Emergenza amianto: c’è bisogno di cooperazione

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I ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità che gestiscono il Progetto amianto nell’ultimo numero degli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ricordano come nel mondo siano ancora in aumento le morti dovute a esposizione occupazionale ad amianto: dalle 90000 morti per tumore polmonare, mesotelioma e asbestosi del 2006 si è passati alle 107.000 del 2010, a cui secondo l’International Agency for Research on Cancer (IARC) si dovrebbero aggiungere anche altri tumori come quelli della laringe e dell’ovaio.

La produzione di amianto intanto continua a essere vicina ai 2 milioni di tonnellate all’anno e si concentra in 4 paesi: Russia, Cina, Brasile e Kazakhstan. In questi e in molti altri paesi del mondo l’amianto viene usato in molti settori industriali, diversamente dai paesi come l’Italia dove invece è vietato dal 1992.
Eliminare l’uso di asbesto e gestirne lo smaltimento sono le uniche vie efficaci per prevenire i danni irreversibili che provoca alla salute, come chiedono da molti anni agenzie internazionali come l’OMS (World Health Organization) e l’ILO (International Labor Organization) in applicazione della Convenzione di Rotterdam del 1998 sul commercio internazionale di sostanze chimiche pericolose.
In questa direzione si sono mossi anche gli estensori della recentissima LR 51/2013 della Regione Toscana che ha fra gli obiettivi la promozione di azioni volte alla tutela dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e l’incentivazione alla sostituzione dei manufatti in cemento amianto.
Il caso amianto riguarda la salute e l’ambiente globale e sottolinea l’intreccio fra aspetti di salute pubblica, ambientali e socioeconomici; richiama l’importanza di approcci interdisciplinari ma soprattutto della cooperazione internazionale in vista dell’auspicabile divieto universale di produzione e uso di questo materiale, che faccia cessare tante malattie e morti.

Redazione InSic

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