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La vicenda
Il proprietario di un impianto per il recupero di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in rottami ferrosi, era stato condannato al pagamento di un ammenda perché l’impianto in questione era sprovvisto di un’apposita autorizzazione.L’uomo aveva però ricorso in Cassazione lamentando la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la classificazione del materiale come rifiuto e non come materia prima secondaria, tenuto conto anche di quanto stabilito dalla Legge delega del 15 dicembre 2004, art. 1, comma 25, relativamente alla gestione di rottami ferrosi e non e dall’art. 183, comma 1, lett. u) in tema di materie prime secondarie.Il giudizio della Cassazione
Il Collegio non ha accolto le doglianze proposte dal ricorrente poiché la sentenza impugnata aveva correttamente applicato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui i rottami ferrosi (nella specie le parti di autoveicoli a motore) rientrano nel campo d’applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi e relativo regolamento, assumendo solo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria (Sez. 3, n. 833 del 14/12/2008, P.M. in proc. Lettica, Rv. 242158). Va aggiunto inoltre che la categoria di materia prima secondaria è stata introdotta dal Codice Ambiente al fine di escludere dalla disciplina dei rifiuti quelle sostanze che all’origine o dopo adeguate operazioni, presentano specifiche caratteristiche tecniche, fissate con decreto ministeriale, e sono idonee ad essere usate in un processo produttivo industriale o ad essere commercializzate. Nel caso in esame, manca, in definitiva, la prova che i rottami ferrosi corrispondessero alle caratteristiche sopra specificate.Rottami ferrosi: rifiuti o materia prima secondaria?
Nel caso di specie invece non risultava che gli scarti ferrosi fossero destinati ad essere trasformati e reimpiegati, dal momento che i detentori se ne erano disfatti; inoltre, secondo l’originario testo del D.Lgs. n. 152/2006, art. 183, comma 1, lett. u (vigente all’epoca del commesso reato), i rottami ferrosi erano considerati materie prime secondarie per attività di siderurgia quando la loro utilizzazione fosse certa e fossero rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef o altre specifiche nazionali o internazionali.Attualmente, dopo le modifiche introdotte con il D.Lgs. n. 4/2008, i materiali ferrosi rientrano nel campo della disciplina sui rifiuti salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e di trattamento dei rifiuti, presentino caratteristiche rispondenti a quelle elencate dai Decreti Ministeriali per il recupero agevolato dei rifiuti assumendo, in tale caso, la qualifica di materia prima secondaria.
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