini delle opportune modalità di gestione, in relazione alla differente concentrazione dei radionuclidi e, soprattutto, a riguardo dei tempi di decadimento del fenomeno radioattivo.

In particolare, la normativa vigente – giustappunto fissata, in primis, con il sopra richiamato Decreto n. 31/2010 e successivamente mediante il DM 7 agosto 2015 recante “Classificazione dei rifiuti radioattivi, ai sensi dell’Art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 45” – stabilisce che i rifiuti radioattivi sono:

  • a vita media molto breve;
  • attività molto bassa;
  • bassa attività;
  • media attività;
  • alta attività.

Scorie nucleari in Italia

Secondo i dati resi disponibili a riguardo delle scorie nucleari gestite da Sogin[v], essi sono pari a circa 16.000 metri cubi[vi], distribuite come riportato nel seguito[vii].
Per comprendere l’origine del dato, occorre premettere che, nel panorama europeo, il nostro Paese rappresenta quello che ha mosso i primi passi nell’utilizzo dell’energia nucleare.
Infatti, risale al 1958, a Latina, la costruzione della prima centrale elettronucleare (si trattava di un reattore raffreddato a gas), e successivamente:

  • l’impianto di Garigliano (in questo caso, la configurazione consistenza in un reattore ad acqua bollente) costruito nel 1959
  • nel 1961 si diede luogo a quella di Trino (reattore ad acqua pressurizzata): si pensi che, nel 1964, con le tre centrali attive, il Bel Paese era il terzo Paese al Mondo come potenza elettronucleare installata;
  • nel dicembre 1981, fu la volta dell’impianto di Caorso, giungendo complessivamente a quattro centrali installate e funzionanti.

Nucleare in Italia: il referendum del 1987

Tuttavia, nel novembre del 1987, con un referendum gli italiani si espressero a larga maggioranza in favore di tre quesiti che fissavano delle restrizioni all’attività nucleare. A seguito di questo referendum il Governo italiano ha fermato l’impianto di Latina – quello del Garigliano era già fermo, per un guasto. Dal 1978 – e nel 1990 sono stati disattivati anche gli impianti di Trino e Caorso.

Da quel momento in avanti, è sorta l’esigenza di:

  1. mantenere in sicurezza dell’impianto;
  2. allontanare il combustibile nucleare esaurito;
  3. decontaminare e smantellare le installazioni nucleari;
  4. opportunamente gestire e mettere in sicurezza le scorie

ovvero, di avviare le c.d. operazioni di “decommissioning”, l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare, che prevede, per il nostro Paese, da ultimo, il loro trasferimento in luogo sicuro, individuato nel c.d. “Deposito Nazionale[viii].

Scorie nucleari e rifiuti radioattivi: da dove originano o sono detenuti

Prima di quantificare le scorie nucleari da gestire a tale scopo, occorre innanzitutto scoprire dove originano e/o dove sono detenuti scorie nucleari e rifiuti radioattivi.

I primi provengono dalle quattro centrali sopra menzionate e dai quattro impianti del ciclo del combustibile presenti sul territorio, con riferimento a:

  • quattro centrali in decommissioning gestite da Sogin, la società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare;
  • quattro impianti del ciclo del combustibile in decommissioning, gestiti assieme da Sogin e ENEA, un ente pubblico di ricerca italiano che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie a supporto delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile.

Le seconde da:

  • centri di ricerca nucleare;
  • centri di gestione di rifiuti industriali;
  • centri del Servizio Integrato.

Costituiti da:

  • 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin);
  • 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF -Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi- Università di Pavia, Università di Palermo);
  • 3 centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex);
  • 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad).

Limitando la nostra osservazione ai primi, secondo i dati resi disponibili a riguardo delle scorie nucleari gestite Sogin, sono circa 16.000 metri cubi quelle gestite, distribuiti come riportato di seguito. 

Fonte: Bilancio di Sostenibilità Gruppo Sogin – 2021.

Smaltimento dei rifiuti radioattivi e scorie nucleari

Ad oggi i rifiuti radioattivi sono stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, provenienti per la maggior parte (e quindi prodotti) dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e residualmente dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.

Nel futuro sarà previsto il loro accumulo, in via definitiva (operazione di smaltimento) presso il c.d. “Deposito nazionale”.

Il Deposito Nazionale

Si tratta di una infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi[ix].

Sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. 

Il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico:

  • in un’area di circa 10 ettari, sarà collocato il settore di smaltimento per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività
  • in un’area di circa 10 ettari i quattro edifici di stoccaggio per i rifiuti radioattivi a media e alta attività
  • I rimanenti 90 ettari sono destinati alle aree di rispetto, agli impianti per la produzione delle celle e dei moduli, all’impianto per il confezionamento dei moduli, agli edifici per il Controllo Qualità, Analisi radiochimiche, e per i servizi a supporto delle attività.

Esso sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN.

Il Parco Tecnologico

Insieme al Deposito Nazionale sarà realizzato il Parco Tecnologico, un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, nel quale si svolgeranno attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile. Sarà un polo di attrazione per l’innovazione scientifica e tecnologica nell’industria e un richiamo per un’occupazione qualificata.
Il Deposito Nazionale sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.

La gestione dei rifiuti radioattivi

Lo smaltimento dei rifiuti, in assoluto, rappresenta la fase conclusiva del ciclo di vita dei rifiuti.

Il principio fondamentale su cui si basa la gestione dei rifiuti radioattivi è la loro raccolta e il successivo isolamento dall’ambiente (concentrare e trattenere) per un tempo sufficiente a far decadere la radioattività a livelli non più pericolosi per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente.

La gestione dei rifiuti radioattivi si articola in più fasi:

  • caratterizzazione, ovvero quella in cui vengono svolte molteplici analisi e misurazioni finalizzare a stabilire determinare le caratteristiche chimico-fisiche e radiologiche della sostanza;
  • trattamento, ovvero quella in cui essi vengono sottoposti a talune operazioni tese a modificare forma fisica e/o composizione chimica, per diminuire il volume e prepararli per la successiva attività di condizionamento;
  • condizionamento, mediante i quali essi è reso vengono resi idonei al trasporto, allo stoccaggio temporaneo e al conferimento;
  • stoccaggio, di cui si tratterà in seguito;
  • smaltimento, che rappresenta il momento del conferimento presso un deposito, dove si chiude in modo definitivo il ciclo di vita del rifiuto.

Lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi

Dopo il condizionamento e prima dello smaltimento, avviene lo stoccaggio, ovvero il raggruppamento in depositi temporanei dedicati.

L’obiettivo dello stoccaggio è quello di consentire l’attenuazione del suo contenuto radiologico, ad un livello tale da indirizzarlo alla soluzione di smaltimento più adeguata.

Il tempo di smaltimento dei rifiuti radioattivi

Il tempo utile allo smaltimento dipende dal grado di radioattività, ed in particolare:

  • lo smaltimento dei i rifiuti a molto bassa e bassa attività, si stima richieda un periodo pari 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l’uomo e per l’ambiente.
  • i rifiuti a media e alta attività, si stima richiedano, altrettanto, un periodo di tempo per raggiungere un livello tollerabile, ed in particolare pari a migliaia di anni e, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico.

Note

[i] In pratica si tratta di quella generata da fonti che si trovano in natura, come quelle radiazioni cosmiche che giungono sulla Terra attraverso l’atmosfera, variando da un luogo all’altro, in funzione delle caratteristiche geologiche e dell’altitudine.  

[ii] Si pensi che l’Italia, nel 1964, all’indomani della realizzazione di ben tre centrali nucleari, rappresentava il terzo Paese su scala mondiale per dimensione impiantistica utile alla produzione di energia elettrica da nucleare. 

[iii] Nell’ambito della c.d. “medicina nucleare”, è possibile che talune applicazioni comportino l’utilizzo di tale materiale. E’ il caso di quelle diagnostiche, terapeutiche, di ricerca.

[iv] Nello svolgimento di attività industriale, spesso per mezzo di sorgenti sigillate, si dà luogo a radioattività (i.e.: gammagrafia industriale, irraggiamento, ecc…).

[v] Le quali provengono dagli otto siti nucleari attivi in Italia fino al termine degli anni ’80.

[vi] Sogin precisa che i suddetti quantitativi, variano di anno in anno col progredire del mantenimento in sicurezza, del decommissioning e delle modalità di condizionamento dei rifiuti pregressi.

[vii] Fonte: Bilancio di Sostenibilità Gruppo Sogin – 2021.

[viii] Si tratta del luogo fisico deputato ad accogliere tali rifiuti.

Stefano Sassone, Classe 1972, laureato in Economia Aziendale, è Professore in Economia e Diritto dell’Ambiente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Direttore dell’Area Tecnica di Confindustria Cisambiente, ed Economia dell’Ambiente presso l’Università degli Studi Internazionali  (UNINT, Roma)

Come libero professionista, realizza attività di formazione, editoriale e pubblicistica sul tema della gestione dei rifiuti e delle energie rinnovabili.

E’ direttore responsabile della newsletter “Ambiens”: notizie, informazioni e commenti sulle principali notizie sull’ambiente, energia rinnovabili e rifiuti.

Scopri le pubblicazioni di Stefano Sassone per EPC Editore

Stefano Sassone

Stefano Sassone, Classe 1972, laureato in Economia Aziendale, è Professore in Economia e Diritto dell’Ambiente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Direttore dell’Area Tecnica di Confindustria Cisambiente, ed Economia dell’Ambiente presso l’Università degli Studi Internazionali  (UNINT, Roma) Come libero professionista, realizza attività di formazione, editoriale e pubblicistica sul tema della gestione dei rifiuti e delle energie rinnovabili. E’ direttore responsabile della newsletter “Ambiens”: notizie, informazioni e commenti sulle principali notizie sull’ambiente, energia rinnovabili e rifiuti. Scopri le pubblicazioni di Stefano Sassone per EPC Editore