Via libera a Bruxelles dal Consiglio europeo alla nuova direttiva UE sul trattamento delle acque reflue urbane che estende il proprio campo di applicazione agli agglomerati più piccoli, con l’obiettivo di coprire più inquinanti, compresi i microinquinanti, e contribuire alla neutralità energetica.
La nuova Direttiva, non ancora in Gazzetta europea, fa parte del Piano europeo contro l’inquinamento, l’ EU’s zero-pollution action plan e gli Stati membri dell’UE avranno 31 mesi di tempo per adattare la propria legislazione nazionale alle nuove norme.
- Quali sono le novità e cosa cambia con la nuova Direttiva?
Nell'articolo
Acque reflue urbane: perché una nuova Direttiva europea?
La necessità di un aggiornamento della Direttiva Acque reflue è dovuta al ruolo importante che queste possono giocare nella riduzione delle emissioni di gas serra: secondo il Consiglio, infatti, la Direttiva concorre al raggiungimento degli obiettivi di neutralità energetica , il che significa che entro il 2045 gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano un carico di 10.000 abitanti equivalenti e oltre, dovranno utilizzare energia da fonti rinnovabili generata dai rispettivi impianti.
La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane è stata adottata nel 1991e doveva “proteggere l’ambiente dagli effetti negativi degli scarichi di acque reflue provenienti da fonti urbane e da industrie specifiche”.
Nel 2019 la Commissione ha avviato la procedura di valutazione della Direttiva che pure si è dimostrata efficace nel ridurre l’inquinamento delle acque e nel migliorare il trattamento degli scarichi delle acque reflue negli ultimi tre decenni. Tuttavia, ha anche mostrato che c’erano ancora fonti di inquinamento che non erano ancora state affrontate adeguatamente e tra queste rientravano l’inquinamento da agglomerati più piccoli e un ampio spettro di microinquinanti nocivi. Dalla valutazione è anche emerso che il settore delle acque reflue urbane è uno dei maggiori consumatori di energia nel settore pubblico.
Direttiva Acque reflue urbane: più agglomerati e più inquinanti
Secondo la direttiva rivista, gli Stati membri dovranno raccogliere e trattare le acque reflue di tutti gli agglomerati con più di 1.000 abitanti equivalenti (misura utilizzata per calcolare l’inquinamento delle acque reflue urbane) secondo gli standard minimi dell’UE (invece della soglia di 2.000 abitanti equivalenti stabilita nelle norme precedenti).
Lo sviluppo delle reti fognarie europee
Per contrastare meglio l’inquinamento e prevenire lo scarico nell’ambiente di acque reflue urbane non trattate, tutti gli agglomerati con una popolazione compresa tra 1.000 e 2.000 abitanti equivalenti devono essere dotati di reti fognarie e tutte le fonti di acque reflue domestiche devono essere collegate a tali reti entro il 2035.
Per tali agglomerati, entro il 2035 gli stati membri dovranno rimuovere la materia organica biodegradabile dalle acque reflue urbane (trattamento secondario) prima che vengano scaricate nell’ambiente.
Le deroghe si applicheranno agli stati membri in cui la copertura dei sistemi di raccolta è molto bassa e pertanto richiederebbe investimenti significativi. Anche gli stati membri che hanno aderito all’UE più di recente e hanno già effettuato investimenti significativi più di recente per implementare la direttiva attuale (vale a dire Romania, Bulgaria e Croazia) possono beneficiare di deroghe.
Rimozione Inquinanti: cosa cambia nella nuova Direttiva Acque reflue urbane
Entro il 2039, la rimozione di azoto e fosforo (trattamento terziario) sarà obbligatoria per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che trattano acque reflue urbane con un carico di 150.000 abitanti equivalenti e oltre. Per tali impianti di trattamento delle acque reflue urbane, entro il 2045 gli stati membri dovranno applicare un trattamento aggiuntivo per rimuovere i microinquinanti, noto come trattamento quaternario.
Microinquinanti
I produttori di prodotti farmaceutici e cosmetici, principale fonte di microinquinanti nelle acque reflue urbane, dovranno contribuire almeno all’80% dei costi aggiuntivi per il trattamento quaternario, attraverso un regime di responsabilità estesa del produttore (EPR) e in conformità con il principio “chi inquina paga”.
Per approfondire sulla nuova Direttiva, leggi la pagina dedicata sul sito del Consiglio europeo.
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