Tutela ambiente: cosa si intende per getto pericoloso di cose?

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Nuovo quesito per la rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro: un abbonato chiede chiarimenti sulla nozione di “getto pericoloso di cose”, che spesso viene utilizzato in giurisprudenza per tutelare l’ambiente.
Il servizio quesiti è a disposizione dei soli abbonati alla rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro.

Secondo l’esperto della rivista Ambiente&Sicurezza sul Lavoro

Occorre fare una distinzione:
in tema di getto pericoloso di cose, la contravvenzione prevista dall’art. 674 cod. pen., punisce, con le pene stabilite, chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero,
– nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissione di gas, di vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti.

Getto pericoloso di cose secondo la giurisprudenza ambientale

La giurisprudenza si è spesso occupata di questa spinosa questione.
Nella sentenza n. 54209/18 la Cassazione, dopo aver riassunto analiticamente l’evoluzione giurisprudenziale in tema di getto pericoloso di cose, ha evidenziato come in ogni caso non si possa prescindere dal dato normativo dell’art. 674 del cod. pen. che espressamente vieta le emissioni di gas, di vapori o di fumo atti a cagionare l’evento di molestia alle persone.
Tale molestia, come affermato da una risalente ma condivisibile pronuncia, ricorda la Corte, “ricomprende tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (Sez. 3, n. 38297 del 18/06/2004, Rv. 229618), situazioni che non comprendono il danno o anche il pericolo di danno alla salute e/o all’ambiente, casi nei quali altre sono le fattispecie incriminatrici applicabili”.

Getto pericoloso di cose: attività imprenditoriali e rispetto delle autorizzazioni

In sostanza, per le attività produttive occorra distinguere l’ipotesi che siano svolte:
– senza autorizzazione (perché non prevista o perché non richiesta o ottenuta) oppure
– in conformità alle previste autorizzazioni.
Nel primo caso, il contrasto con gli interessi protetti dalla disposizione di legge va valutato secondo criteri di “stretta tollerabilità”, mentre laddove l’attività venga esercitata secondo l’autorizzazione e senza superamento dei limiti di questa, si deve fare riferimento alla “normale tollerabilità” delle persone quale si ricava dal contenuto dell’art. 844 cod. civ.
Nel caso in cui sia riscontrata l’autorizzazione e il rispetto dei limiti di questa, una responsabilità potrà comunque sussistere qualora l’azienda non adotti quegli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per ulteriormente abbattere l’impatto sulla realtà esterna.

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Redazione InSic

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